“Italo Balbo-Il gerarca che oscurò Mussolini” di Giordano Bruno Guerri era stato edito la prima volta nel 1984. La nave di Teseo lo ha ripubblicato di recente.
La singolare figura di questo gerarca, il numero 2 del fascismo, si potrebbe dire, anche se tale ruolo non gli fu mai riconosciuto, è importante perché le imprese per cui è rimasto famoso, l’organizzazione dello squadrismo fascista, l’impulso dato alla marcia su Roma e la realizzazione delle grandi trasvolate in formazione hanno segnato svolte decisive nella storia e nel costume, non solo d’Italia. Ma anche il ruolo giocato da Balbo all’interno del regime, ricostruito con chiarezza da Giordano Bruno Guerri, ci aiuta a capire che cosa è stato il fascismo.
Nell’introduzione alla prima edizione l’autore scrive che “Balbo è stato esemplare per capire come una certa classe sociale, di quella generazione, con alle spalle la guerra mondiale e un particolare tipo di cultura, nella situazione economico-politica del 1920-21 difficilmente potesse non arrivare a quel tipo di lotta politica; e di come ci sia arrivata spesso in buona fede, con la coscienza di compiere un atto giusto, doveroso, necessario”. Ma non si tratta solo del periodo 1920-21 e neppure del ventennio fascista.
Il libro è dedicato a illustrare la figura di Balbo, non vuole essere una ricostruzione della idee e dei miti che hanno portato al Risorgimento e all’unità d’Italia e sono poi fermentati nel post Risorgimento, ma attraverso la figura del gerarca fascista ci apre uno spiraglio su una fase cruciale della nostra storia. Nel 1914, quando la prima guerra mondiale era già in corso, nell’Italia neutrale si scontrarono neutralisti e irredentisti: se i primi erano essenzialmente cattolici e giolittiani, i secondi comprendevano non solo nazionalisti e futuristi, ma anche repubblicani, alcune frange della sinistra riformista e radicale, fra cui i sindacalisti rivoluzionari, e, dall’autunno del 1914, anche l’ex direttore de “l’Avanti!”, il socialista massimalista Benito Mussolini, che ancora nel 1911 aveva manifestato contro la guerra colonialista per la conquista della Libia. Come del resto il mazziniano Balbo.
La rivoluzione culturale, ideologica e politica avvenuta in Italia tra il giugno 1914 e il maggio 1915, che portò alla scomposizione e a una nuova ricomposizione degli schieramenti politici, con la trasformazione di settori importanti dell’opinione di sinistra, repubblicana, mazziniana e socialista, partiva da lontano e arriverà lontano. Balbo è uno dei protagonisti di questa transizione.
Guerri ci mostra come Balbo fu determinante nella presa del potere da parte dei fascisti: come organizzatore delle squadre di camicie nere che si scontrarono con i socialcomunisti, e almeno in tre episodi: quando nel luglio 1922, mettendo a ferro e fuoco la Romagna, impedì a Mussolini di entrare in un governo Facta, durante la marcia su Roma, quando impedì che gli altri tre quadrumviri si arrendessero, e il 31 dicembre 1924, come ispiratore del “pronunciamento dei consoli” che spinse Mussolini alla dittatura.
Centrale nel lavoro di Guerri, come nella vita e nella figura politica di Balbo, è il successo politico, propagandistico e tecnico delle crociere aeronautiche che portano all’aviazione italiana, all’Italia e al fascismo un prestigio enorme. Balbo cambiò l’aviazione come industria e come servizio. Osannato come eroe romantico, capì che il volo sarebbe diventato alla portata di tutti organizzandolo come prassi quotidiana per uomini comuni, garantiti da una perfetta organizzazione a terra come in cielo. La definizione riportata nel titolo del libro di Balbo come “gerarca che oscurò Mussolini” è efficace: soltanto Balbo, con i suoi meriti squadristici e aeronautici, e D’Annunzio, il vate, potevano fare ombra a Mussolini, che però li superava in astuzia, capacità manovriera e sete di potere.
Significativo è anche il ruolo giocato da Balbo come governatore della Libia: pur all’interno degli schemi politici e culturali del colonialismo e del fascismo, il gerarca ferrarese si impegnò a rispettare la cultura e le tradizioni dei libici e a dotare la colonia di servizi efficienti.
Il libro ci mostra l’evoluzione di Balbo da squadrista a borghese e militare. Probabilmente il gerarca ferrarese non arrivò mai concepire un’Italia liberale ma mirò a una liberalizzazione del regime, attraverso una progressiva defascistizzazione dello Stato e e attribuendo maggiori poteri alla monarchia.
L’autore mette in luce anche due prese di posizione fondamentali di Balbo: l’antirazzismo con cui si oppose alle leggi razziali contro gli ebrei, che cercò di non applicare il Libia e la sua decisa, profetica avversione contro l’alleanza con la Germania.
Guerri riporta una dichiarazione di Balbo del febbraio 1940, che pronunciata da un gerarca fascista, dà l’idea della sua indipendenza e della sua capacità politica : “Io spero che l’Italia non entri in guerra: voglio ancora avere fiducia nel senso realistico del Duce e mi auguro che non prevalga in lui il demone della megalomania da cui sembra invasato negli ultimi tempi. Ma se così non fosse, noi saremo sconfitti, cadrà il fascismo, cadrà la monarchia, perderemo le colonie e ci potremo chiamare fortunati se si salverà l’unità italiana”.
Nell’ultima seduta del Gran Consiglio cui partecipò, nota Guerri, suggerì di abbandonare la Germania e passare al fianco di Francia e Gran Bretagna. Ma ormai era troppo tardi. La macchina che lo stesso Balbo aveva contribuito, in misura determinante, a costruire, era in moto e non poteva più essere fermata.