Sono 42 gli spin off dell’Università di Genova, operativi nei settori più svariati: dalle nanotecnologie all’ambiente, dalle biotecnologie all’information tecnology e così via. Si tratta della terza università italiana in termini di volumi di attività (3,7%) per percentuale dopo il Cnr (5,5%) e il Politecnico di Torino (5,4%).
Tutti questi “figli” della ricerca universitaria sono stati raccolti in un catalogo presente anche online con l’obiettivo di diffondere maggiormente le informazioni alle imprese che possono essere interessate, imprese non solo liguri ovviamente. La presentazione ufficiale questa mattina al dipartimento di Architettura in salita Sant’Agostino.
A occuparsi del trasferimento tecnologico c’è un ufficio ad hoc che si occupa dell’individuazione di dipartimenti, centri, laboratori e ricercatori con cui collaborare, di cercare e diffondere notizie sull’opportunità di finanziamento a sostegno della collaborazione congiunta tra imprese e università; di offrire assitenza nella richiesta di finanziamenti e nell’individuare le opportunità di collaborazione, di promuovere il trasferimento tecnologico attraverso la diffusione dei risultati delle ricerche in vista di collaborazioni con le imprese, gli accordi di trasferimento tecnologico, affidamento di incarichi e contratti all’Università.
I numeri dell’Università di Genova sono particolarmente importanti: 200 milioni di budget, 2.500 dipendenti, 32.000 studenti, 300 medici forniti agli ospedali universitari, oltre appunto alle attività di consulenza e spin off. Tuttavia, secondo Michele Piana, prorettore uscente alla Ricerca e trasferimento tecnologico (sarà sostituito da Marco Invernizzi a partire da novembre), occorrerebbe «uscire di più da quello che l’Università sembra essere: un magazzino pieno di tante belle cose, ma poco diffuse all’esterno». D’altra parte oggi i metodi di finanziamento degli Atenei, a livello italiano ed europeo, non si basano sul trasferimento tecnologico, ma sulle pubblicazioni.
Genova, tra l’altro ha delle potenzialità straordinarie: ospita 12 istituti del Cnr in città, di cui 3 sono sede nazionale. Oltre all’Istituto italiano di tecnologia, può contare sull’Istituto nazionale di fisica nucleare, su 2 istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, su circa 200 startup innovative, su incubatori d’impresa, 5 poli regionali di ricerca e innovazione e due distretti tecnologici.
«Occorrono però alcune misure tecniche per agevolare “l’uscita dal magazzino” – spiega Piana – intanto abbiamo cercato di semplificare il regolamento, partendo con ridotti oneri iniziali e solo una particolare attenzione agli aspetti giuridici per poi effettuare un controllo formale più severo dopo 3 anni e ancora più severo dopo 6 anni, andando a controllare l’equilibrio economico-finanziario e quanto effettivamente è stato “dato” all’Ateneo».
L’Università ha anche lavorato sullo scaling up, la crescita di questi spin off, attraverso la creazione dell’Innovation Hub in collaborazione con la Fondazione Ricerca & Innovazione e Confindustria Genova: «Abbiamo ampliato gli sportelli, aumentato i rapporti con gli incubatori di imprese, creato il database e il portale per consulenze, la formazione, il fund raising».
Un supporto ai ricercatori è stato dato anche con oltre 130 incontri con potenziali imprenditori e organizzando la “summer school” di Netval (Network per la valorizzazione della ricerca universitaria) a Loano, oltre che con le partecipazioni alla Smartcup e anche attraverso il progetto “Start Cup umanistica-sociale”, solo per citare alcune iniziative.
«Il fatto che siano molti i soci degli spin off esterni all’università, fa capire che siamo sulla buona strada», dice Piana.
Tra i risultati più apprezzabili di questi anni il fatto che uno spin off sia stato scelto per l’impianto faro di Ansaldo Energia (Smart Track, piattaforma di Internet of things per la sicurezza dei lavoratori), di aver ricevuto l’innovation award riservato alle start up innovative (Artys, con lo smart rainfall system, per monitorare in tempo reale piogge e gestire il rischio idrogeologico) a un contratto con il Comune di Laigueglia per i biofiltri che servono per pulire le acque (Muds).
La strada è ancora lunga
Secondo Piana occorre però riflettere su alcuni aspetti: «La brevettazione costa molto e rende poco. Abbiamo bisogno di investimenti e un supporto legato alle grandi industrie. Troppo scarsa ancora l’interazione con le aziende, fondamentale per raggiungere mercato più facilmente, deve crescere anche l’nterazione con i poli regionali, sinora legata a iniziative singole».
Due le scommesse in corso: l’Università fa parte di uno degli otto centri di competenza in industria 4.0 in via di finanziamento, guidato dal Cnr, con dentro 40 aziende e startup. Estendere il great campus degli Erzelli all’interno mondo delle attività produttive genovesi, trasformandolo in great gate.
Secondo Andrea Piccaluga, presidente Netval (che ha come soci 57 università, 6 Irccs, 7 organizzazioni di ricerca pubbliche e 2 fondazioni), occorre intanto aumentare il personale negli uffici dedicati al trasferimento tecnologico: «Sono solo 280 persone in Italia». Grazie a un’iniziativa del Mise (l’ufficio brevetti Uibm), le Università avranno un contributo importante per l’assunzione di queste figure.
Negli ultimi 10 anni sono stati 1336 gli spin off in Italia, non tutti sono ancora in attività, tanto che Netval ha pubblicato le 10 proposte per migliorare il sistema di trasferimento tecnologico, con la consapevolezza che «la generazione di ricavi non deve essere la motivazione principale, ma generare impatto con le invenzioni».
In ogni caso, a distanza di qualche anno è per esempio migliorato il dialogo con i “venture capitalist” e si sono creati contatti internazionali (Iran, Cina, presto in Israele), inoltre Netval ha anche approntato una vetrina online con tutti i brevetti universitari spiegati in modo semplice e comprensibile, ma anche un sito per tutti gli spin off italiani.
Giovanni Volpato, direttore operativo della Fondazione Ricerca & Imprenditorialità, ha presentato il bando per Tech Up 2018 per raccogliere le migliori proposte progettuali di giovani realtà innovative, start up, spin off, Pmi, professional e ricercatori, per rispondere ai bisogni di tecnologie emergenti espressi dalla grande impresa. Tra i principali soci della Fondazione ci sono aziende come Leonardo, Ferrovie dello Stato, Mbda, Iren, ma anche istituzioni scientifiche come l’Iit, la Fondazione Politecnico di Milano, la Scuola Superiore Sant’Anna e un’istituzione finanziaria come Intesa Sanpaolo.