La volatilità è tornata a essere la protagonista dei mercati. L’inizio della settimana è stato particolarmente negativo per i listini europei, condizionati dall’aumento delle probabilità di Brexit espresse dai sondaggi sulle intenzioni di voto dei cittadini del Regno Unito. Nonostante l’andamento complessivamente negativo dei listini abbiamo assistito comunque a una doppia velocità.
La prima fase fino a mercoledì ha visto un forte ritracciamento. Diversamente, le ultime due sedute hanno visto un marcato recupero soprattutto dei comparti che maggiormente avevano sofferto, in particolare il settore bancario. Il cambiamento di direzione è avvenuto in concomitanza a un atteggiamento dei cittadini britannici, emerso dai sondaggi, più propenso alla permanenza nell’Unione europea.
La domanda per i governativi considerati sicuri, quindi principalmente i Treasury americano e il Bund tedesco, è stata particolarmente forte. Il decennale tedesco ha visto un rendimento negativo per la prima volta, il decennale americano ha toccato un minimo all’1,51%, il livello più basso da circa quattro anni. Una particolare forza è stata dimostrata anche dalle divise considerate un rifugio. Lo Yen si è rafforzato dopo che la Fed ha divulgato mercoledì sera un messaggio particolarmente cauto sui futuri rialzi dei tassi riducendo le attese del mercato a uno solo incremento per l’anno in corso; la Bank of Japan, al termine della riunione di giovedì, non ha comunicato ulteriori stimoli a sostegno dell’economia. Anche il Franco svizzero si è rafforzato mandando la maggior parte delle scadenze dei titoli governativi (anche quella a 30 anni) in territorio negativo.
Durante la conferenza stampa al termine della riunione della Fed, la presidente Janet Yellen, ha sottolineato il rallentamento della creazione dei posti di lavoro in America e l’incertezza dell’esito del referendum in Gran Bretagna a sostegno dell’atteggiamento attendista che ha caratterizzato quest’ultimo meeting. Sebbene la maggior parte dei membri del Fomc veda ancora due rialzi dei tassi per il 2016, è aumentato a 6 su 17 il numero dei votanti che vede un solo rialzo durante l’anno. Sono stati invece ridotti i livelli dei tassi attesi nel 2017 e nel 2018 rispettivamente a 1.6 e a 2.4. Il prezzo del petrolio ha registrato un’elevata correlazione con i listini azionari anche questa settimana, chiudendo anch’esso in ribasso. Diversamente, l’oro ha beneficiato della turbolenza dei mercati, toccando giovedì i massimi degli ultimi due anni.
Dopo mesi di sondaggi, giovedì si voterà in Gran Bretagna. Negli ultimi mesi il rischio di Brexit ha progressivamente dominato i mercati, dapprima soprattutto quelli valutari e nelle ultime settimane anche quelli azionari e obbligazionari. Gli esperti si aspettano che la settimana entrante sarà profondamente condizionata dapprima dai sondaggi sull’orientamento al voto e poi dall’esito del referendum. Le attese sono di una reazione al risultato particolarmente marcata.
Negli Stati Uniti mercoledì Yellen testimonierà in un’occasione pubblica. Le attese sono principalmente per un’ulteriore conferma del messaggio della scorsa settimana, ma non si può nemmeno escludere la possibilità di toni più aggressivi per correggere l’attuale dinamica di mercato dei tassi americani. Per quanto ridotti per importanza dall’esito del referendum, dal punto di vista macroeconomico, saranno rilevanti i dati relativi all’andamento dei beni durevoli e la stima da parte di Markit dell’indice Pmi manifatturiero (venerdì 24 p.v.), i dati del settore immobiliare e l’andamento delle nuove richieste di disoccupazione.
In Eurozona, saranno pubblicate le stime di Markit degli indici manifatturieri e dei servizi, l’indice Zew sulla fiducia degli esperti finanziari rispetto alle prospettive di crescita e l’indice di fiducia dei consumatori.