C’è Stefano Bagnoli, che a 46 anni ha rinunciato a un contratto a tempo indeterminato in una multinazionale con sede a Genova per seguire la propria passione per i gioielli e mettere in piedi un’attività artigiana nel settore. C’è anche la 40enne Valeria Iannizzi, che insieme al marito ha deciso di lanciarsi nella ristorazione, rilevando la trattoria genovese La Lanterna e mantenendo l’intero staff di 10 persone. Luca Fantini ha invece deciso di provarci nel campo dell’economia circolare, «l’economia del futuro», ha precisato, e la sua proposta di sfruttare il lavoro degli insetti per produrre valore dai rifiuti organici (per esempio creando concime), è ora alla ricerca di partnership e di credito per poter mettere radici. Poi c’è Simonetta Grando, friulana, che insieme all’ex collega lombarda, sgomitando in un mondo prettamente maschile, ha scommesso sulla Liguria con l’impresa Garden & Service, che si occupa di progettazione e realizzazione del verde. Ha avuto poco da scegliere invece Barbara Previdi, chiamata improvvisamente a gestire la storica azienda di famiglia, la genovese Menini e Bonfanti, che dal 1917 progetta e realizza macchine levigatrici per pavimenti.
Tutte storie diverse tra loro, ma accomunate da un unico fattore: quello del fare impresa senza alcuna esperienza. Come queste, ci sono le storie degli oltre 700 aspiranti imprenditori che negli ultimi 10 mesi si sono rivolti allo sportello camerale per il sostegno della competitività delle imprese.
Da febbraio 2017 i servizi offerti dallo sportello della Camera di commercio di Genova (attivo dal 1994) sono stati potenziati di tutta la parte digitale, in concomitanza con la preparazione da parte del governo del piano Impresa 4.0: in pochi mesi lo sportello ha affiancato il Pid dell’ente camerale (Punto impresa digitale) nel diffondere tra aspiranti imprenditori e startupper gli incentivi e le opportunità previste da Impresa 4.0.
Una svolta apprezzata da Fondazione Carige, che ha finanziato il servizio insieme a Camera di commercio, con un preciso obiettivo: quello di ridurre il tasso di mortalità delle imprese. «I dati Infocamere – ha spiegato Paolo Momigliano, presidente della Fondazione, nel corso della presentazione del bilancio dell’attività dello sportello camerale – ci dicono che la mortalità in provincia di Genova a tre anni dall’iscrizione al registro imprese è del 33%, ma se guardiamo le imprese accompagnate dallo sportello competitività, il tasso scende al 24%. Questo è stato possibile anche perché abbiamo scoraggiato le avventure troppo rischiose, e in parte perché abbiamo dato un supporto specialistico alle realtà più fragili».
Non a caso, nei primi dieci mesi di attività “potenziata”, lo sportello ha ricevuto 832 utenti, di cui 712 aspiranti imprenditori e 121 imprenditori o lavoratori autonomi già in attività. Ben 139 utenti con le idee poco chiare sono stati scoraggiati dal lanciarsi in avventure imprenditoriali. «In molti sottovalutano alcuni degli aspetti più critici del fare impresa e soprattutto del suo avvio – sottolinea Matteo Gatto del Clp, Centro ligure produttività, a cui è affidato lo sportello – si tratta della creazione dello sviluppo di piani commerciali: il business plan è fondamentale, ma pochi ne conoscono il significato e l’importanza».
I numeri dello sportello
40 seminari attivati per aspiranti imprenditori, 18 incontri sul territorio, 56 consulenze mirate, 20 business plan attivati. 3 seminari per il supporto all’impresa, 58 consulenze mirate.
Proprio l’elaborazione del business plan (finora 20 quelli attivati, 18 in fase di conclusione) è uno dei principali servizi dello sportello: «A ciò si affiancano i seminari di orientamento, consulenze generiche e specifiche, incontri sul territorio, oltre a un primo approccio di ascolto con la persona che si rivolge a noi», aggiunge Gatto. Ma chi è l’utente-tipo che chiede aiuto allo sportello? Incrociando le varie percentuali, si potrebbe dire un italiano (o meglio, un’italiana) over 40 disoccupata: «L’82% sono italiani, il 16% extraeuropei, solo il 2% provengono dall’Unione europea – racconta – I disoccupati sono l’80%, il 19% sono occupati con partita Iva, solo l’1% sono giovani studenti che si vogliono lanciare nell’imprenditoria. Il 46% ha tra i 26 e i 45 anni, ma sono in aumento gli over 40. Le donne sono il 54% degli utenti».
I settori preferiti
42% commercio, 28% artigianato, 24% servizi, 5% turismo, 1% agricoltura
Crearsi un’occupazione non è sempre l’unica motivazione del tentare la strada imprenditoriale: «E per fortuna – commenta Gatto – perché spesso non è facile seguire chi è spinto da tale necessità. In molti casi emerge un bisogno di autonomia, spesso però accompagnato dallo stereotipo del “non dover dare conto a nessuno”. In altri casi lanciarsi in una nuova impresa vuol dire realizzare un sogno coltivato da anni, come nel caso di Stefano Bagnoli, mentre talvolta si vuole cogliere un’opportunità, dando gambe a un’idea considerata vincente».
Quel che è certo è che il Clp «non fomenta nessuno ad aprire un’attività imprenditoriale». I numeri legati ai business plan attivati ne sono una prova: «Non sono elaborati per tutti, ma per chi se lo merita». In sostanza, non per un’idea campata in aria, ma per l’impresa che, una volta nata, ha tutte le carte in regola per continuare a vivere e crescere. Anche perché fare impresa significa scontrarsi con grosse difficoltà, a partire dall’accesso al credito: «L’unica esperienza negativa nel nostro percorso – rivela Valeria Iannizzi – per rilevare la trattoria abbiamo dovuto contare solo sulle nostre forze». A ciò si aggiunge l’aspetto commerciale, troppo spesso sottovalutato da chi tenta questa strada: «Molte volte – ricorda Gatto – ci siamo trovati di fronte a persone esperte e capaci dal punto di vista tecnico, ma per niente brave vendersi». Da questo punto di vista, Iannizzi, ha un punto a suo favore: «Ho sfruttato la mia esperienza nel settore della comunicazione: se con la vecchia gestione La Lanterna era poco social, ora abbiamo una pagina Facebook molto attiva».