Federico Parodi è la vera e propria memoria vivente di un’epopea imprenditoriale e sportiva, quella della Moto Guzzi. È nipote di quel Giorgio Parodi (1897-1955), aviatore, eroe di guerra, grande appassionato di moto e di corse motociclistiche, che il 15 marzo 1921, nello studio del notaio Cassanello, in corso Andrea Podestà 5, nel quartiere di Carignano, a Genova, insieme a Carlo Guzzi, fondò la Società Anonima Moto Guzzi, con stabilimento a Mandello del Lario, in provincia di Lecco. Il centenario della fondazione della Moto Guzzi (vedi qui) ci fornisce l’occasione per approfondire con Federico Parodi gli eventi che hanno contribuito alla realizzazione di quella leggenda del motociclismo e dello sport.
«Quando sono nato, il primo aprile del 1950, il Corriere della Sera mi ha regalato un bel trafiletto: “In casa Parodi è nato un bel Galletto” perché contemporaneamente alla mia nascita veniva presentato alla Fiera di Ginevra il “Galletto” della Moto Guzzi».
Che cosa lega la sua famiglia a tale azienda?
«La Moto Guzzi venne fondata nel 1921 da mio zio Giorgio Parodi e Carlo Guzzi. La famiglia Parodi ha delle tradizioni d’impresa che iniziano nella prima metà dell’800. Mio bisnonno Angelo Parodi era un commerciante di stoccafisso e baccalà, che importava direttamente dalle isole Lofoten in Norvegia, nonché uno degli inventori del tonno in scatola ovvero dell’industria conserviera del pesce. Il figlio, Emanuele Vittorio, inviato dal padre alle isole Lofoten per impratichirsi nel commercio di tale prodotto, rientra a Genova un paio d’anni dopo con due navi di sua proprietà. Da lì inizia una brillante carriera armatoriale che lo porterà ad armare 63 vapori».
Qual è la genesi della Moto Guzzi e il ruolo di Giorgio Parodi nella sua fondazione?
«Emanuele Vittorio Parodi ha 4 figli: Giorgio, Enrico, Angiolinetta detta Ninetta ed Elena. Giorgio, il primogenito, nel 1918 si arruola in Marina al Forte di Sant’Andrea a Venezia, nel reparto motosiluranti. Non trovandone alcuno a disposizione, si rivolge ai cantieri Baglietto di Varazze, se ne fa costruire uno in legno e va in guerra con il suo MAS, come un cavaliere alle crociate con il suo cavallo. Al Forte di Sant’Andrea passa però ben presto alla sua reale passione che è il volo: comincia a pilotare un aereo della squadriglia da caccia insieme con Giovanni Ravelli: il loro motorista, addetto alla manutenzione dei velivoli, era Carlo Guzzi. Questi viene a sapere che i due aviatori hanno anche la passione delle motociclette: corrono entrambi su una Indian Power Plus. Indignato perché utilizzano una moto americana invece di una italiana, presenta loro un progetto che ha da tempo studiato per la realizzazione di un prototipo che verrà sottoposto al facoltoso Emanuele Vittorio Parodi. Il risultato è una motocicletta innovativa il cui costo previsto è di duemila lire. L’armatore si dice disposto a sborsare 1500 lire e ad aumentare l’investimento in un secondo tempo, senza limitazione di cifra, a seconda dei risultati raggiunti».
Come andò l’esperimento con quel primo esemplare?
«Il prototipo, superate alcune difficoltà tecniche, fu consegnato al nonno nella sua abitazione di via Jacopo Ruffini a Genova. Emanuele Vittorio viene letteralmente caricato sul portapacchi di questa prima motocicletta battezzata in un primo momento GP (Giorgio Parodi cambierà la sigla in Moto Guzzi, perché GP non sembrassero le iniziali del suo nome) e gli fanno fare il periplo della Basilica di Carignano. Alla fine della prova l’armatore scende dalla moto terrorizzato e dice: “Voi siete dei pazzi se pensate che il mondo andrà in giro con questo rumore sotto il sedere, però devo ammettere che con le mie 1500 lire avete realizzato un prodigio della tecnica”».
Quali erano le caratteristiche di quella prima motocicletta?
