In questi giorni è facile trovare sui banchi delle pescherie un pesce molto diffuso nel Tirreno e nel resto del Mediterraneo, dove frequenta fondali sabbiosi e rocciosi tra i cento e i duecento metri: la mostella. Prima del boom economico la mostella era, con sgombri, sardine, acciughe, bughe, sugarelli e naselli, uno dei pesci più comuni sulle tavole dei genovesi. Oggi è poco conosciuto, e non si capisce perché: ha ottime carni bianche, morbide, dal sapore delicato ma non debole. E il suo prezzo è assai contenuto.
Unico difetto, se così si può dire, della mostella, è che è facile sbagliarne la cottura: basta pochissimo tempo in più o una temperatura troppo alta e la sua polpa si disfa e perde fragranza. Bisogna vigilare quindi durante la cottura, che del resto è molto breve, e cogliere l’attimo fatale. D’altra parte, come vedremo, le preparazioni adatte a questo pesce sono semplici.
La mostella appartiene alla famiglia dei Gadidae, la stessa dei merluzzi nordici. Il suo corpo è allungato, con le pinne pettorali filiformi e arriva a una sessantina di centimetri. In commercio la troviamo con lunghezze che vanno dai 15 ai 50 centimetri. Presenta un corpo dalla forma ovale, oblungo, muso ben sviluppato con occhi molto grandi, ampia bocca con lungo barbiglio. Il colore del dorso è bruno scuro o bruno rossiccio sempre più chiaro verso il ventre.
Come possiamo cucinarla? Gli esemplari più piccoli si possono fare infarinati e fritti, gli altri vanno bolliti o cotti al vapore o in acquapazza.
Per l’acquapazza occorrono acqua, un po’ di vino bianco, olio, prezzemolo tritato o altra erba aromatica, cipolla, aglio, pomodorini o pomodori maturi. Il vapore è forse l’ideale per questo pesce ma chi non dispone di cestelli e vaporiere otterrà un ottimo risultato con la bollitura. Si mette il pesce in pentola nell’acqua fredda con il sale, cipolla, sedano, carota, gambi di prezzemolo. Bisogna sorvegliare la cottura, che deve avvenire a fuoco molto basso, e appena la polpa è bianca e si stacca facilmente dalla lisca, spegnere il fuoco. Poi si lascia che brodo e pesce tornino a temperatura ambiente.
A proposito del brodo: è così buono che sarebbe un peccato buttarlo via. Potreste farne un fumetto da impiegare per risotti, sughi per la pasta, zuppe. Il fumetto va impiegato a breve oppure surgelato. Per ottenerlo, una volta tolto il pesce rimettete nel brodo le lische centrali, aggiungete un poco di vino bianco e fate cuocere per un’ora. Quindi lasciate riposare il liquido, in modo che le parti solide si depositino sul fondo, e filtrate con un colino.
Ora torniamo alla nostra mostella. Non rimane che togliere le spine con delicatezza e servirla con un pizzico di sale e un filo di olio extravergine ligure di oliva taggiasca. Il succo di limone rischia di alterare il suo sapore, meglio andarci piano o farne a meno.
Potremmo accompagnarla con un Vermentino dei colli di Luni.
Placet experiri!