Pericolo usura per le imprese in Liguria e nel resto d’Italia. Nonostante le misure prese dal governo, le moratorie e i plafond di credito agevolato messi a disposizione dalle banche, molte imprese, indebolite dai mesi di lockdown, non sono in grado di dimostrare agli istituti finanziari di avere le potenzialità per restituire il finanziamento e pagare regolarmente le rate.
D’altra parte anche le banche sono in difficoltà. Nell’ultimo periodo, e soprattutto nell’ultimo anno, con un costante e costoso lavoro di cessione di npl erano riuscite a ridurre il peso dei crediti deteriorati nei propri bilanci. Si pensi a Carige, che da un totale di 34% di crediti deteriorati sul totale dei crediti è arrivata ora al 2%. E oggi si trovano di fronte alla prospettiva di una nuova ondata di npl. E per di più la Bce ha concepito un meccanismo automatico che impone di ridurre fino a zero il valore dei crediti entro tre anni da quando diventano inesigibili, entro qualche anno in più se vi sono immobili a garanzia.
Se la banca continua ad assegnare al prestito un valore positivo, i suoi azionisti devono mettere da parte un’uguale quantità di patrimonio a copertura delle perdite future. Si chiama “calendar provisioning”, la Bce intende introdurlo in modo generalizzato entro il 2026, ma già lo applica (con qualche eccezione) a tutti i nuovi crediti deteriorati. L’Unione europea lo ha recepito in una legge, inderogabile ma valida solo per i finanziamenti erogati a partire da maggio 2019.
Di fronte a questo scenario molte imprese potrebbero essere indotte a cercare finanziamenti dove li trovano, esponendosi al rischio di cadere nelle mani degli usurai.
«È facile immaginare – dichiara a Liguria Business Journal Andrea Dameri, direttore regionale di Confesercenti – che un ricorso all’usura sia in aumento, perché di fatto da qui a fine anno i soldi per le imprese che in qualche modo sono arrivati (chi più chi meno) finiranno comunque i loro effetti. Dopo di che la scelta per molti sarà la chiusura e per altri qualsiasi “salvagente” a cui aggrapparsi».
Che cosa si può fare, in concreto, per contrastare il fenomeno?
«Oggi uno dei problemi più sentiti è quello dei canoni di locazione, c’è chi non riesce a pagarli. Bisogna prendere misure che vadano a risarcire direttamente i proprietari, come il credito di imposta per mancato introito e altre, in modo da evitare azioni nei confronti delle imprese non in grado di pagare gli affitti. Anche la Tari rappresenta un grosso problema per le aziende che devono far fronte alle tariffe più alte, per esempio ortofrutta, pescherie, fioristi, hotel con ristorazione. Qui occorre una misura analoga a quella presa per la Tosap, ma bisogna dare ai Comuni, attraverso un fondo nazionale, le risorse che permettano di farlo. Poi c’è la questione dei titoli di credito. Nonostante la pratica sia vietata, sappiamo tutti che di fatto il settore della moda lavora con assegni post datati. I negozi ricevono la merce e pagano con gli introiti dei mesi successivi, poi inizia inizia la nuova stagione e il meccanismo si ripete. Ora, i negozi che hanno perso la stagione primaverile – sono arrivati solo a poter fare i saldi invernali – sono a corto di liquidità. Molti non potranno pagare i fornitori, che sospenderanno le forniture, e i negozi dovranno chiudere o trovare i soldi da qualche e parte. Anche qui occorre un provvedimento per risarcire direttamente i fornitori».
Qual è il settore con le prospettive più preoccupanti?
«Una parte di quello turistico. Se alberghi e stabilimenti balneari si sono potuti rifare con la stagione estiva, nonostante le code in autostrada che in Liguria ci hanno fatto perdere turisti da soggiorni brevi, da weekend, ma hanno inciso meno su chi aveva programmato vacanze più lunghe, da una o due settimane, sono agenzie di viaggio e tour operator ad avere sofferto di più e a dover formulare le peggiori previsioni per il futuro, almeno a breve termine. Viaggi internazionali, convegni, ecc… nei prossimi mesi saranno scarsi. Qui se si vuole evitare un’ecatombe di posti di lavoro bisogna intervenire con gli ammortizzatori sociali, che comunque servono a tutti, bisogna che i soldi in busta non arrivino tardi come ora troppo spesso succede e che specialmente per il commercio e il turismo la cassa integrazione sia prolungata».