Dalle albicocche ai semi di zucca, dalle nocciole agli anacardi, passando per i frutti esotici e i datteri: la frutta secca distribuita sugli scaffali dei principali supermercati italiani ha un unico denominatore comune, la genovese Madi Ventura, che rifornisce quasi tutta le catene della grande distribuzione in Italia.
Nata negli anni Quaranta con l’originario marchio Ventura, nel 1999 l’azienda si è fusa con un’altra storica azienda del settore, la Madi di Milano, diventando la maggiore realtà italiana per volume d’affari nel campo della frutta secca: «Una scommessa vinta – commenta l’amministratore delegato Giovanni Calvini – L’ultimo anno si è chiuso con numeri molto positivi: 105 milioni di euro di fatturato e un incremento del 10% rispetto all’anno precedente». Un mercato che, nonostante le difficoltà, ha continuato a crescere a buon ritmo: «In controtendenza rispetto ad altri settori, l’apprezzamento verso il prodotto e i suoi valori nutrizionali non è calato», spiega Calvini.
A incidere, almeno in parte, sull’aumento delle vendite, anche una maggiore attenzione sul mondo vegano e vegetariano, ma non solo: «Le tendenze del mercato aiutano, ma negli ultimi tempi c’è anche una vera e propria riscoperta del piacere di cucinare nella propria casa – dice l’ad– un valore tornato alla ribalta grazie anche ai programmi televisivi o alle riviste di cucina. Questo sicuramente ha aiutato, perché molti dei nostri prodotti sono adatti anche all’utilizzo tra i fornelli». Per la propria crescita, l’azienda ha puntato anche su determinati segmenti di consumatori: «Per esempio gli sportivi e gli amanti del fitness, ai quali ci rivolgiamo soprattutto con l’ultima linea lanciata con il nostro brand, i mix Bontà e Benessere: si tratta di ricette studiate apposta per avere determinate proprietà nutrizionali».
Linee prodotte e confezionate nello stabilimento aziendale che ha sede nel cremonese: qui si svolgono le fasi di controllo, selezione ed eventuale tostatura del prodotto, per procedere poi con la lavorazione e il confezionamento, sia con la marca dell’azienda, sia con quelle private delle catene di grande distribuzione. La maggior parte della frutta proviene da America, Medio Oriente e Paesi Nordafricani: «Importiamo principalmente da Stati Uniti, Brasile, Cile, Turchia, Egitto, Tunisia e Israele – precisa Calvini – Mentre esportiamo ancora molto poco: è difficile proporre all’estero questo tipo di produzione».
Una realtà industriale in cui sono impiegate circa 70 persone e che guarda al 2016 con positività: «Riteniamo che il mercato abbia ancora importanti margini di sviluppo – dice Calvini – in particolare, confidiamo che proprio il consumo pro capite possa ancora aumentare. E anche dal punto di vista aziendale abbiamo in serbo diversi progetti per il futuro». Ma per ora, non si svela nulla.