Il 31 agosto scade il termine per la presentazione dei piani di monitoraggio delle navi da parte degli armatori: la direttiva europea 2015/757 obbliga a comunicare dati sulle emissioni di CO2 all’Unione Europea. Se n’è parlato in una delle sessioni dedicati al Green Shipping nella Genoa Shipping Week.
Dal primo gennaio 2018 comincerà il monitoraggio a tutti gli effetti da parte di enti verificatori accreditati (alcuni con poca esperienza navale). Tutto ciò arriva in un momento in cui si sta discutendo se rendere il Mediterraneo una zona Eca (Emissions control area, già presente altrove). L’applicazione riguarderà tutte le navi commerciali che scaleranno porti europei, indipendentemente dalla bandiera.
L’impatto del mondo marittimo all’inquinamento in atmosfera è frazionale se paragonato al resto dei trasporti, tenendo conto anche del fatto che con il trasporto in nave si risparmiano altri mezzi di spostamento merce molto più impattanti, tanto che l’Ue non si era ancora occupata di regolamentare le emissioni di CO2.
Il regolamento prevede informazioni fornite da ogni nave e a ogni viaggio e informazioni su base annuale. Il piano deve identificare in modo univoco la nave, la compagnia, deve essere completo e trasparente, non sono ammessi buchi e aree grigie.
Si deve in pratica descrivere come si prevede di calcolare la quantità prodotta e come si pensa di misurare la quantità di combustibile consumato. Per ogni tratta occorrerà per esempio indicare il porto di arrivo e partenza, la quantità trasportata, la quantità di CO2 emessa, il carico trasportato e poi preparare rapporto annuale per lavoro svolto.
Le sanzioni per chi non fornisce queste informazioni possono arrivare anche al divieto di navigazione. Gli armatori – è emerso dal dibattito – sono preoccupati per il fatto che al momento non c’è un livello minimo stabilito, per cui chi ha compiuto comunque investimenti in tal senso, è considerato alla pari di chi non lo ha mai fatto, inoltre il fatto che questo regolamento venga applicato solo in Europa, potrebbe configurarsi una sorta di ostacolo alla libera concorrenza e uno svantaggio per chi ha già pochi margini in rotte meno redditizie. Lo scenario che si intravede è comunque un futuro in cui ci sarà una maggiore tassazione con tariffe portuali differenziate per gli utenti più virtuosi.
L’altra sfida è sul trasferimento di grandi quantità di dati e la loro sicurezza (al 99% saranno conservati a Lisbona, sede dell’Emsa (European Maritime Safety Agency). Ogni compagnia dovrà scegliere un metodo di monitoraggio, ma il punto nodale sarà come verranno usati questi dati.
Tuttavia, il fatto che non esista ancora un benchmark e soprattutto l’impossibilità di paragonare le navi, visto che in mare le velocità sono diverse e il mare stesso è una variabile notevole, le incertezze al momento sono molte.