È stato annunciato già da qualche settimana il nuovo sistema regionale di allertamento per la Regione Liguria: lo ha adottato la giunta regionale.
Niente più Allerta 1 e Allerta 2, ma codici colore (giallo, arancione e rosso) in crescendo di pericolosità e l’introduzione dell’allerta anche per i temporali (prima era previsto solo un avviso, ma è stato proprio un temporale a provocare l’alluvione del 9 ottobre 2014).
Molti scoprirono proprio durante le alluvioni del 2011, che Allerta 2 fosse peggio di Allerta 1. Come dare torto a chi peccava di ignoranza, visto che sin da bambino impari che essere numero 1 vuol dire essere al di sopra degli altri, il massimo possibile.
E invece no. Per la Protezione Civile 1 sta sotto a 2, perché la scala comincia dallo 0 e cresce di pari passo con la prevista intensità del fenomeno.
C’è di peggio: allo scenario espresso coi numeri, corrisponde un aggettivo che viene associato al livello di criticità che può essere ordinaria, moderata, elevata. Il cittadino comune, sentendo o leggendo uno scenario di criticità ordinaria cosa penserà? Che probabilmente verrà un acquazzone che darà un po’ fastidio a chi dovrà muoversi a piedi; del resto la definizione di ordinario sulla Treccani è questa: “che non esce dall’ordine, cioè dalla norma o dalla normalità, e quindi solito, consueto, comune, regolare”. Il fatto che questo aggettivo venga associato a criticità, cioè a qualcosa che è in relazione con una crisi, perciò grave, difficile, pericoloso, può generare false aspettative in chi non è addetto ai lavori.
Una criticità ordinaria idrologica, lo ha spiegato bene Arpal in uno dei corsi di formazione dedicati ai giornalisti, per fare un esempio genovese, è il sottopasso di Certosa sommerso dall’acqua, o i tombini che saltano in parte della città.
Una criticità moderata invece è associata a un alto livello dell’acqua dei torrenti alti e ad allagamenti generalizzati.
La criticità elevata corrisponde a esondazioni e a tutto quanto di peggio si possa pensare.
Stessi vocaboli usati anche per gli scenari nivologici: ma una criticità moderata per Genova corrisponderebbe alla nevicata del secolo, perché equivale più o meno a 40 cm.
I colori sono più intuitivi: nell’immaginario collettivo il rosso è il pericolo massimo. Quello che serve è però una comunicazione ancora più efficace, in modo che il cittadino possa capire subito che cosa potrebbe succedere.
La chiave – purtroppo – del successo di alcuni siti privati nazionali che si spacciano per meteorologi infallibili (salvo poi cambiare a posteriori certe previsioni-chiave), è nell’aver semplificato all’estremo il linguaggio, rendendolo appetibile anche per i media stessi. Per esempio è diventato usuale dare i nomi ai cicloni e agli anticicloni senza fare riferimento all’unico ente che ha standardizzato questa prassi in Europa continentale: l’Istituto Tedesco di Meteorologia dell’Università di Berlino.
Il discorso non è limitato solo alla meteorologia e alle misure di protezione civile: la carenza di semplificazione nel linguaggio che serve a enti e istituzioni per comunicare con i cittadini è da sempre una delle piaghe dell’Italia: ma le conseguenze sono molto più gravi quando si parla di informazione in caso di pericolo per le persone.
Il burocratese giova solo ai burocrati e, probabilmente, alla politica.
Scardinare questa abitudine, attraverso disposizioni ufficiali e una formazione mirata nei confronti dei dipendenti stessi, sarebbe il primo passo verso la tanto decantata trasparenza di cui tutti i candidati si riempiono la bocca in campagna elettorale, salvo poi procedere come sempre, allargando sempre di più la forbice nel rapporto tra cittadino e istituzioni.