Saranno utilizzati per la riduzione del debito e il rifacimento della macchina scenica i 23.161.000 di euro assegnati dal ministero della Cultura e dal ministro dell’Economia e delle finanze alla Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova.
Lo ha annunciato il sindaco di Genova e presidente del cda della Fondazione Marco Bucci durante la conferenza stampa di annuncio del finanziamento. «Un’ottima notizia: nel 2017 la Fondazione aveva un debito di circa 40 milioni, ora sono 28. Il Teatro ha fatto il possibile per la riduzione. Il nuovo finanziamento pone alcune sfide. Andremo a Roma tra qualche giorno a parlare con il commissario straordinario per il risanamento delle gestioni e il rilancio delle attività delle Fondazioni lirico-sinfoniche Marco Aldo Amoruso per fare di più».
Il decreto è finalizzato a incrementare il fondo di dotazione delle Fondazioni lirico-sinfoniche.
I 100 milioni totali per il 2022 e i 50 milioni per il 2023 sono stati suddivisi tra le Fondazioni che riportavano almeno una di queste tre caratteristiche: un patrimonio netto negativo o un patrimonio disponibile negativo; una riserva indisponibile iscritta al passivo dello stato patrirnoniale o un patrimonio indisponibile, inferiore alla corrispondente voce intangibile dell’attivo patrimoniale denominata “diritto d’uso illimitato del teatro” riveniente dall’atto di trasformazione da ente autonomo in fondazione di diritto privato; una o più perdite di esercizio riportate a nuovo, iscritte al passivo dello stato patrimoniale, riferite a esercizi antecedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112.
La quota restante invece è stata destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche che non riportano una delle situazioni contabili già citate, per finanziare investimenti destinati a incrementare l’attivo patrimoniale e finalizzati al rilancio delle attività di spettacolo dal vivo mediante l’acquisto di beni strumentali, mobili e immobili, nonché mediante la realizzazione di opere infrastrutturali volte all’adeguamento tecnologico, energetico e ambientale dei teatri e degli altri immobili utilizzati per lo svolgimento delle relative attività. Alle somme oggetto di finanziamento corrisponde una riserva indisponibile di pari importo.
I 23 milioni per Genova saranno divisi in 18 milioni nel 2022 e in 5 milioni nel 2023.
«Si tratta di una testimonianza del lavoro di squadra fatto − afferma il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti − è il terzo risultato italiano in termini quantitativi e ciò riconosce il nostro impegno. Tutto questo ci consente di guardare e traguardare nuovi obiettivi innalzando la qualità artistica e spaziando a 360 gradi dalla formazione alla collaborazione con altre realtà sul territorio».
La Regione ha salvato letteralmente il Carlo Felice cedendogli la proprietà del Teatro della Gioventù: «La Regione ci evitò il default e di portare i libri in tribunale cedendo a noi il Teatro della Gioventù nel 2016» confessa il sovrintendente del Teatro Claudio Orazi che però non sa dire ancora quando la sala potrà tornare al suo ruolo originario e non più adibita a centro di vaccinazione: «Tutte le nostre mosse saranno in collaborazione con gli obiettivi dei nostri Soci. I teatri di Genova faranno parte di un sistema organico che concorreranno allo sviluppo della città».
Le tappe sino a oggi
Il decreto legislativo 367 del 1996 ha trasformato i grandi teatri d’opera italiani
da Enti Autonomi di diritto pubblico in Fondazioni di diritto privato.
Un indirizzo legislativo patrocinato dall’allora vicepresidente del consiglio dei
ministri Walter Veltroni che seguiva l’abrogazione, tramite referendum, del ministero del Turismo e dello spettacolo, avvenuta nel 1993.
Solo nel 1998 venne istituito il nuovo ministero per i Beni e le Attività Culturali nel
contesto di una travagliata trasformazione dei teatri d’opera, di origine pubblica, in
Fondazioni di diritto privato.
Un processo che, come ha spiegato il sovrintendente Orazi, era decisamente disomogeneo tra i diversi teatri e caratterizzato dalla mancata costituzione di fondi di dotazione patrimoniale adeguati al nuovo corso. L’attivo patrimoniale delle nuove Fondazioni andava a sorreggersi sul “diritto d’uso illimitato del Teatro”.
«Oltre a ciò − spiega Orazi − l’auspicata partecipazione alla vita dei teatri di soggetti privati si rivelò molto scarsa fin dall’inizio del nuovo percorso, anche per la mancanza di adeguati incentivi in ambito fiscale per quanti avessero voluto investire nei teatri e più in generale nella cultura. Un’avventura, quella della privatizzazione, palesemente fallita e precipitata in pochi anni nello squilibrio economico-finanziario».
Lo squilibrio è stato in parte attenuato dalla nuova legge Bray del 2013 con la quale furono attivati contratti di finanziamento trentennali con i teatri d’opera per limitare i loro default economico-finanziari. Dopo la terribile esperienza pandemica con i teatri chiusi e nel contesto dell’ennesima crisi economica, si tenta la via dell’incremento del fondo di dotazione per i Teatri d’Opera.