Un’accelerazione mai vista prima sulla ricerca e sul modo di farla. Con un messaggio: non bisogna avere paura dell’intelligenza artificiale.
A margine della presentazione del nuovo piano strategico al 2029, Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia, chiarisce come anche lo stesso Iit dovrà dotarsi di strumenti sempre più sofisticati «perché l’intelligenza artificiale non si sviluppa solo per le applicazioni. Noi la sviluppiamo anche per fare altra ricerca».
Una rivoluzione notevole nel mondo della ricerca, quella che si sta concretizzando: «Moltissimi esperimenti − spiega Metta − si fanno dentro un calcolatore e poi si traducono nella realtà. Dalla chimica alla biologia, o agli stessi robot, succede che prima li simuliamo e poi li proviamo. E questo è un paradigma che chiaramente accelera moltissimo lo sviluppo. Poi bisogna provare a fare l’esperimento, ovviamente, e controllare che il risultato sia allineato con quello che dice la simulazione, però questo è un modo nuovo di fare ricerca, di testare ipotesi, ma anche di generare nuove ipotesi. Quindi un pensiero va all’Ai generativa che evidentemente può essere utilizzata per fare un pensiero in là rispetto a quello che abbiamo sperimentato fino a oggi».
Non bisogna avere dunque paura dell’intelligenza artificiale. Oggi si parla molto delle professioni che verranno annullate da questa rivoluzione, ma Metta chiarisce: «Non bisogna averne paura per un fenomeno ormai direi inarrestabile e certamente che non si può correggere a breve che è quello dell’invecchiamento della popolazione. Qui in Liguria lo vediamo benissimo, però in generale il nostro Paese avrà un declino importante nei prossimi quindici anni. Avremo pensionamenti a sufficienza da abbassare la forza lavoro di 3,7 milioni di individui. I giovani non sono abbastanza per compensare le persone che andranno in pensione e questo vuol dire che dovremo diventare più efficienti se vogliamo mantenere lo stesso stile di vita, il benessere che abbiamo acquisito fino a questo momento. Abbiamo evidentemente necessità di un aiuto dall’intelligenza artificiale, dalla robotica, dall’automazione. Questo è scontato. Bisogna nel frattempo cercare di capire quali sono le professionalità che escono e quelle che dovranno entrare, perché è chiaro che la differenza potrebbe essere lì dove potrebbe esistere una difficoltà. Bisogna adattarsi, purtroppo, sempre più velocemente perché queste tecnologie nascono nel giro di pochissimi anni».
La ricerca dell’Iit sarà parte integrante anche del nuovo Ospedale agli Erzelli: «È un progetto che abbiamo seguito fin dall’inizio − dice Metta − evidentemente più dall’aspetto più scientifico legato a quello complessivo. Molto interessante per noi che si sia fatto un pensiero a quella che è stata chiamata la sanità computazionale, che secondo me è un bellissimo messaggio. Si sta ipotizzando appunto di avere un laboratorio molto grande di ricerca dove si mette insieme la ricerca di punta, non solo la nostra, ma anche quella degli Irccs e quella dell’Università con la possibilità di avere accesso ai pazienti che sono quelli che hanno bisogno effettivamente di queste ricerche. Quindi questo è un modo per portare avanti ricerche mirate sapendo dove si deve arrivare e quali sono i problemi da risolvere».