Arte o mestiere che lo si consideri, quello del liutaio è un lavoro di lunga tradizione nel nostro Paese. Oggi in Liguria si può individuare un certo fermento e una coesistenza di maestri affermati e giovani emergenti. Di sicuro questo mestiere non si improvvisa, richiede pazienza, dedizione e sacrifici perché la concorrenza esiste. Per un giovane, quindi, il passaggio obbligato è seguire un percorso formativo specifico come spiega Federico Olia, liutaio professionista: «Dopo il liceo, nel 2004, frequentai per due anni la Civica Scuola di Liuteria di Milano, nella sezione “strumenti a pizzico” e presto iniziai a crearmi uno spazio per riparare le chitarre degli amici e costruire i primi strumenti». Una passione che lo ha portato lontano fino all’apertura del suo laboratorio a Bolzaneto ma che lo ha condotto anche all’estero in base al principio del long life learning: «Con l’aiuto dei miei genitori ho potuto frequentare e diplomarmi nel 2010 alla Galloup School of Lutherie negli Stati Uniti, dove ho ottenuto diverse qualifiche tra cui il diploma Master e quello di Dealer Autorizzato per i sistemi di intonazione Buzz Feiten di II livello».
Per quanto riguarda i costi di gestione, Olia ci spiega che nel suo caso si aggirano intorno ai 900 euro al mese mentre i prezzi di vendita dei suoi strumenti vanno da 2300 a 4000 euro: «Preferisco selezionare i legni personalmente piuttosto che comprarli su Internet perché la scelta é fondamentale».
Non esiste , comunque un tariffario preciso: innanzitutto occorre considerare il tipo di strumento, a pizzico o ad arco e poi chi lo produce. La Liguria e Genova in particolare accolgono liutai di grande fama come Alberto Giordano, Gianmaria Assandri, Pio Montanari e Antonino Airenti. Eppure il mercato richiede di adattarsi e di cercare soluzioni nuove. Alberto Giordano, Assistente Curatore del violino Guarneri del Gesù 1743 ‘Il Cannone’ di proprietà del Comune di Genova, appartenuto a Niccolò Paganini, nonché curatore della collezione di strumenti del Conservatorio Niccolò Paganini di Genova, ha un curriculum vitae che parla da solo: diplomatosi nel 1984 presso la Scuola Internazionale di liuteria di Cremona, insieme a Montanari ha assistito Bruce Carlson nella realizzazione del recupero storico del Cannone di Paganini. Una persona guidata da un forte spirito di ricerca, lo dimostra il fatto che si sta per laureare in Conservazione dei Beni Culturali, dotata anche di un notevole senso pratico: «In questo mestiere lavora chi è radicato sul territorio. Noi offriamo in realtà numerosi servizi che vanno dal restauro alla vendita all’affitto di strumenti e all’antiquariato. La diversificazione per certi versi è una scelta ma per altri una necessità. In Italia, forse più che all’estero, c’è sempre stata la concorrenza occulta data dal mercato nero, fatto di insegnanti e dilettanti». Ha una visione chiara Giordano, propria di chi oltre a saper fare egregiamente il proprio mestiere non dimentica di osservare la società e la sua evoluzione: «Il dato positivo è che stanno nascendo molte scuole di musica: questo ha permesso di sviluppare il mercato del noleggio, in particolare dei violini. I numeri sono diversissimi rispetto, per esempio, alla vicina Francia dove in proporzione tale mercato vale probabilmente dieci volte tanto. Questo è un problema culturale del nostro Paese su cui purtroppo c’è tanto da lavorare».
Dal punto di vista del percorso formativo, oggi è molto più difficile andare a imparare il mestiere in bottega anche a causa delle pesanti restrizioni sulla sicurezza. Esistono dei percorsi accademici offerti, a livello nazionale, da due realtà già citate: la Scuola Internazionale di liuteria di Cremona e la Scuola Civica di Liuteria di Milano. La prima, che attualmente ospita due studenti di provenienza ligure, è una scuola superiore statale che al termine di un quinquennio e di uno specifico esame di maturità, rilascia il diploma di Tecnico della liuteria. Classi da 24 persone svolgono sia lezioni teoriche che pratiche (laboratori in gruppi di 12 alunni). Si paga un contributo di 180 euro per i primi tre anni e 280 per gli ultimi due. Il 70% degli studenti proviene dall’estero e in particolare da Corea, Giappone, Cina e Taiwan a conferma del prestigio di questa scuola. La scuola civica di Milano, invece, ha una durata di quattro anni ed è accessibile solo una volta raggiunta la maggiore età: dopo il primo biennio si ottiene la qualifica di operatore liutario mentre al termine del percorso quella di maestro liutario costruttore. Il costo è di 573 euro all’anno e i corsi sono a frequenza obbligatoria. La maggior parte degli studenti italiani viene dal nord- Italia e attualmente ci sono quattro studenti liguri. Il dato interessante è che fino a tre-quattro anni fa le domande andavano da venticinque a trenta mentre negli ultimi anni sono passate a sessanta-ottanta.
