Il castagnaccio si può considerare un piatto-bandiera della Liguria, come le torte di verdura, le farinate, il pesto, e altri, anche se è tradizionale delle zone appenniniche di Piemonte, Toscana, Emilia oltre che della nostra regione. Il fatto è che dall’entroterra, dove la castagna per secoli ha permesso alle popolazioni di sopravvivere, questo dolce si è diffuso nelle città costiere e ha allietato l’infanzia di molti di noi, anche in periodo di boom economico.
Oggi il castagnaccio è un po’ spinto ai margini dall’alluvione di dolci di tutta Italia e quasi di tutto il mondo che ci possiamo permettere. E noi vogliamo dargli una mano a tenere la posizione. Perché lo merita, specie se consideriamo il rapporto tra difficoltà della ricetta (nulla), costo (molto basso), e resa (ottima).
Essendo stato, un tempo, così diffuso, il castagnaccio ha diverse varianti, per la gran parte ottenute con ingredienti poveri. Qui riportiamo la versione base della Liguria.
Ingredienti
Farina di castagne, acqua, pinoli, uvetta, olio extravergine, sale.
Per quanto riguarda la quantità, la farina in rapporto alla teglia deve essere tanta da formare un castagnaccio alto circa 1,5 cm, l’acqua in misura tale da formare una pastella piuttosto liquida, per esempio come quella delle crêpe, e un pizzico di sale. Alcuni sostituiscono, in tutto o in parte, l’acqua con il latte, e aggiungono zucchero. Questione di gusti, noi preferiamo la versione acqua e farina. Alla pastella aggiungeremo un po’ d’olio, e pinoli e uva passa fatta rinvenire in acqua, nella misura che preferiamo. Si possono mettere anche rosmarino e/o semi di finocchio, usanza forse venuta dalla Toscana, pezzetti di noci e di scorza d’arancia. Ungiamo bene la teglia con l’olio e versiamo l’impasto.
Il nostro dolce dovrà cuocere in forno a 190 gradi per tre quarti d’ora circa, in ogni caso finché sulla superficie non si formeranno delle crepe sottili.
Già buono da solo, il castagnaccio si accompagna bene alla ricotta. E a un vino dolce.
Placet experiri!
Farina di castagne, secondo il metodo tradizionale
Da Agriligurianet
Zona di produzione: tutto il territorio dell’entroterra ligure
Lavorazione: Nel periodo autunnale si esegue la raccolta delle castagne e successivamente si pratica la loro essiccazione.Il processo avviene nei seccatoi, strutture tradizionali generalmente posti in vicinanza dell’abitazione per facilitare le operazioni di alimentazione del fuoco, che deve rimanere acceso per diversi giorni.
Il seccatoio (secaeso seccaressu, grae) è un edificio a due piani divisi da un graticcio (gre) di asticelle di legno duro, in genere ontano. Al piano inferiore c’è il focolare (u fugua), appena rialzato dal suolo e posto in mezzo alla stanza.
Il tempo di essiccazione varia a seconda della quantità di castagne, da 20 a 30-35 giorni, durante i quali bisogna rivoltarle, rimescolarle e girarle in modo che secchino bene: se occorre ravvivare il fuoco, si utilizzano le bucce delle castagne dell’anno precedente (pula) appositamente conservate nel seccatoio.
Le castagne sono poste sulla grata in modo da formare uno strato di circa 20-30 cm; è importante che tale strato non sia né troppo alto in modo da permettere l’omogenea perdita di umidità dei frutti, né eccessivamente basso per non far passare troppo calore senza riuscire a trattenerlo.
Raggiunto il grado ottimale di umidità, le castagne vengono pestate: si procede cioè all’eliminazione delle parti estranee, la buccia e la pellicina. Prima della molitura, si eliminano i frutti che presentano anomalie: questi ultimi e gli scarti precedenti costituiscono il pestumme che viene utilizzato per l’alimentazione del bestiame.
Le castagne mondate sono quindi poste in una tramoggia di legno dalla quale, attraverso un distributore anch’esso in legno, scivolano tra le due macine in movimento (moe, more) costruite con pietra locale. Così sotto la macina del mulino, le castagne secche si trasformano in farina che lentamente scende nel bancà, spandendo un caratteristico profumo dolce e delicato.