In occasione della Giornata mondiale dell’olivo di oggi, mercoledì 26 novembre, Coldiretti Liguria celebra la pianta che racconta l’anima della regione: un elemento ambientale, storico e culturale profondamente radicato nelle vallate e nelle colline terrazzate, scolpite nei secoli dal lavoro dell’uomo. L’olivo non è solo una coltura, ma un paesaggio vivente che unisce entroterra e costa, che dialoga con il clima mite, la vicinanza del mare e l’abilità degli agricoltori nel coltivare in aree spesso impervie e difficili.
Gianluca Boeri, presidente di Coldiretti Liguria, e Bruno Rivarossa, delegato Confederale, sottolineano il valore ambientale e culturale di questa coltivazione: “I nostri oliveti, coltivati su versanti ripidi e terrazzati, sono custodi della biodiversità e presidio contro il dissesto idrogeologico. Ogni albero è il risultato della cura e della pazienza degli agricoltori liguri, che continuano a preservare un patrimonio unico nonostante le difficoltà climatiche e produttive.”
La Liguria è nota in tutto il mondo per la taggiasca, che proprio quest’anno ha ottenuto il riconoscimento Igp per la salamoia, un traguardo storico che certifica il forte legame tra questa cultivar e il suo territorio di origine. Ma il panorama olivicolo regionale è molto più ricco e variegato, e custodisce cultivar antiche e preziose che meritano di essere valorizzate. Tra queste spiccano la lavagnina, tipica del Levante e strettamente legata alla tradizione genovese. La pignola, diffusa nelle zone collinari, caratterizzata da alberi rustici che resistono bene al freddo e producono frutti piccoli ma ricchi di olio. La razzola, tipica della provincia della Spezia, con frutti più grandi e una produzione d’olio intensa e aromatica molto stimata dagli olivicoltori del Levante. La colombaia, diffusa soprattutto nel savonese, nota per un olio armonico e fine, e la mortina, presente tra Savona e Genova, che produce un olio di ottima qualità, particolarmente adatto ai territori più miti.
L’olivo, ricordano Boeri e Rivarossa, è anche una coltura che richiede pazienza, esperienza e capacità di convivere con la natura, non di forzarla. «L’olivo produce in modo diverso ogni anno: le rese cambiano, il clima influisce, e non esiste alcuna scorciatoia tecnica o chimica per stabilizzare ciò che è vivo. È una produzione profondamente agricola, che segue i ritmi della terra e premia chi sa aspettare. La campagna 2025 è stata particolarmente difficile, con un raccolto scarso in molte zone. Ma l’olivicoltore ligure non si ferma: aspetta la stagione successiva, cura le piante, continua a credere in un lavoro che merita di essere celebrato ogni giorno».
Coldiretti Liguria sottolinea infine il valore sociale e culturale dell’olivicoltura: un ponte tra passato e futuro, un simbolo di resilienza e identità, ma anche un presidio ambientale fondamentale per mantenere vivo e protetto il paesaggio rurale della regione. «Difendere l’olivo significa difendere la Liguria – concludono Boeri e Rivarossa – significa tutelare un territorio fragile, sostenere chi lo coltiva e custodire una cultura millenaria che continua a dare valore e riconoscibilità alla nostra regione».


























