L’analisi costi benefici su opere come il Terzo Valico dovrebbe concludersi entro Natale. Poi occorreranno tutte le valutazioni politiche del caso, quindi i tempi si allungheranno ulteriormente. Lo ha annunciato Marco Ponti, 77 anni, economista, chiamato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per l’ormai nota “analisi dei costi benefici” sulle grandi opere in corso o in via di realizzazione, presente oggi a Genova al Forum di Pietrarsa “Da Genova un binario per l’Europa”, che si è tenuto questa mattina a Palazzo Ducale di Genova, città scelta proprio dopo il crollo del Ponte Morandi.
Per riassumere la giornata in poche parole: un confronto tra i relatori provenienti da diversi ambiti del mondo dell’industria, dei trasporti e della logistica (l’organizzazione è di Assoferr e Confetra, in rappresentanza del trasporto cargo su ferro) supportati dalla numerosa platea (tutti a favore delle opere necessarie per lo sviluppo delle infrastrutture ferroviarie) e lo stesso Marco Ponti.
Chi è Marco Ponti
Ponti, laureato in architettura al Politecnico di Milano, ha studiato negli Stati Uniti e poi ha lavorato nei trasporti in giro per il mondo per 13 anni come consulente per la Banca Mondiale. È stato consulente di molti ministri dei trasporti e economici, è stato consigliere di amministrazione di due società pubbliche, è stato professore ordinario di Economia al Politecnico. È responsabile di un gruppo di ricerca internazionale sulla regolazione economica dei trasporti, e collabora con la Commissione Europea.
Guido Gazzola, presidente di Assoferr, spiega: «Genova aveva bisogno di un segnale forte che dicesse che le infrastrutture in questa città sono indispensabili. Non è mai inutile parlare ancora di “cura del ferro”. Siamo talmente indietro nel trasporto intermodale rispetto a quanto sarebbe necessario, che dovremmo parlarne fino al 2030 o al 2050».
Lui sciorina alcune cifre, per supportare la sua posizione, nota da anni, sul fatto che i soldi spesi per le grandi opere sono troppi rispetto alle entrate fiscali e agli introiti commerciali. Per esempio spiega che spesso non si tiene conto dell’effetto del peso dei treni sui binari dell’alta velocità, facendo impennare i costi di manutenzione.
Il sindaco di Genova Marco Bucci risponde per le rime, prendendosi applausi a scena aperta: «Perché per esempio non sono considerate le autostrade del mare? Oggi il porto di Genova ha un vantaggio enorme di 5-6 giorni in termini di tempi per chi arriva dall’Asia rispetto a Rotterdam, saremmo davvero infantili a perdere questo fattore di competitività. Mi farei però anche un paio di altre domande: i 25 miliardi da spendere, facendo la somma di tutte e tre le categorie chi se li prenderebbe in tasca? Guardando poi le cifre possiamo ben capire come siamo indietro rispetto al resto d’Europa e quanto poco basterebbe per sistemare le cose».
Ponti sembra paradossalmente difendere i trasporti stradali.
Il commissario per la tratta ad alta velocità Torino-Lione Paolo Foietta replica: «Il tunnel del Frejus ha 150 anni e richiede investimenti di adeguamento molto rilevanti entro il 2021, attualmente esistono significative limitazioni per il trasporto di merci pericolose, inoltre la Francia è il secondo maggior partner commerciale dell’Italia con 47 miliardi di dollari di esportazioni, oltre il 10% delle esportazioni italiane. Oggi la rotta preferita dall’Asia per l’America è proprio il Mediterraneo, ma non basta arrivare ai porti per il commercio e le materie prime. Da qui nasce la Torino-Lione».
L’Italia è un paese povero di materie prime, che ha bisogno di importare e ricco di materiali trasformati da commerciare, le vie di comunicazione sono quindi necessarie.
Foietta ribadisce che l’analisi costi benefici non sostituisce la politica e cita l’esempio di un’opera in Spagna, in cui l’analisi costi-benefici si è mostrata negativa, mentre oggi l’infrastruttura è la più usata del paese: «Questo metodo è facilmente manipolabile, figlio del contesto che si vuole creare. Non avendo nessuna contezza su come verrà fatta l’analisi in Italia, è lecito avere dei dubbi, visto che nella struttura praticamente tutti gli esperti sono noti per le loro posizioni anti Tav».
Foietta aggiunge: «Il governo continua a non volermi incontrare, io devo riferire al presidente del consiglio e al ministro delle Infrastrutture, fino all’ultimo giorno continuerò a fare il mio lavoro scrivendo invece che dicendo, ma posso dire che è assurdo abbandonare tutto: «Dal 2019, in caso di ritardi, la perdita sarà di 75 milioni al mese. Mi sembra di capire che, più che a rimettere in discussione l’opera, questo tipo di analisi serva per prendere tempo, magari per traghettare la scadenza alle elezioni europee».
