Forse è il penultimo round nello scontro tra balneari e Unione europea sulle concessioni demaniali, e l’ultimo dovrebbe concludersi con la vittoria definitiva dell’Ue e la sconfitta delle associazioni di categoria, dei partiti e delle amministrazioni che facevano conto sulla proroga per un quindicennio delle concessioni introdotta nel 2018 con la legge di Bilancio. La legge dovrà essere disapplicata. Il Consiglio di Stato ha stabilito che l’attuale regime di proroga delle concessioni sulle spiagge varrà solo fino al 31 dicembre 2023: dal giorno successivo non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza. Il termine è perentorio, e alla sua scadenza «tutte le concessioni demaniali dovranno considerarsi prive di effetto».
La perentorietà del termine e il fatto che non vi sia possibilità di proroga neanche per via legislativa sembra rendere vane le accorate richieste di associazioni di categoria, di partiti come Lega e Fratelli d’Italia e di Regioni come la Liguria, di “tavoli tecnici”, riunioni con il Governo, ecc… Anche la revisione della materia, chiesta dal Pd e altri, non potrà prescindere da un punto fermo: le concessioni balneari dovranno essere messe all’asta.
E i contribuenti italiani potranno evitare di pagare di tasca propria multe alle istituzioni europee a vantaggio degli attuali titolari delle concessioni e dei politici che li sostengono aspettandosi i loro voti. Teniamo presente che il giro di affari annuo del settore in Italia, secondo uno studio di Nomisma, si aggira intorno ai 15 miliardi di euro mentre i canoni di concessione sono di 103 milioni e che la proroga delle concessioni balneari in Italia è stata dichiarata incompatibile col diritto dell’Unione europea dalla Corte di giustizia Ue. Sulla questione l’Italia ha ricevuto dalla Commissione Ue una lettera di messa in mora.
Draghi aveva lasciato fuori dal ddl per il mercato e la concorrenza, che corrisponde a uno degli obiettivi individuati dal governo nel Pnrr, l’ipotesi di introdurre le gare nelle concessioni balneari e per gli ambulanti, rimandando le questioni. La decisione aveva deluso chi si aspettava finalmente la messa a gara delle concessioni, in realtà la sentenza del Consiglio di Stato mette il governo, diretto da Draghi o da altri, nell’impossibilità di eludere la questione e rende vana la resistenza della Lega, il partito più ostile alla riforma: dall’1 gennaio 2024 non dovrebbero essere possibili scappatoie o rinvii. Il Consiglio di Stato, in pratica, ha tolto le castagne dal fuoco al premier.
Dovranno essere indette gare a evidenza pubblica, lo strumento migliore per tutelare il benessere dei consumatori e garantire introiti adeguati alle casse dello Stato. Per evitare che l’attuale concessionario subisca perdite in caso di mancato rinnovo sarà sufficiente che l’entrante corrisponda all’uscente la quota di investimento non ancora ammortizzata. Nel caso del settore balneare gli investimenti sono di facile valutazione.