La Liguria è una regione apparentemente molto ben strutturata sotto l’aspetto patrimoniale. Ma bisogna prestare grande attenzione al fatto che questo tesoro è quasi integralmente frutto degli anni che furono. Vediamo su che cosa si basa oggi questo tesoro e a quali fattori di mutamento è soggetto.
Rimandata la possibilità di nuovi acquisti di titoli pubblici da parte della Banca centrale europea oltre marzo 2017. Probabilità di una revisione dei tassi (vedremo in che senso) sull’euro, entro dicembre. Lo ha detto (o lo ha fatto capire) il governatore Mario Draghi.
Nel contempo i paesi mediterranei dell’area Euro (tra i quali Italia, Francia e Spagna, con la Grecia a soffiare sui tizzoni) rilanciano sull’allentamento almeno momentaneo della rigidità dei bilanci e sull’accantonamento di una austerity dei conti che – obiettivamente – stanno mettendo in difficoltà l’Europa del sud. Sembra una preghiera alla Germania, che ovviamente, da quell’orecchio continua a non sentirci.
Da Berlino, in buona sostanza, non si ritiene opportuno un sostegno all’economia che cresce lenta e una penalizzazione sulla resa del risparmio che possano passare dal cedimento sull’ordine dei conti pubblici.
In Liguria e a Genova in particolare, fatta eccezione per il commercio e la manifattura, crescita da sostenere ce n’è ancora poca. In compenso, di denaro da remunerare se ne trova ancora moltissimo. E molto di più ve ne sarebbe se il mercato immobiliare trovasse un equilibrio e tornasse a camminare spedito. Il sunto del patrimonio ligure è oggi questo: sale moderatamente la massa dei depositi, specie la liquidità immediata, scende il valore degli immobili (fonte Banca d’Italia).
La ricchezza media dei Liguri muta, basandosi via via – almeno fino a quando non si riprenderà il mercato immobiliare – più sulla carta di banconote e titoli che sul mattone.
Non è cosa da poco. Perché fino a non molto tempo fa il rapporto tra denaro e muri – ciclicamente – muoveva fiducia e capitali e creava sicurezza e utili.
Qualcosa nelle compravendite, tuttavia, riprende a muovere. Nel 2014 (con percentuali in crescita fino a tutto luglio 2016) , in base ai dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate, il numero delle compravendite ha mostrato una leggera ripresa (2,6% nel triennio), in linea con il dato nazionale e appena al di sotto di quello del Nord Ovest. Ma a prezzi ancora calanti. D’altronde l’offerta di case è talmente ampia che chi compra difficilmente non riesce a spuntare prezzi che solo cinque anni fa avrebbero semplicemente “offeso” la controparte. E il mattone cianotico lo si legge anche nel valore dei quattrini depositati nelle banche del territorio ligure a fine anno scorso.
I depositi sono aumentati del 5,3%, sfiorando i 33 miliardi di euro. La massa dei titoli si è fermata a poco meno 37,7 miliardi, marcando anno su anno un -2,9%, che è però piuttosto generoso, visto che la valutazione del controvalore dei titoli a prezzi di mercato è stato calcolato in un momento, il fine anno appunto, che viveva di listini alti. Facendo un po’ di medie si vede che nella sostanza la crescita delle masse non c’è stata. Gli alvei del denaro dall’immobiliare sono quasi secchi.
Il reale concetto di ricchezza o di povertà spesso sfugge a criteri generalizzabili. La Banca d’Italia, che anno dopo anno affina le proprie ricerche e studi sui singoli territorio italiani, pubblicandone i risultati sulle “note” regionali, offre uno spaccato sulla effettiva ricchezza delle famiglie. Interessantissimo quello sui nuclei liguri. Il “capitolo”, scritto in cifre, che racconta lo stato dell’arte. Facendo una media delle ultime note dedicate alla Liguria – con la ovvia media dei polli di Trilussa – dice innanzitutto che le famiglie della Liguria (dal calcolo sono escluse le convivenze) hanno, in termini di ricchezza, un pro capite altissimo. Oltre 244 mila euro per nucleo, contro i 173 mila del nord Ovest e i 143 medi del resto d’Italia.
Innanzitutto, prima di tuffarsi nelle cifre, è necessario considerare cosa si intende per ricchezza netta: questa è data dalla somma delle attività reali e finanziarie, al netto dei debiti. Per quanto ovvio, il valore delle attività detenute dalle famiglie risente sia delle variazioni delle quantità, sia dell’andamento dei rispettivi prezzi di mercato; nel corso del tempo, soprattutto questi ultimi possono essere soggetti ad ampie oscillazioni. L’analisi dell’Istituto ha preso in considerazione un ampio spazio temporale. Quello che va dal 2002 al 2012. Il 2013-2014 non ha variato in maniera sensibile i numeri, così come appare certo il biennio 2015-2016. Ma attenzione: Il dato che “dà valore” ai beni familiari liguri è (anche se rischiamo presto di dire “era”) quello sui i beni immobili. Nel 2012 – della cifra di oltre 244 mila euro relativa alla Liguria – questi consistevano in circa 185 mila euro, contro i 105 mila circa del nord ovest e ai 97 mila del resto d’Italia. Alla somma casa+risparmi vanno detratti 15 mila euro medi di debiti per mutui e prestiti personali.
Dunque è il patrimonio immobiliare della Liguria che per ora fa davvero la differenza tra la regione e il resto del Paese. E proprio la fluttuazione di valore del mattone è il dato che più sorprendente e ancora di più lo è la valorizzazione dei muri dal 2002 al 2012, dato che si apre a ogni discussione quando, oggi, si parla di crollo dei prezzi degli immobili. Nel 2002 il valore delle attività reali per famiglia (soprattutto case) veniva valutato poco più di 99 mila euro. La sequela dei valori, negli anni fino al 2012 ha avuto queste valutazioni: 2003 108 mila euro, nel 2004 131 mila, nel 2005 150 mila, nel 2006 167 mila, nel 2007 178 mila, nel 2008 182 mila, nel 2009 187 mila euro, nel 2010 189 mila, nel 2011 191 mila. Il 2012 ha invertito la tendenza con un valore sceso a poco meno di 182 mila euro. Negli stessi anni le masse dei risparmi hanno avuto una valorizzazione cangiante (e non di poco) anche a causa della crisi dei mercati e conseguenti minor prezzo di mercato dei titoli. Nel 2002 ogni famiglia disponeva di 67 mila euro, per ondeggiare, dal 2003 a fine anno scorso, su scialuppe scosse dalle onde dei mercati sui numeri a seguire: 76, 73, 81, 84, 82, 79, 80, 79. Cifre comunque rimarchevoli, ma ammalate, in alcune annate, da uno spread particolarmente aggressivo. Come si diceva a “costruire” la ricchezza familiare contribuisce anche l’indebitamento (mutui e finanziamenti), che da questa viene detratto. Ebbene, per tutto il periodo oggetto di studio da parte di Bankitalia, questo è rimasto sempre al di sotto di quello delle altre regioni nordoccidentali, con effetti positivi sulle disponibilità delle famiglie.
In buona sostanza, dunque, la Liguria è una regione apparentemente molto ben strutturata sotto l’aspetto patrimoniale. Ma bisogna prestare grande attenzione al fatto che questo tesoro è quasi integralmente frutto degli anni che furono. Oggi l’aumento della ricchezza viene sempre più dalle cedole che dal mettere da parte. Niente di nuovo, del passato resta solo la ricchezza finanziaria, dell’oggi non si vede niente.