Dal canto suo Ponti spiega che questo tipo di analisi sono fatte su standard europei e che terranno conto di tanti fattori, anche se confida che «nessuno è perfetto». Quali siano questi fattori non è dato saperlo, almeno secondo quanto sostengono diversi esponenti intervenuti oggi, a partire da Nereo Marcucci di Confetra: «Chiediamo trasparenza e porte aperte e soprattutto che tutto si concluda in tempi rapidi, per capire se vivere, sopravvivere o crepare. Penso che oggi neanche mago Merlino possa immaginare le conseguenze della Belt and road. Oggi abbiamo i valichi impegnati in modo ossessivo, rappresentano ragioni di costo per lo Stato, penso alle patologie derivanti dall’inquinamento per esempio. Inoltre Austria, Svizzera e Francia creano elementi di turbolenza per nostre infrastrutture, penso all’obbligo per i nostri autotrasportatori di fare parecchi km in più perché non possono passare da alcune strade. Oggi la ferrovia è una scelta o una necessità? È utile o indispensabile? Rispetto ogni decisione che cerchi di chiudere la forbice economica e culturale, ma chiediamo di riuscire a capire su cosa si sta lavorando, i parametri usati e se sono finalizzati all’obiettivo di mantenere l’Italia player europeo nonostante le Alpi».
Il punto debole dell’analisi costi benefici per un’opera già finanziata con partner europei per esempio, è che gli aspetti finanziari non sono presi in considerazione. Per esempio l’ipotetico rimborso del miliardo e mezzo speso dalla Francia nella Tav in caso non venisse realizzata la Torino Lione (non si parla di penali, solo di quanto è stato già speso).
Qui l’audio dell’intervista a Marco Ponti, che si difende:
Parole di mediazione da parte della dimissionaria Jolanda Romano, commissario del Terzo Valico: «Non mi riconosco in questo tipo di dibattito che guarda solo ai numeri e non gli uomini. Il governo precedente aveva fatto una scelta: la strategia della cura del ferro, il rafforzare linee ferroviarie. Mi rendo conto che oggi i numeri sembra debbano obbedire alle strategie, possono essere utilizzabili a suffragio di una o dell’altra teoria. La domanda che faccio è, vogliamo strade intasate? Al di là dei tecnici comunque la scelta spetta alla politica».
Per Giovanni Mondini, presidente di Confindustria Genova, occorrerebbe che, una volta approvate, le grandi opere, dopo aver avuto l’ok della valutazione ambientale e del dibattito politico con la società civile, non possano essere più messe in dubbio «a prescindere da chi c’è al governo, altrimenti ogni volta subiranno ritardi e intoppi. Va ricordato, tra l’altro, che anche per le valutazioni si spendono un sacco di soldi e che su queste opere c’è chi pianifica investimenti. Questo è un malessere che riguarda tutto il Paese».
Sembra insomma ancora necessario dover parlare di binari per l’Europa. «Un porto con le ambizioni di Genova – specifica Giampaolo Botta, presidente di Spediporto – che sono ambizioni che legano la portualità ligure al NordOvest, necessita dello sviluppo di un’infrastruttura ferroviaria importante, perché i traffici crescono, le prospettive sono di uno sviluppo crescente nei prossimi 10 anni, quindi abbiamo bisogno di adeguare le nostre infrastrutture dal lato terrestre non soltanto pensando ai camion, ma anche e soprattutto alla ferrovia. Lì possiamo guadagnare una capacità competitiva superiore all’attuale riversando nel centro dell’Europa la capacità produttiva dei nostri porti».
Non fa sconti, come suo solito, Gian Enzo Duci, presidente di Federagenti: «Siamo di fronte a una situazione che non ci aspettavamo, cioè di dover ricominciare a discutere di concetti che ormai davamo per acquisiti. Ben venga un’occasione come questa. È importante che qui oggi si faccia chiarezza sul fatto che quello che è un collegamento che erroneamente chiamiamo Terzo Valico e che dovremmo invece chiamare primo collegamento tra Genova e la Pianura Padana e quindi poi l’Europa sia fondamentale. Credo che l’analisi costi benefici, se fatta in maniera corretta, non possa che dare un esito positivo, e quindi di conseguenza non abbiamo timori o dubbi sul fatto che l’opera possa essere in qualche modo bloccata. Quello che invece temiamo è che ci sia una sorta di ostruzionismo nella realizzazione a fini più tattici, cioè: ritardiamo di 3 mesi determinati lavori perché da un punto di vista elettorale può essere utile per qualcuno in un determinato micro territorio. Questo non lo possiamo accettare, e quindi dobbiamo tenere estremamente alta l’attenzione sulla messa a terra dell’opera. Sul fatto che l’opera debba essere fatta, dubbi non ce ne sono».