La farinata di fave è un piatto quasi dimenticato, salvo in alcune famiglie in Liguria e in Toscana. Nella vicina Toscana, del resto, è diffusa quella di ceci, che da noi si chiama farinata, oltre Magra per lo più cecina o torta di ceci (a Carrara è detta calda calda) ed è uguale alla nostra.
La farinata di ceci è comune anche nel basso Piemonte, a Nizza e in Provenza, nel Sassarese, in Sicilia e pure a Gibilterra e in Marocco. Non sappiamo se sia nata a Genova e di qui abbia raggiunto località vicine o collegate via mare con il capoluogo ligure oppure se abbia avuto origine multipla, in località diverse: in fondo, disponendo di ceci e di forni a legna non ci vuole molto a concepire l’idea di mescolare acqua e farina di ceci e farle cuocere in forno.
La farinata “bianca”, cioè di farina di grano, ormai è rimasta soltanto nel savonese e in qualche località toscana.
Queste due farinate, di ceci e di grano, hanno in comune un requisito: devono essere cotte ad alte temperature, 350-400 gradi. I forni di casa in genere raggiungono al massimo 250-270 gradi. Alle alte temperature arrivano i forni a legna delle pizzerie e dei fainotti. I più fortunati di noi li hanno in giardino o in terrazzo, ma sono pochi. I professionisti usano anche forni a gas, di più facile impiego, o elettrici. Per la pizza, che pure richiede un’alta temperatura, sono in commercio fornetti elettrici capaci di arrivare a 400-450 gradi, poco ingombranti e poco costosi, adatti all’impiego casalingo, ma hanno una piastra di pietra refrattaria su cui poggiare l’impasto della pizza o della focaccia, non c’è spazio per la teglia, indispensabile per le farinate, che sono liquide.
La pizza si è sempre fatta anche in casa, viene diversa da quella delle pizzerie ma pur sempre apprezzabile. Per la farinata di ceci c’è chi riesce, con vari accorgimenti (grill, ecc…) a ottenere dei buoni risultati ma non è per nulla facile. La farinata bianca forse è ancora più difficile da cuocere con successo, tanto che non la fa quasi più nessuno.
E l’antica farinata di fave? Si può fare. E ne vale la pena, perché non richiede un gran lavoro ed è intrigante il sapore dolce, leggermente speziato, della sua farina. Che non è facile da trovare come quella di ceci ma si trova, specialmente nei negozi di alimenti “naturali” e per vegani.
Si può fare perché le bastano i 250 gradi del nostro forno di casa. La sua farina è un po’ meno oleosa di quella di ceci e può rassodarsi a temperature inferiori. Inoltre non deve raggiungere la stessa croccantezza della farinata di ceci e men che meno di quella di grano.
Ora vediamo come farla.
Ingredienti. Per una teglia da 32 cm: 250 g di farina di fave, 750 ml di acqua, 1 cucchiaino di sale fino, 60 ml di olio extravergine d’oliva (e un pochino in più per ungere la teglia), pepe nero macinato e rosmarino fresco tritato, a piacere.
Procedimento. Come per la farinata di ceci, versate in una ciotola farina, acqua, olio e sale. Mescolate bene e lasciate riposare minimo sei ore. Anche più a lungo, se vi torna comodo. Preriscaldate il forno a 250°C. Ungete la teglia di rame stagnato – l’ideale, altrimenti quella che avete – controllate che nella pastella non siano presenti grumi, nel caso eliminateli in pochi secondi con un mixer a immersione. Versate la pastella nella taglia e mettetela a cuocere per una ventina di minuti. Per gli ultimi cinque minuti potreste provare a usare il grill. Servitela calda, appena tolta dal forno, se vi piace con una spolverata di pepe nero e/o rosmarino. Accompagnata da un bianco di Coronata o della Val Polcevera.
Placet experiri!