Il commercio via mare globale è aumentato del 2,1% nel 2024, raggiungendo 12,6 miliardi di tonnellate e crescerà in un range tra lo 0,2% nel 2025 e +1,5% nel 2026. La situazione di incertezza dell’economia globale, a causa di guerre e dazi, non ferma la crescita e il Mediterraneo mantiene centralità: i 25 principali porti del Mediterraneo hanno movimentato lo scorso anno 62 milioni di teu, con una crescita del 5,1%. È quanto risullta dal nuovo Rapporto 2025 “Italian Maritime Economy” di Srm SRM (centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) presentato oggi a Napoli.
Il rappporto rileva che le tensioni geopolitiche hanno ridisegnato la geografia dei traffici, incentivando le rotazioni per il Capo di Buona Speranza. L’Italia è protagonista nello short sea shipping: il traffico marittimo a corto raggio, ha registrato nel Mediterraneo il dato più alto di sempre con quasi 628 milioni di tonnellate movimentate a livello europeo. L’Italia è leader nel corto raggio, con 302 milioni di tonnellate, prima in Europa.
Nel canale di Suez: tra gennaio e maggio 2025 i transiti medi giornalieri attraverso Suez si sono ridotti del 18% in volume rispetto al 2024 e del 70% rispetto al 2023. Tuttavia, nota positiva, si registra una ripresa dei passaggi attraverso Suez da parte di alcune compagnie di navigazione.
Dalla globalizzazione alla regionalizzazione: le crisi geopolitiche e l’applicazione dei dazi spingono gli importatori a riorganizzare le catene di approvvigionamento. Il calo degli scambi commerciali fra Usa e Cina innescherà una significativa deviazione del trade: crescono le rotte regionali.
La via della Seta e la via del Cotone: il timore del disaccoppiamento delle principali economie mondiali spinge la ricerca di vie alternative di transito. Gli Usa promuovono il corridoio Imec, o Via del Cotone, che dall’India raggiunge il Mediterraneo attraverso la penisola arabica, alternativa alla cinese Via della Seta. Si stima che questo corridoio possa intercettare fino a 170-200 miliardi di euro di interscambio commerciale da e verso l’Unione Europea.
Cambiano gli assetti commerciali: la Cina ha perso la sua posizione di primo esportatore negli Usa nel 2023, ponendo fine a un primato durato 17 anni. Negli ultimi 10 anni l’import cinese dagli Usa è diminuito del 9%. Gli Usa nel 2024 hanno importato principalmente dal Messico.
I porti sono sempre più hub energetici: gli scali marittimi diventano cruciali per il mercato energetico, terminali di pipeline e centri di produzione di rinnovabili. Gli armatori investono sempre più nei carburanti alternativi: la scelta principale è il GNL con il 36,8%, ma aumenta la quota del metanolo.
Italia è tra le economie più aperte del mondo: è il Paese con una delle più alte incidenze del rapporto export + import/Pil (54,3% nel 2024). Gli Usa rappresentano il nostro primo partner commerciale nell’export con 37,4 miliardi e il secondo mercato di import, dopo la Cina, con 10,6 miliardi.
I porti italiani sono resilienti: hanno movimentato 481 milioni di tonnellate di merci (+0,7%). A performare è stato principalmente il mercato dei container con 11,7 milioni di TEU (+6,5%) Le alleanze dei grandi carriers container hanno tutte confermato i porti italiani nei loro servizi.
Investimenti in intermodalità e modelli green per crescere: per rafforzare la competitività dei porti italiani e attrarre nuovi traffici serve continuare a investire: nel Def 2025 sono indicati progetti per 12,5 miliardi di euro.
«Siamo l’unica banca – ha sottolineato Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo – ad avere un centro studi specializzato nell’economia marittima, come Srm e ne siamo orgogliosi; così come siamo orgogliosi della decisione di sostenere la Zes Unica per il Mezzogiorno e le Zone logistiche semplificate per il centro nord, per le quali il nostro gruppo ha messo a disposizione un plafond di 10 miliardi di euro destinato a finanziare gli investimenti per lo sviluppo del sistema industria-porti-logistica. Voglio ricordare il desk specializzato sul settore navale, nell’ambito della Divisione Banca dei Territori, e che la Divisione Imi Cib ha linee di credito accordate al settore marittimo per oltre 6,7 miliardi di euro a livello nazionale: oltre 3 miliardi di euro di accordato al settore dello shipping (merci e passeggeri) e altrettanto al settore delle costruzioni navali. Questi temi sono cruciali non solo per il nostro Paese ma anche per la dimensione internazionale di Intesa Sanpaolo. Le banche estere controllate dal nostro gruppo sono prevalentemente concentrate nell’area euromediterranea con una forte presenza nella regione adriatico-balcanica e nel Nord Africa con l’egiziana Alex Bank. Il Mediterraneo è infatti il contesto geoeconomico di riferimento per il nostro Paese e lo è anche per l’azione del nostro gruppo».
Massimo Deandreis, direttore generale di Srm, ha osservato che « L’import-export mondiale e i prodotti energetici viaggiano via nave e l’economia marittima rappresenta una lente attraverso cui analizzare le tensioni geopolitiche, i dazi e il loro impatto. Per l’Italia un settore strategico, spesso poco considerato, ma che invece genera 65 miliardi di valore aggiunto diretto oltre ad essere un pilastro per il nostro export. È significativo quindi che i porti italiani nel 2024 abbiano movimentato volumi in crescita dimostrando così la resilienza degli armatori e delle infrastrutture. Occorre proseguire puntando su sostenibilità ed intermodalità. E valorizzando i porti come hub energetici. Queste sono le direttrici di marcia per diventare più efficienti. Ma occorre anche porre attenzione a nuovi ambiti: per questo, dal prossimo anno, Srm estenderà i propri studi anche alle tematiche connesse al sotto-mare, che anche per gli aspetti tecnologici, stanno diventando sempre più importanti e strategiche».