Il frigorifero ti avverte quando stai per finire lo yogurt, l’illuminazione cambia con il cambiare della luce naturale, un segnale lancia l’allarme quando il contenitore della spazzatura è quasi pieno: sono alcune delle tantissime applicazioni dell’Iot, internet of things. Le conosciamo da tempo, non ci meravigliano e, per la verità, a sentirne parlare tanto spesso annoiano anche un po’.
Il fatto è che l’Iot comprende anche cose più importanti, come sensori ambientali, medicina predittiva, semafori intelligenti, parcheggi altrettanto intelligenti, smart city e molto altro. Dispositivi che comunicano con noi e tra di loro, con evidenti vantaggi per noi, ma con una incognita che ora preoccupa e in un futuro non lontano potrebbe diventare angosciante: saranno questi dispositivi a metterci in contatto con l’ambiente, ridefinendo il nostro rapporto non solo con quello digitale ma anche con quello fisico, e noi diventeremo le loro banche dati?
Non era per questo che iot era stata ideata. Il libro di Hohn Tinnell “Il filosofo di Palo Alto, MarcWiser, lo Xeroc Parc e l’Internet delle cose originario” (Castelevecchi) ricostruisce la nascita, lo sviluppo e le prospettive di questa tecnologia.
Tinnell (che insegna alla University di Colorado Storia e filosofia della tecnologia), ci racconta che fu lo stesso Weiser, mente visionaria dello Xerox Parc di Palo Alto, in California, il primo a porsi la questione del rapporto tra noi e la nuova tecnologia già negli anni Novanta, influenzato anche dalla lettura di Martin Heidegger.
In effetti il filofoso tedesco ben prima della comparsa di Internet ci ha offerto una visione di fondo su cui considerare il nostro rapporto con la tecnologia. In una lezione che tenne a Monaco di Baviera nel 1953, “Die Frage nach der Technik”, Heidegger prevede che la tecnica moderna porti a un’interpretazione del mondo come insieme di risorse da sfruttare, trasformando tutto in materia disponibile per la manipolazione umana, portando all’oblio dell’essere e alla perdita del senso autentico dell’esistenza. La tecnica non è solo il mezzo che ci permette di manipolare le cose ma un modo di stare al mondo. Da notare che Heidegger definisce l’insieme delle tecniche “Gestell”, che letteralmente significa un congegno dove qualcosa può essere deposto o inserito, e che potremmo definire apparato. E tecnica, apparato secondo il filosofo, sono modi di chiamare un potere che non è né umano né non-umano, un potere decentrato che funziona facendo sistema. Potere, tecnica e rete (internet!) sono inseparabili.
Tinnell ci racconta che Weiser concepì l’idea di una “tecnologia calma”: un insieme di dispositivi capaci di integrarsi nella quotidianità senza imporsi. Attraverso ricerche d’archivio e interviste a familiari e colleghi, l’autore ricostruisce la genesi di quel progetto nato nel cuore della Silicon Valley. “Ne emerge – si legge nella presentazione di Castelvecchi – il ritratto di un uomo sensibile ed empatico, segnato da solitudine e incertezze, le cui riflessioni sono oggi più attuali che mai per immaginare un futuro in cui la tecnologia migliori davvero la vita delle persone”.
Weiser non poteva immaginare tutti gli sviluppi del suo progetto e tutti gli accorgimenti per mantenere “calma” la nuova tecnologia che oggi (collegata con l’intelligenza artificiale) è in grado effettivamente di migliorare la nostra vita ma è tutt’altro che calma e poco incline a lasciarsi arginare. Intanto è stata inglobata in Wall Street, per ottimizzare i risultati finanziari trimestrali utilizzando dati ottenuti dall’analisi del comportamento degli utenti. E, nel sentiero che ha aperto, è nata Palantir.
Nel maggio del 2003 Peter Thiel fonda, con gli amici Alex Karp e Joe Lonsdale, la Palantir Technologies Inc. a Palo Alto, in California. La startup è specializzata nell’analisi di big data ed è sostenuta dalla Cia, poi si quota in borsa nel 2020. La sua specialità è convogliare informazioni tratte da varie fonti, come tabulati telefonici, indirizzi ip (internet protocol, identifica ogni dispositivo connesso a internet), transazioni finanziarie, conversazioni, dati di viaggio, attività sui social media, registrazioni di telecamere pubbliche e dati di geolocalizzazione. Il Gestell di cui parlava Heidegger è una delle massime espressioni del cosiddetto “capitalismo della sorveglianza”. Che ha già i presupposti tecnici per agire, bisogna vedere se o in quale misura gli permetteremo di farlo. Palantir ha stretti legami con la Casa Bianca e cospicui contratti con la Cia, l’Esercito e l’Ice (l’agenzia federale anti-immigrazione). Per la sicurezza, l’atiterrorismo, il controspionaggio, ecc…, certamente, ma i dati estratti per esempio da Facebook profilano anche persone online che non hanno fatto nulla, e sulle quali Palantir sarebbe in grado di preparare dossier. C’è da chiedersi quali siano i limiti dell’attività richiesta a a questa società, che vive in buona misura di commesse statali.
Dalla Silicon Valley, dove era nato il sogno di una tecnologia liberatrice, oggi vengono teorizzazioni sull’incompatibilità tra democrazie e libertà e sul ruolo dei signori del software che, in quanto depositari della conoscenza e dell’innovazione, avrebbero il diritto/dovere di governare la società. Non si tratta di elaborazioni politico-sociali organiche e coerenti, per ora sono emulsioni precarie di dottrine e aspirazioni etereogenee. Non c’è nulla di scontato e nulla di perduto. Dobbiamo rifarci allo spirito di Weiser, in primo luogo mettendo subito in pratica misure già oggi possibili: implementare misure di sicurezza efficaci su tutti i dispositivi iot, informare gli utenti sulle migliori pratiche di sicurezza, sviluppare normative che proteggano la privacy dei consumatori nel contesto dell’iot e dell’Ai. Quanto alle distopie di società dove alla rappresentanza e alla discussione tra pari è sostituito un apparato amministrativo guidato da tecnocrati, dovremo tenerci fermi ai principi democratici di benevolenza, decentralizzazione, mutualità e spazio per il cambiamento che finora hanno trionfato sui totalitarismi di vario colore, dando vita a società non solo più giuste e umane ma anche – a volte contro le apparenze – governate con maggiore efficienza.
Il totalitarismo non è che la manifestazione del pensiero tecnico in politica, dove alla rappresentanza e alla discussione tra pari in vista di un accordo fondato sulla ragione degli argomenti è sostituito un apparato amministrativo il cui unico fine è il perpetuamento e la soddisfazione di sé stesso.