Oggi, come già abbiamo fatto con altre ricette, guardiamo avanti e non indietro. Questa rubrica è nata per fare conoscere meglio ai liguri piatti della loro cucina che corrono il rischio di essere dimenticati o sono rimasti in uso solo nelle ristrette aree d’origine: li ricordiamo non perché i prodotti del passato siano migliori di quelli del presente, anzi, ma per conoscere meglio un pezzetto della nostra storia materiale, che fa pure parte della grande storia. Chi ci ha seguito in questi anni ha visto quando e come è nato il piatto-bandiera della Liguria, il pesto: di recente, e con diversi cambiamenti in pochi decenni, senza nulla di immutabilmente sacrale, e constatato come la cucina ligure sia cambiata nel tempo: per esempio, non è mai stata, come sembra oggi, un esempio di “dieta mediterranea” (che, del resto, non è mai esistita, è esistita la povertà, che precludeva ai contadini dell’Italia meridionale e di gran parte dell’area mediterranea l’uso della carne). Eliminare luoghi comuni e stereotipi è salutare e divertente, non solo in fatto di gastronomia. Inoltre, frugando nel forziere del passato si trovano ricette che non sono soltanto interessanti ma ci offrono lo spunto per ottimi piatti.
Ma è bene anche guardare avanti, ai piatti che potrebbero nascere dall’incontro tra la nostra enogastronomia e prodotti che vengono da paesi anche lontani. È sempre stato così: il sovranismo è sciocco anche in cucina, che quasi ovunque si sviluppa mediante contaminazioni. Anche senza andare tanto indietro nel tempo (e arrivare al pomodoro, alla patata, ai peperoni, alla zucca, alle melanzane, al mais, al caffè, al cacao, ecc…) consideriamo che di recente abbiamo adottato il kiwi, di cui l’Italia è diventata uno dei massimi produttori mondiali, l’avocado, il cous cous, e un po’ prima würstel e crauti, ecc…
Oggi, a Genova come in tante altre città italiane, arrivano cittadini da fuori, e si portano, quando possono, i cibi a cui sono abituati. Specie nella parte occidentale del centro storico abbondano negozi di ortofrutta gestiti da indiani africani e sudamericani. Sono pieni di cose interessanti, alcune delle quali si possono integrare nelle nostre ricette. Abbiamo già trattato della pasta al pesto con il gombo e c’è un altro prodotto esotico, proveniente dall’America del Sud (dagli altopiani andini) che con il pesto potrebbe sposarsi benissimo: la quinoa.
Simile ai cereali, la quinoa (Chenopodium quinoa) appartiene in realtà a un’altra famiglia, quella delle Chenopodiaceae, è quindi parente stretto di spinaci e bietola. Comunque ai cereali assomiglia, sia per l’aspetto sia per l’uso che se ne può fare in cucina. Della quinoa consumiamo i semi, che i sudamericani, cileni e peruviani soprattutto, cuociono al vapore, saltati sul fuoco, tostati o ridotti a farina, o aggiunti a insalate, zuppe e minestre. Lo stesso possiamo fare noi, i semi di quinoa ormai si trovano nei supermercati.
Non ci dilungheremo sui pregi (numerosi, a quanto parte) nutrizionali di questa pianta, non siamo competenti in materia, ci limitiamo a osservare che, a differenza del frumento, la quinoa non contiene glutine, quindi va bene per celiaci e intolleranti a questa componente del frumento. È ricca di fibre, ma anche di amido, non bisogna esagerare con il suo consumo. Cento grammi di quinoa cruda apportano circa 368 calorie, più o meno in linea con i cereali, ma i suoi semi assorbono molta acqua in fase di cottura e quindi,100 grammi di quinoa bolliti apportano 120 calorie. Il loro sapore è delicato, alcuni lo trovano simile a quello della nocciola.
E ora vediamo come cucinarla.
Ingredienti: quinoa, preferibilmente bianca o color crema (può essere bianca, rossa o nera – in questo caso preferiamo il bianco-crema perché si mescola bene al verde del pesto – olio extravergine d’oliva, fagiolini, acqua, sale, pesto di basilico. Per la quantità vedete voi, fate conto che di cucinare del riso.
Procedimento. Sciacquate con cura la quinoa per togliere la saponina, una sostanza amara e sgradevole che può coprire i semi, ma non tossica. Non c’è bisogno di tenerla in ammollo, mettetela in acqua bollente salata e fatela cuocere per 10-15 minuti. Per decidere quando esattamente estrarla dall’acqua assaggiatela. Scolatela, aggiungetele un po’ d’olio e rimescolatela. Ora potreste semplicemente condirla con pesto e disporla nei piatti, arricchendola, se volete, con fagiolini bolliti, eventualmente anche con fettine di zucchine e melanzane (anche se sono fuori stagione, ormai), saltate in padella, come si faceva un volta con il pesto e la pasta integrale. Oppure, con un copapasta, formate dei cilindretti verdi di quinoa condita con il pesto e circondateli con le verdure disposte a raggiera e su cui passare un filo d’olio..
In ogni caso, non dimenticate di portare in tavola un buon vino bianco, per esempio un Pigato.
Placet experiri!