Si chiama Casa Villara ed è una delle aziende agricole che allevano una specie avicola che per natura è poco economica in questi tempi in cui nell’industria dell’agroalimentare per fare un pollo bastano due mesi.
Il gallo nero della val di Vara impiega un anno per diventare adulto e con un esemplare si riescono a sfamare circa sei persone: tutto il contrario di quello che chiede il mercato. Eppure Giovanna Simonelli e altri pochissimi coraggiosi, hanno deciso di puntare su questa specie «molto particolare nel gusto – sostiene l’allevatrice – perché più saporita, come le sue uova del resto, che a differenza di quanto ci si possa aspettare, sono più piccole rispetto a quelle delle altre razze».
Simonelli è uno dei produttori referenti del presidio slow food del gallo nero della val di Vara, una razza maestosa che era quasi scomparsa nel dopoguerra: il piumaggio è nero, setoso, dai riflessi metallici verdi, il peso è di oltre tre chili, la cresta è rossa e a cinque punte. La carne del gallo nero è più scura, segno che gli esemplari vivono all’aperto e si cibano anche “pascolando”. Il carattere è docile.
«Ho circa un centinaio di capi – racconta – in tutto sono un migliaio gli esemplari allevati da chi ha deciso di puntare su questa razza, ancora pochi per poter rendere sostenibile l’attività, ma c’è un motivo ben preciso se non siamo ancora decollati». La causa è l’assenza di un macello certificato Cee. Gli allevatori hanno un piccolo macello che però solo in questi giorni si sta mettendo in regola con tutta la burocrazia e gli adempimenti necessari per fare in modo che anche altri tipi di animali possano essere macellati lì. «Una volta sistemato – auspica Simonelli – potremo finalmente partire e aumentare i capi».
Rispetto alla “tabella di marcia” si sono persi tre anni, ma i produttori come Simonelli non mollano: «Ci crediamo e lottiamo per mantenerlo ora che abbiamo recuperato la razza». Il presidio è stato sostenuto economicamente da Slow Food, mentre il Comune di Rocchetta Vara ha donato i locali alluvionati della scuola, dove abbiamo potuto costruire il macello.
«Ho aperto l’azienda agricola nel 1992, poi l’agriturismo nel 1998 – racconta Simonelli – ristrutturando un rudere disabitato da 35 anni e sottraendo al bosco i terreni circostanti. L’azienda è certificata bio, produco vino, olio, che porto anche al mercato a “km 0” di piazza Fregosi alla Spezia, l’alluvione ha rappresentato un duro colpo per noi, per i tre anni successivi l’agriturismo ha sofferto davvero molto. Ora stanno tornando gli stranieri, ma sono sempre soste di uno o due giorni».
L’auspicio è che il presidio del gallo nero possa far incrementare gli affari all’azienda di Beverino.