Chiudono in rosso le Borse europee, frenate dall’andamento negativo di Wall Street. Sugli operatori dei due continenti pesa l’aggravarsi della crisi nei rapporti tra Usa e Cina. Oggi sono scattate le tariffe americane su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi e quelle imposte da Pechino su 60 miliardi di dollari di beni made in Usa e si profilano nuovi dazi da entrambe le parti. Intanto le Borse guardano alla riunione della Federal Reserve di mercoledì che dovrebbe annunciare il terzo rialzo dei tassi di interesse da inizio anno, con l’incognita di un eventuale intervento sul costo del denaro a dicembre. Francoforte segna -0,64%, Londra -0,42%, Parigi -0,33%. Milano ha terminato le contrattazioni con Ftse Italia All-Share a 23.606,95 punti (-0,88%) e Ftse Mib a 21.339,87 punti (-0,91%).
A Piazza Affari, il rialzo dello spread penalizza banche e utilities, eccetto Bper (+1,15%). Il petrolio spinge Saipem (+3,61%), confermata anche nel Dow Jones Sustainability World and Europe Index con la prima posizione tra le società del settore “Energy Equipment Services”, mentre Eni (-0,9%) sconta lo stacco dell’acconto sul dividendo.
Sul Forex il cambio euro/dollaro risale a 1,18 per poi tornare in area 1,177 sostenuto dalle dichiarazioni del presidente della Bce di Mario Draghi, che al Parlamento europeo ha previsto una ripresa dell’inflazione core, al netto delle componenti più volatili. Dichiarazioni che alimentano le vendite sui titoli di Stato europei. Volatile la sterlina, in rialzo a 1,313 dollari in scia a rumor relativi a un possibile secondo referendum sull’accordo finale della Brexi
Il Btp, in attesa della nota di aggiornamento del Def con i target per il 2019, ha avuto un rialzo maggiore rispetto agli altri benchmark europei. Lo spread tra il Btp e il Bund chiude a 244 punti base dai 236 punti della chiusura di venerdì (fonte Bloomberg). Il rendimento del decennale del Tesoro sale al 2,94%.
Tra le materie prime salgono le quotazioni del petrolio, con Wti e Brent rispettivamente in area 72 e 80 dollari al barile, in seguito alla riunione dell’Opec che ha evidenziato una minor urgenza di incrementare la produzione nonostante le pressioni degli Stati uniti per ridurre i prezzi.