Una camera in via Fiume, un’altra in via Castello. Le suite, tra via Angeli e via Garibaldi. Le strade come corridoi di un albergo e grotte illuminate dai led. Apricale ha una caratteristica davvero unica in Liguria e tra le poche in Italia. Grazie alla caparbietà di una famiglia che circa sette anni fa ha trasformato un’idea vincente in un progetto concreto, oggi il paese ospita MuntaeCara (in dialetto “sali e scendi”), il primo albergo diffuso della Liguria.
Liguri di nascita e torinesi di adozione, Emanuela Pisano e Silvano Pilone, alla soglia dei sessant’anni, hanno deciso di tornare alle origini e di mettere da parte per un momento lo studio da commercialista ben avviato a Torino. Ad Apricale, insieme alla 33enne figlia Valentina (che ha seguito le orme dei genitori lavorando come commercialista nello stesso studio piemontese), hanno provato a vincere una scommessa: «Un’idea nata quasi per gioco – spiega Valentina Pilone, titolare di MuntaeCara – durante una conversazione tra mia madre e l’ex sindaco di Apricale, Roberto Pizzio: inizialmente avevamo in mente la ristrutturazione della casa di mia nonna per farne un bed & breakfast. Poi abbiamo pensato che, come quella, c’erano molti altri locali di proprietà sparsi per il borgo, tra cui anche antiche stalle, lasciati però in stato di abbandono: difficilmente le giovani generazioni hanno voglia di dedicarsi alle case dei nonni, di recuperarle e magari viverci».
Da lì, l’idea di trasformare in tutti i sensi Apricale, rendendo il borgo un “albergo diffuso”, con l’obiettivo di recuperare la tradizione, la storia, l’arte e gli oggetti di ogni singola parte abbandonata, riportandoli alla luce in chiave moderna: «Non è stato facile – racconta Pilone – siamo partiti con la ristrutturazione dei nostri locali di proprietà e successivamente abbiamo acquisito altre case, sulle quali abbiamo fatto un intenso e minuzioso lavoro di ristrutturazione, cercando sempre di unire la tradizione di Apricale alla modernità e comodità che chiede il turista di oggi. Abbiamo presentato all’Unione europea un progetto che rispettava una lunga serie di vincoli, dalla lontananza dal mare alla salvaguardia del territorio. Abbiamo ottenuto fondi per partire, ma buona parte delle risorse le abbiamo messe di tasca nostra».
Ma in casa Pilone non si vuole parlare di cifre e gli unici numeri che si svelano riguardano tempistiche e alloggi: «Nel giro di un anno e mezzo abbiamo inaugurato Muntaecara con le prime dieci camere: era il 17 aprile di cinque anni fa, in pieno periodo di crisi. Oggi, a un ritmo di circa 10 locali all’anno, contiamo 40 camere, tutte in stile liberty, per una capacità complessiva di circa ottanta ospiti». Se, da un lato, il recupero è stato inteso e faticoso, «avvalendoci solo di artigiani e restauratori locali e in molti casi della nostra stessa manualità, per esempio nel cucire tende, copriletti e pizzi», il lavoro più duro è stato convivere con il “mugugno” degli abitanti del posto: «La vera impresa è stata farci accettare – commenta Pilone – perché i cantieri hanno inevitabilmente toccato anche le case abitate, seppur a nostre spese. Ma il vero senso dell’albergo diffuso, del resto, è proprio questo: i vicini di camera sono gli abitanti stessi. Il turista è amalgamato alla gente del posto e, pur godendo di tutte le comodità di un albergo, può vivere anche i particolari di vita quotidiana di Apricale». Oggi non solo le sensazioni sono cambiate, ma anche il mercato sembra rispondere positivamente all’impresa: «Molti hanno capito, hanno accettato questa nuova forma di ricezione e in alcuni casi ci ringraziano. E i turisti ci sono: sia quelli stranieri, che vogliono scoprire l’Italia, sia quelli liguri, che non conoscono Apricale. E ogni anno, più inauguriamo camere nuove, più abbiamo richieste».
Il “made in Apricale” non è solo oggettistica, ma anche cibo, tanto che l’albergo diffuso ha ottenuto il marchio Slow Food: «Anche in questo caso è nato tutto per caso: viste le difficoltà logistiche, i prodotti alimentari impiegavano troppo tempo ad arrivare a destinazione, così abbiamo deciso di farceli noi, a partire dal pane, fino a tutte le antiche ricette della tradizione del Ponente ligure, come la sardenaira o i biscotti alla lavanda». Tanti anche gli eventi organizzati dalla realtà ricettiva nel borgo: «Cerchiamo di promuovere il nostro piccolo paese, lavorando il più possibile in sinergia con il Comune».
A Muntaecara Valentina lavora insieme al marito e ai genitori e si avvale anche della preziosa collaborazione di alcuni dipendenti: «Lavorano con noi tra le cinque e le otto persone, ciascuna quattro ore al giorno: non possiamo chiedere loro uno sforzo maggiore, dato il continuo e faticoso “sali e scendi” tra le camere, proprio come recita il nostro nome».