Ma quali sono gli sbocchi di un diplomato presso una scuola di liuteria? Oltre alla professione vera e propria, che richiede comunque una lunga gavetta e una forte determinazione, è anche possibile specializzarsi nella ricerca (pubblicazioni su riviste di settore, in primis) o come conservatori di strumenti presso i musei. C’è poi il restauro e, non trascurabile, il lavoro presso negozi musicali in cui ci si dedica principalmente a manutenzione e riparazione. In realtà, il costruttore puro non esiste e un minimo di flessibilità è sempre richiesta.
L’asociazione di riferimento in questo settore è l’ A.L.I (Associazione Liutaria Italiana) anche se l’iscrizione non è una conditio sine qua non. Dice, ad esempio, Antonino Airenti: «Ne ho fatto parte per molti anni ma a un certo punto ho deciso di uscirne. Il motivo è semplice: io sono specializzato sugli strumenti antichi e sugli archetti in particolare mentre l’associazione è concentrata di più sugli strumenti moderni». Nel suo caso la concorrenza è minima e il motivo è semplice come spiega lo stesso Airenti: «Oggi mi occupo principalmente di archetti mentre per quanto riguarda la produzione faccio copie di archi antichi. Si tratta ovviamente di una nicchia e per questo sono abbastanza al riparo dalle flessioni del mercato». L’ HIP (Historically Informed Performance), approccio per il quale si suona utilizzando copie di strumenti del periodo storico in cui il pezzo è stato composto, costituiscono perlopiù una nicchia in Italia ma hanno grande richiesta all’estero. E’ lì che si inserisce il lavoro di Airenti, che aggiunge: «Ho fatto la scelta di applicare prezzi abbastanza bassi. Il motivo è che chi fa HIP utilizza tanti archetti diversi a seconda della performance e non si compra quindi uno strumento una tantum. Venendo incontro alle loro esigenze riesco a fidelizzare i clienti». Il suo nome è spesso associato a un altro maestro della nostra regione Federico Lowenberger, recentemente scomparso: «Eravamo colleghi oltre che amici. Chi veniva nel nostro laboratorio aveva a disposizione un liutaio e un archettaio: un servizio completo tutt’altro che comune sia in Italia che nel resto del mondo».
Allievo di Lovenberger è invece Gianmaria Assandri (specializzato negli strumenti a corda di grossa taglia come contrabbasso e viola da gamba), che ha lavorato presso il suo maestro per venticinque anni prima di aprire un laboratorio in proprio. «A quel tempo ero un agente della Polizia Stradale e ciò comportava fare i turni in autostrada. Pertanto dopo il turno andavo dal mio Maestro oppure passavo alcune ore da lui e poi andavo a prendere servizio, impegnando così le mie giornate (e le notti!) lavorando continuamente». Una vita di sacrifici ma, come sottolinea lo stesso Assandri: «Penso che qualunque sia il sogno si debba fare qualsiasi sacrificio per arrivare a realizzarlo». Un professionista anomalo, poco geloso dei propri segreti di liutaio e aperto al confronto: « I liutai che ho conosciuto in vita mia non sono stati particolarmente aperti sulle modalità del lavoro e direi che, almeno in Liguria, ci sia una sostanziale chiusura. In ogni caso, incoraggio sempre un giovane che voglia avvicinarsi a questo mestiere». E di giovani che fanno un percorso simile a quello di Assandri ce ne sono anche oggi. Paolo Sussone, impiegato, ha frequentato alcuni corsi formativi presso la Civica di Milano e oggi sta cercando di fare del suo hobby un autentico primo lavoro. Ciò su cui punta è, tra l’altro, lo scambio di conoscenza tra colleghi in modo da arricchire più velocemente il proprio bagaglio professionale: «Anche se il lavoro del liutaio è sempre stato, per tradizione, ricco di misteri e segreti, personalmente ho tanti amici e colleghi con i quali ci scambiamo segreti e consigli e ci confrontiamo sulle diverse tecniche e idee: è un percorso bellissimo ed appagante e permette una crescita di tutti e della qualità degli strumenti in generale. Con maggiore soddisfazione anche degli utenti, che non è un dettaglio».
Corrado Giacomel opera principalmente sul mercato internazionale vendendo prodotti di sua progettazione: «In questo momento sto lavorando a un Mandolino di stile italiano (conosciuto dai più come Napoletano) con considerevoli innovazioni e modifiche che lo rendono originale e unico nel suo genere».
Salvatore Scalia, allievo di Montanari e di Lowenberger e specializzato in strumenti ad arco moderni soprattutto violini e viole ma anche nel restauro, sottolinea le difficoltà di quest’ultimo tipo di lavoro: «Il restauro richiede davvero tanta dedizione perché si lavora su parti compromesse, deteriorate, e spesso con la responsabilità di lavorare su strumenti importanti di un certo valore».
Infine, ci sono liutai lontani dal capoluogo ligure come Fabrizio Ragazzi, prima viola nell’Orchestra Sinfonica di Sanremo e costruttore: «Essendo musicista attivo non ho molto tempo per costruire e la mia produzione attuale non supera i settanta strumenti; ho però fatto esperienza su molte tipologie, in particolare violini, viole e violoncelli e sto per costruire la mia prima chitarra».