“Galassia Neuroscienze” (Genova University Press, pagine 145, 15 euro), a cura di Angelo Schenone e Giuliano Galletta, racconta, in un linguaggio divulgativo, l’attività del DiNOGMI, Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili dell’Università di Genova. Il DiNOGMI è stato uno dei vincitori del progetto Dipartimenti di eccellenza, promosso dal Miur nel 2017.
Attraverso le interviste a dieci docenti del Dipartimento – Gianluigi Mancardi, Angelo Schenone, Mario Amore, Antonio Uccelli, Paola Mandich, Federico Zara, Matilde Inglese, Laura Bonzano, Gianluigi Zona, Flavio Mariano Nobili – il volume ha l’obiettivo di comunicare a un pubblico non specialistico i risultati di questa intensa attività, in relazione alla diagnosi e alla cura di importanti malattie, quali Sclerosi multipla, Alzheimer e altre demenze, Parkinson, corea di Huntington, Atrofia muscolare spinale, fibrosi cistica. E ha diversi meriti: evidenzia la centralità della ricerca e del metodo scientifico, in un momento in cui il dibattito pubblico sembra sempre di più preda delle false notizie, ci fa conoscere i diversi settori scientifico-disciplinari del Dipartimento, raccontando in presa diretta l’esperienza quotidiana della ricerca, della didattica e della cura, attraverso le testimonianze dei protagonisti e le immagini dei laboratori e delle strumentazioni, e ci introduce nelle problematiche della sanità e della ricerca in Italia.
“La pandemia – scrive Galletta nell’introduzione – ci ha dimostrato come la ricerca scientifica, lungi dal rappresentare quel ‘mondo a parte’ in cui spesso si tenta di relegarla, è strettamente connessa alla nostra vita e in certi momenti, come abbiamo tutti verificato in questi ultimi due anni, la determina. Allo stesso tempo, però, l’emergenza Covid-19 ha chiarito – se ce ne fosse stato bisogno – come il pregiudizio antiscientifico sia ben vivo e operante in Italia e, in generale, nei Paesi sviluppati. Ciò potrebbe apparire un paradosso, ma in realtà è proprio l’affermarsi della società tecnologica e della cultura di massa che, se da un lato offre infinite possibilità di informazione ed educazione scientifica, dall’altro, soprattutto con l’avvento dei social network, permette la diffusione planetaria di false notizie, leggende metropolitane, teorie complottistiche intorno alle quali si aggregano gruppi sociali e di opinione, anche di grandi dimensioni, ma con caratteristiche che potremmo definire ‘tribali’. Questa disinformazione è sempre dannosa ma lo è particolarmente quando riguarda tematiche mediche”.
Il volume ci fornisce anche i dati dell’attività di questa eccellenza genovese ma, precisa Galletta, “dietro ai dati quantitativi di questo successo ci sono donne e uomini in carne e ossa e dieci di loro si sono raccontati in questo volume. Volendo individuare un filo rosso che colleghi tutte le interviste lo si potrebbe indicare in almeno quattro caratteristiche condivise: assoluta dedizione alla professione («Ho una passione enorme per il mio lavoro», l’ha sintetizzata la genetista Paola Mandich), attenzione prioritaria al paziente, prospettiva internazionale, consapevolezza della necessità del superamento dei confini disciplinari. La novità dei Dipartimenti di Eccellenza era arrivata alla fine di un ciclo storico caratterizzato dalla crisi economica e dai tagli alla spesa pubblica. Come spiega Gianluigi Mancardi – Professore di Neurologia e Direttore del DiNOGMI sino al 2018, che ha redatto il progetto scientifico: «Il DiNOGMI è nato in un momento difficile, anche se produttivo, molte Cliniche sono state chiuse, ad esempio la Clinica Chirurgica in via De Toni, il Dimi è stato molto ridimensionato, così come la Clinica Neurologica. Sto parlando degli anni dal 2015 al 2018, con tagli enormi alla spesa sanitaria e universitaria. La parola d’ordine era chiudere le Cliniche e portare tutto dentro l’Ospedale».
Oggi la speranza è che, dopo la drammatica esperienza della pandemia e con i fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), il nostro Paese cambi finalmente passo sui fronti vitali della sanità e della ricerca. «La pandemia – spiega Antonio Uccelli, professore di Neurologia, direttore scientifico del San Martino – ha dimostrato che le risposte che la Sanità ha saputo dare non sempre sono state adeguate. Ci ha messo di fronte a una situazione che è diametralmente opposta rispetto a quella in cui siamo abituati a curare: in malattie come il cancro la logica è quella della concentrazione delle risorse in un unico ambito, cioè la concentrazione delle competenze e degli strumenti in un unico centro, dove si possa fare la diagnostica migliore possibile. Nel caso delle malattie infettive, abbiamo visto che concentrare tutto in un unico centro è fortemente penalizzante per la Sanità. Se mancano i filtri periferici che ci permettono di gestire il paziente prima che venga in Ospedale succede che il paziente che accede al Pronto Soccorso e poi entra in Ospedale pone a serio rischio di paralisi il resto dell’attività ospedaliere; a titolo di esempio su 1200 posti letto al San Martino durante la prima ondata ne abbiamo avuti più di 500 occupati dai malati con il Covid con il risultato che molti pazienti con malattie serie come il cancro o l’Alzheimer non sono state seguite adeguatamente o in alcuni casi non hanno neppure potuto essere curate e financo diagnosticate».