Si è svolta questa mattina, presso la 10a Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato della Repubblica l’audizione della Fondazione Gimbe nell’ambito dell’esame del “Decreto anziani”.
«Lo schema del Decreto anziani predisposto dal Governo – ha esordito Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – rappresenta indubbiamente un grande passo per rispondere ai bisogni di oltre 14 milioni di persone anziane che, insieme a familiari e caregiver, ogni giorno affrontano difficoltà, disagi e fenomeni di impoverimento economico. Situazioni aggravate dalle enormi diseguaglianze nell’erogazione dei servizi socio-sanitari, sia tra le Regioni, in particolare tra Nord e Sud, sia tra aree urbane e rurali».
Per contestualizzare le misure previste nell’attuale contesto socio-sanitario, Gimbe ha condotto alcune analisi su aspetti epidemiologici, spesa socio-sanitaria e diseguaglianze regionali sui servizi socio-sanitari previsti dal Decreto.
A beneficiare delle misure previste dal provvedimento sarà il 24% della popolazione residente al 1° gennaio 2023, ovvero 14.181.297, di cui 9.674.627 nella fascia 65-69 anni e 4.506.670 di over 80.
«Sebbene formalmente inseriti nei Livelli essenziali di assistenza – ha spiegato Cartabellotta – le prestazioni di assistenza socio-sanitaria, residenziale, semi-residenziale, domiciliare e territoriale sono finanziate solo in parte dalla spesa sanitaria pubblica. Un’esigua parte viene erogata dai Comuni (in denaro o in natura), mentre la maggior parte è sostenuta tramite provvidenze in denaro erogate dall’Inps».
«Ai quasi 45 miliardi di spesa socio-sanitaria – ha precisato Cartabellotta – si aggiungono i fondi per la non autosufficienza erogati dalle singole Regioni. Tuttavia su queste risorse non esiste alcuna ricognizione effettuata da enti pubblici o privati e le risorse non sono stanziate in maniera continuativa in quanto i fondi regionali non sono strutturali, fatta eccezione per quello della Regione Emilia-Romagna, che per il 2022 ammonta a 457 milioni».
Il nuovo sistema di garanzia che il ministero della Salute usa per monitorare gli adempimenti delle Regioni ai Livelli essenziali di assistenza (Lea) dispone tre indicatori ‘core’ che documentano enormi diseguaglianze tra le performance regionali.
- Assistenza domiciliare integrata (Adi). L’indicatore si concentra sui tutti i pazienti assistiti in Adi e non sugli over 65. Per tale ragione è stato escluso dalla valutazione.
- Persone non autosufficienti di età ≥75 anni in trattamento socio-sanitario residenziale. A fronte di una media nazionale di 40,2 persone per 1.000 abitanti esistono notevoli differenze tra Regioni: da 144,6 persone per 1.000 abitanti nella Provincia autonoma di Trento ai 4,1 nella Campania. La Liguria si posizione sopra la media nazionale con 46,3 assistiti ogni 1.000 abitanti.
- Cure palliative. L’indicatore definisce il rapporto tra il numero deceduti per tumore assistiti dalla rete di cure palliative sul totale dei deceduti per tumore. A fronte di una media nazionale del 28,4% la variabilità regionale oscilla dai 56,2% del Veneto ai 4,5% della Calabria . «Su questo indicatore – commenta Cartabellotta – va segnalato che, secondo i parametri definiti dal Ministero, solo 5 Regioni risultano adempienti: Emilia-Romagna, Liguria (con il 37%), Lombardia, Toscana e Veneto».
«Considerato che il Decreto anziani fa riferimento ai Livelli essenziali di assistenza e ai Livelli essenziali delle prestazioni sociali (Leps) – ha aggiunto il presidente – diventa inderogabile la necessità di colmare inaccettabili divari tra Regioni, in particolare tra il Nord e il Sud del Paese, che saranno inevitabilmente acuiti dall’autonomia differenziata. Diseguaglianze che oggi ledono i diritti civili e la dignità delle persone più deboli e più fragili del Paese. L’assenza di finanziamenti dedicati ai vari interventi fanno, al momento, del Decreto anziani un’eccellente ricognizione di tutte le misure di cui possono beneficiare le persone anziane, ma la cui attuazione è fortemente condizionata, oltre che dall’emanazione di numerosi decreti attuativi, dalle risorse e dalle rilevanti diseguaglianze Regionali».
«La vera sfida che questo provvedimento lancia – ha concluso Cartabellotta – è se il Paese è pronto per istituire un Servizio socio-sanitario nazionale, con relativo fabbisogno finanziario. Sia perché ormai non è più possibile per i pazienti cronici e gli anziani differenziare i bisogni sanitari da quelli sociali, sia perché tutte le erogazioni in denaro disposte dall’Inps non hanno vincolo di destinazione e non vengono sottoposte ad alcuna verifica oggettiva. È cioè impossibile stimare il reale ritorno di salute e di qualità di vita per le persone anziane».