Un appello al Pd, a cui è iscritta, e alle forze della sinistra, per fare un’audizione tra i candidati e scegliere quello che si riterrà con il programma migliore. Senza primarie divisive e con l’obiettivo di «amministrare bene, con lungimiranza e consentire, nel frattempo, alla sinistra di ricostruirsi».
Manuela Arata, 60 anni, non è donna da mezze misure, ha piglio risoluto e carattere (per alcuni anche troppo), per questo, in un momento in cui tutti sembrano volersi smarcare, ha deciso di candidarsi a sindaco di Genova, «per smuovere la situazione, usando il grimaldello per aprire porte che se resteranno chiuse ancora a lungo, rischiano di consegnare la città ad altri».
Sul piatto mette il curriculum (ha lavorato nel campo dell’innovazione dal 1986, passando da Ansaldo a Genova Ricerche sino a diventare direttore generale dell’Istituto nazionale di fisica della materia «la Corte dei Conti si complimentava per la trasparenza dei bilanci, abbiamo assunto con concorso 800 persone e nessuno ha mai fatto ricorsi al Tar») e la spinta dei 250 partecipanti ai tavoli per la costruzione del programma. Pronta a farsi da parte in caso di no motivato, visto che dice di non avere la forza per costituire una lista civica.
«Mi hanno detto “dacci le idee”, ma allora è meglio l’originale – spiega – voglio convincere a fare un cambiamento, non a gestire l’ordinaria amministrazione. Genova è stata immobile in questi anni. La prima persona con cui ho parlato è stato Gianni Crivello, perché lui è stato bravissimo a gestire il problema del dissesto idrogeologico e dei rapporti coi Municipi», riferendosi al nome più papabile per la candidatura unitaria, dicendo poi che per Genova però serve un «sindaco internazionale, senza tuttavia perdere le buone esperienze fatte».

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Olindo Repetto, iscritto al Pd di Sestri Ponente e segretario del circolo Arci Merlino, fa da portavoce dei primi firmatari della candidatura, esponenti non solo del mondo scientifico, ma anche sindacalisti, attori, disoccupati, medici, impiegati (vedi foto): «Bisogna ridare fiducia, recuperare credibilità uscendo dai vecchi schemi, l’esperienza dei laboratori è stata nuova e per la gestione del bene pubblico occorrono forti professionalità, perché si tratta di processi difficili e complessi. Lanciamo un appello a tutte le forze progressiste e riformiste di questa città, non bastano le sigle. Occorre rimttere in piedi la società civile. La città è arrivata a un punto di crisi che nel caso dovesse proseguire rischierebbe di diventare irreversibile. Bisogna però superare la mentalità assistenzialista, i soldi devono essere prodotti qui».
Attrazione d’impresa dunque per una città «stupenda che merita una proposta altrettanto stupenda – dice Arata, che poi ricorda di aver parlato a Cingolani dell’Iit di un progetto sul Politecnico del Nord Ovest – lui era dubbioso, ma ho visto che adesso ha cambiato idea».
Arata parla di far diventare Genova sede europea per le aziende inglesi costrette a lasciare la Gran Bretagna causa Brexit, di fare in modo di radicare le imprese che stanno nascendo dall’Iit, perché «Genova potrebbe essere la città migliore del mondo, ma servono infrastrutture e mobilità».
Dice di avere un piano che consente di investire, superando i patti di stabilità in modo legale, parla di un ritorno al mecenatismo, cita l’idea di Rete a sinistra del reddito minimo di autonomia e rilancia con un fondo pubblico previsto con regole di gestione trasparenti, dicendosi sicura che i «ricchi di Genova» non si tireranno indietro.
Forte del sostegno di Federico Valerio, medico per l’ambiente che non fa sconti a nessuno, Arata, favorevole all’incremento delle infrastrutture, sostiene che in caso diventasse sindaco, non ci sarebbe un assessorato all’ambiente: «Perché è una funzione trasversale, non si fa niente se non c’è la premessa della tutela ambientale, lo stesso per l’innovazione, visto che il codice degli appalti è uno strumento formidabile».
Capitolo sicurezza e movida: «Demonizzo i vandali, nei loro confronti deve esserci lotta dura senza paura. Perché feriscono tutti noi. Occorre un piano di sicurezza preciso che coinvolga i ragazzi, qualifichiamola la movida. L’offerta culturale cittadina oggi è buona, ma per una fascia di età alta» e sul commercio: «Torniamo il centro commerciale all’aperto che siamo stati per secoli, riqualificando».
L’economia ha nel porto un motore formidabile per Arata: «Tutto può ripartire da lì e se le riparazioni navali e i cantieri non hanno spazi, creiamoli, facciamo l’isola che non c’è».
Nessuna paura anche su temi spinosi, come la moschea: «Facciamo la moschea più bella del Mediterraneo, ma negoziamo i diritti, le ragazzine islamiche spesso abbandonano la scuola».
Arata bacchetta anche i genovesi: «Oggi sputano per terra e dicono che la città è sporca, dobbiamo ricominciare noi stessi ad amare la città, preservando il bene pubblico».
La candidata non si sottrae anche al tema delicato delle partecipate: «Un argomento che va studiato bene, il personale è pagato con le tasse, ma ha un livello di produttività insufficiente, dovrebbero lavorare meglio rispetto ai privati invece. Io non ho pregiudizi nei confronti dell’impresa, ma se si affida la gestione servizi pubblici all’impresa deve essere vantaggioso per il pubblico e nel caso Amiu non mi sembra così. Stiamo pagando per dare combustibile a un termovalorizzatore che non abbiamo voluto fare».