Capire se lo scioglimento dei ghiacci antartici a causa del riscaldamento globale, potrebbe essere anche l’inizio di una sorta di autoregolazione naturale del pianeta. Merito del ferro che, intrappolato nei ghiacci in scioglimento, andrebbe ad arricchire le acque fredde, stimolando la crescita delle microalghe, che quindi assorbirebbero attraverso la fotosintesi maggiore anidride carbonica.
È lo scopo dell’ultima missione in Antartide del dipartimento di Chimica e Chimica industriale dell’Università di Genova. L’ultima spedizione ha visto restare quasi due mesi ai confini del mondo Paola Rivaro, professore associato, e Francisco Ardini, assegnista, oltre che Enrico Olivari del dipartimento di Scienze della terra, dell’ambiente e della vita. Nell’ambito del Pnra (Programma nazionale di ricerche in Antartide), l’Enea gestisce la parte logistica, il Cnr quella scientifica.
«Faccio parte del progetto Antartide dal 1994 – racconta Rivaro – questa è la mia ottava missione, in particolare ci stiamo concentrando sul rilascio del ferro, che è un fertilizzante delle acque marine». Il progetto si chiama Celeber, Cdw effects on glacial melting and on bulk of Fe in the Western Ross sea. I chimici genovesi studiano la composizione delle acque, mentre ricercatori di altre discipline e di altre università (Napoli Parthenope e Federico II, per esempio) si occupano di capire gli effetti fisici e biologici del surriscaldamento delle acque.
«La nostra base era la nave Italica – spiega Ardini – che è uno dei tre “luoghi” di ricerca nel Continente, gli altri due sono la base costiera Zucchelli, operativa d’estate e la Concordia, attiva dal 2005 e attiva tutto l’anno, anche in condizioni estreme con temperature che superano i -80 gradi centigradi e buio completo».
Le zone polari sono le più sensibili al cambiamento climatico, tutto parte da lì e le ripercussioni poi si sentono in tutto il pianeta.
«In questi anni abbiamo osservato mutamenti nella chimica delle acque e nelle caratteristiche biologiche – dice Rivaro – le acque antartiche sono più ricche di anidride carbonica e meno salate di un tempo, la conseguenza è una minore velocità di spostamento e per il motore delle correnti fredde della terra non è un bene, per far capire con una metafora è come se avessimo lasciato la porta del frigo aperta».
I container che contengono le acque da analizzare sono ancora in viaggio, le analisi sui campioni sono ancora da effettuare. Il contributo dei genovesi attraverso l’Università di Genova e il Cnr sarà ancora una volta determinante.