Una crescita impetuosa e costante, interrotta da qualche scossone nel mese di giugno ma con il grafico che tende sempre a salire: l’andamento a Piazza Affari del titolo di Giglio Group rispecchia lo sviluppo della società di e-commerce 4.0, leader nel settore del broadcast radio-televisivo. Il genovese Alessandro Giglio, che ha fondato il gruppo con sede principale a Roma nel 2003, è ottimista sul futuro della sua azienda ma preoccupato dalla mancanza di visione strategica del governo nazionale.
Giglio Group produce contenuti multimediali che vengono trasmessi, attaverso accordi con operatori e in larga parte attraverso una infrastruttura proprietaria di trasmissioni via fibra e satellite costituita dalla divisione M-Three Satcom, in 46 paesi, 5 continenti e in sei lingue attraverso i propri canali televisivi (Nautical Channel, Giglio TV, Acqua e Playme), visibili su tutti i dispositivi televisivi, digitali, web e mobile. Oltre 150 milioni di persone in 50 paesi seguono i programmi del global broadcasting network di Giglio Group che il 23 maggio scorso ha stretto un accordo pluriennale con Amazon Media in base al quale Nautical Channel è l’unico canale di proprietà di un gruppo italiano presente sulla piattaforma Amazon Channels che lo stesso giorno ha debuttato in Germania, UK e Austria. L’accordo con Amazon fa parte di una serie di accordi commerciali e strategici che hanno accompagnato e sostenuto la crescita del gruppo.
La crescita di valore del titolo, in Borsa sul mercato Aim dal 7 agosto 2015, si spiega con lo sviluppo della società. E gli scossoni?
«Il gruppo è cresciuto tanto – dichiara Alessandro Giglio a BizJournal Liguria – è comprensibile che a un certo punto la gente dica: “ora incasso”. Bisogna quindi tenere conto della presa di beneficio, che c’è sempre, e anche degli effetti dell’andamento dei titoli tecnologici Usa al Nasdaq. Ma credo che certi scossoni violenti nel nostro caso siano stati provocati in primo luogo da gente che ha visto il titolo in portafoglio salire molto e ha deciso di incassare. E credo anche che tutto questo sia fisiologico. Un titolo non può sempre salire. Io sono molto ottimista sul futuro della società, abbiamo ampi spazi di crescita ulteriore. È vero che il gruppo è cresciuto tanto ma lo ha fatto attraverso accordi non solo commerciali, abbiamo stretto accordi pluriennali strategici che produrranno una crescita nel tempo».
Giglio Group oggi ha i suoi mercati più importanti in Cina e negli Usa, seguono Indonesia, Malesia e Vietnam e poi, grazie all’accordo con Amazon, in Uk, Austria e Germania.
Sull’importante mercato Usa oggi c’è la novità rappresentata da Donald Trump che alcuni imprenditori e investitori europei temono.
«Se c’è una cosa che abbiamo capito negli ultimi anni – dice Giglio – è che i nessi tra politica ed economia non sono così evidenti. Quello che posso dire è che indiscutibilmente negli Stati Uniti oggi c’è un impulso ai consumi che giova alle aziende. Io non metterei Trump tra i rischi».
Tra questi l’imprenditore genovese vede piuttosto quello di «essere statici: non prendersi dei rischi – spiega – è la cosa più rischiosa in momenti, come questo, di grande trasformazione».
Giglio pensa al sistema-Paese e al governo. «Stiamo andando incontro a cambiamenti epocali dei nostri stili di vita, del modo di lavorare, perfino dell’aspetto delle nostre città. Spariranno negozi, banche, almeno come li vediamo ora, mestieri, professioni. Il 50% dei lavoratori di oggi tra una decina d’anni avrà un lavoro diverso o non l’avrà. Chi rimane ancorato ai vecchi modelli è destinato a essere sopraffatto».
Il governo per stimolare il sistema produttivo a modernizzarsi ha varato il piano Industria 4.0. Iniziativa apprezzabile, secondo Giglio, ma che rischia di essere vanificata se non inserita in una visione d’insieme. «Il piano – dice – è molto stimolante e anche noi ce ne gioveremo. Se l’obiettivo è quello di spingere le aziende a essere più competitive, a investire nell’innovazione, è molto positivo. Apprezzo il ministro Calenda. Ma è strategico avere una visione del paese di qui a dieci anni, sarebbe gravissimo se mancasse. Dove andiamo? Dobbiamo saperlo. Guai se, quando ci troveremo con metà della popolazione senza il lavoro che aveva prima, non saremo in grado di orientarci attraverso una strategia di contesto che dia senso alle misure intraprese. Dovremo puntare sull’export? Sulla ricettività e il turismo? Mi sembra – osserva Giglio – che questa visione strategica di lungo periodo non ci sia. Vedo un profondo vuoto. Certi progetti, si chiamino reddito di cittadinanza, reddito minimo o altro, anche se fossero sostenibili inciderebbero sulla povertà ma non risolverebbero il problema di fare partire il paese. Io non pretendo di avere soluzioni da proporre. Dico che bisogna sapere immaginare come sarà il paese tra dieci, quindici anni. Questa è la vera, grande sfida».