Infrastrutture extra-portuali e burocrazia a parte, il Porto di Genova ha tutte le carte in regola per ricoprire un ruolo di primo piano nella nuova via della seta, il faraonico progetto che la Cina, con un investimento complessivo di circa 1.400 miliardi di dollari, sta mettendo a punto principalmente per incrementare l’interscambio commerciale con l’Europa.
Obiettivi della Belt & Road initiative:
– incrementare e rendere efficiente il commercio tra Cina e Paesi Europei.
– accedere e diversificare le fonti di approvvigionamento energetico.
– espandere l’influenza politica ed economica
cinese.
– fare della Cina il nuovo “Paese di centro” sostituendosi agli USA come nuovo attore globale.
– esportare la sovra-capacità produttiva cinese
L’iniziativa strategica, lanciata nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping, si sviluppa su due corridoi, uno terrestre (One Belt), attraverso l’Asia Centrale, e uno marittimo (One Road) attraverso l’Oceano Indiano e l’Africa. Una grande opportunità per il porto genovese. Se questo sia in grado o meno di coglierla è stato uno dei temi del convegno che si è svolto questo pomeriggio in un gremito Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale: “The new silk road for Italy”, organizzato da Comune di Genova in collaborazione con Rina, Baker McKenzie, Eaternational Connecting, la Federazione nazionale dei cavalieri del lavoro e Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura.
La via della seta toccherà 63 nazioni, oltre la Cina, per un totale (per ora) di 900 progetti per realizzare nuove infrastrutture. Secondo i dati snocciolati da Zhang Gang, delegato del governo cinese per il progetto, la Belt & Road porterà 180 mila nuovi posti di lavoro e un interscambio commerciale da 780 miliardi di dollari lungo il percorso.
Qualche numero sulla Cina:
Il Pil ha raggiunto i 13 mila miliardi dollari, +6,9% sul 2016. L’interscambio commerciale con l’Europa vale 4.280 mld dollari, di cui 2.360 mld di export e 1920 mld import. La cinesa ha investito 120 miliardi all’estero, mentre 135 miliardi sono stati gli investimenti stranieri in Cina. 8 mld gli investimenti cinesi in Italia nel 2015, contro gli 11 mld del 2016.
Il percorso via mare parte dalla Cina e tocca Indonesia, Vietnam, Sri Lanka, Kenya, il canale di Suez, il Pireo e l’Italia (Adriatico o Tirreno). Via terra si tratta del percorso transiberiano che dalla Cina arriva fino in Russia e Turchia, per poi raggiungere l’Europa centrale e toccare Rotterdam. Il corridoio marittimo è più economico rispetto a quello via ferro, ma anche più lento (la linea ferroviaria che collega la Cina all’Europa e che termina a Duisburg, Amburgo e Rotterdam impiega circa 14 giorni di viaggio, quasi la metà del tempo impiegato via mare). Inoltre, la movimentazione marittima delle merci non solo non ha il problema del freddo siberiano e degli altipiani kazaki, ma i nuovi treni possono movimentare potenzialmente 300-500 mila container l’anno, a fronte dei 20 milioni movimentati via mare.
In tutto ciò, un posto per il porto genovese c’è, ma per occuparlo il capoluogo ligure deve saper fare un salto di qualità e riuscire a battere la concorrenza di Venezia e Trieste, nonché di Rotterdam e del Pireo, dove i cinesi di Cosco Shipping Corp hanno già investito 368,5 milioni di euro nel 2016, acquistando oltre il 60% delle banchine e portando 2.600 nuovi posti di lavoro. Per lo scalo greco l’operazione ha consentito di passare dai 500 mila ai 3,1 milioni di container l’anno.
Per essere davvero competitivo in Europa e prendersi quel posto lungo la via della seta, il porto di Genova deve puntare ai 20 milioni di teus movimentati. Obiettivo ambizioso, ma raggiungibile: «Perché non abbiamo nulla da invidiare ad Amburgo per ciò che riguarda le strutture, per esempio – afferma Marco Donati, general manager di Cosco Shipping Lines Italy – Possiamo avere un vantaggio temporale sul porto di Rotterdam anche di 10 giorni. Abbiamo ottime competenze. Ma le difficoltà arrivano una volta varcati i confini del porto: opere come il Terzo valico e la Gronda devono essere ultimate nei tempi previsti, senza più nessun ritardo». Altro nodo cruciale, la burocrazia: «una banalità che però non viene messa in pratica – sottolinea Donati – non possiamo permetterci che i contenitori restino in porto giorni e giorni. Le operazioni di sdoganamento devono essere rapide, bisogna mettere i porti italiani nelle condizioni in cui le merci stazionino il meno possibile. Solo così si guadagna tempo e si fa risparmiare sui costi: due fattori che rendono uno scalo competitivo sul mercato».
Da parte sua, il sindaco di Genova Marco Bucci, in apertura, si è impegnato «affinché l’amministrazione comunale rivesta il ruolo di facilitatore. Vorrei che tra qualche anno – spiega il primo cittadino – si possa dire che tutto è andato bene perché l’amministrazione non ha messo i bastoni tra le ruote». Il riferimento è ovviamente ai 12 miliardi di euro che verranno spesi nelle infrastrutture genovesi e liguri, prima fra tutte proprio il Terzo Valico (che sarà completato nel 2022), l’ultimo tassello di un percorso strategico che collega Genova alla Svizzera e alla Germania e di cui fanno parte anche Milano Smistamento, Arcisate Stabio, Monte Ceneri, il Tunnel del San Gottardo, Loetschberg.
La strada per entrare in Europa dal Tirreno è segnata. Non resta che aprire le porte.