«Quello di Carlo Guzzi era un progetto innovativo: la sua moto aveva il baricentro abbassato, teneva bene la strada, era dotata di un interasse lungo, il serbatoio dell’olio era incorporato nel carter motore e consumava 2 kg d’olio all’anno contro i 12 di una moto inglese. Era la rivoluzione della motocicletta. A questo punto il nonno decide di investire nel progetto l’ingente somma di 500.000 lire interamente versate e così il 15 marzo del 1921 viene fondata a Genova la Società Anonima Moto Guzzi. Prenderà sede a Mandello del Lario sul lago di Como perché questa località era la patria di Carlo Guzzi. Il primo anno usciranno dalla fabbrica 17 motociclette, per arrivare progressivamente a una produzione di 500 al giorno».
Qual era l’organigramma della famiglia Parodi all’interno dell’azienda?
«Moto Guzzi deve la sua capacità tecnica a Carlo Guzzi, però il suo modello imprenditoriale viene disegnato dalla famiglia Parodi. Il nonno Emanuele Vittorio affidò la presidenza operativa della fabbrica al figlio Giorgio Parodi e la direzione amministrativa al cugino Angelo Parodi. L’altro suo figlio, Enrico Parodi – mio padre – entra in Moto Guzzi nel 1926 con l’incarico di aprire le concessionarie Guzzi nel mondo. Lui e due meccanici percorrono in motocicletta, come antichi pionieri, il Nord Europa, l’Africa, la Nuova Zelanda, l’Australia, gli Usa e ovunque aprono i concessionari tuttora esistenti. Della Moto Guzzi mio padre diventerà successivamente vice presidente e nel 1945 presidente. Lo zio Giorgio, fondatore dell’Aero Club di Genova, si occupava della società armatoriale all’epoca ancora esistente, benché fosse continuamente impegnato nelle vicende belliche». La produzione militare e civile era affidata a Carlo Guzzi, la Squadra Corse all’ingegner Giulio Cesare Carcano, autentico Leonardo da Vinci della motoristica italiana, mentre la terza branca, la Due Tempi, fu affidata all’ingegner Antonio Micucci, inventore del famoso “Guzzino” che motorizzerà l’Italia del dopoguerra».
Che tipo di gestione era quella dei Parodi?
«La Guzzi, sotto la direzione dei Parodi, incarnerà un modello socio-economico aziendale particolare, con un punto d’incontro speciale tra capitale e lavoro: con stipendi quasi due volte quelli della Fiat e con condizioni di lavoro particolarmente favorevoli. Questo era il valore aggiunto dell’azienda che, grazie all’impegno delle sue maestranze, riuscì a conquistarsi la leadership in campo motociclistico internazionale, con 15 titoli mondiali e ben 3331 vittorie sportive. Era fra le prime aziende italiane a essere paragonata alla Olivetti o alla Falk (con un cral aziendale, biblioteche, campi sportivi), oltre a distinguersi come una vera e propria polisportiva: la Canottieri Guzzi conquisterà un oro alle Olimpiadi di Londra del 1948 e a quelle di Melbourne nel ’56, oltre a un bronzo nel pugilato».
«Moto Guzzi affronta subito le competizioni piazzandosi al 21° posto alla prima gara, nel 1921. Insoddisfatto del risultato, Giorgio Parodi, che era la vera anima sportiva dell’azienda, prende da parte Carlo Guzzi, lo mette sotto, come pure le sue motociclette, e alla seconda corsa della Targa Florio la Moto Guzzi vince con largo margine sulle altre contendenti. Da lì inizia a ottenere un palmarès di vittorie che la porterà a un fatto storico: sconfiggere il predominio britannico e vincere il Tourist Trophy, la madre di tutte le corse, nell’Isola di Man, nel 1935: era la prima volta che una moto italiana, guidata in quell’occasione dall’inglese Stanley Woods, si aggiudicava quel trofeo. Un altro primato fu quello conseguito nel 1929. Quando una moto con telaio elastico fu battezzata Norge, in onore del dirigibile di Alberto Nobile, le altre case motociclistiche si ribellarono. “Ma perché la chiamate Norge?” Allora Giuseppe Guzzi detto Naco, il gigantesco fratello di Carlo che ingegnerizzava i suoi progetti e che era l’inventore di quel modello, per tagliare la testa al toro, saltò in sella alla motocicletta e, partito da Mandello, in 28 giorni raggiunse Capo Nord, giustificando così il nome affibbiato alla moto. Ma come non ricordare anche la Milano-Oslo con 10 “Guzzini” dei Mutilatini di Don Gnocchi, o nel dopoguerra 15.000 “Guzzini” con le strade Milano Como-Lecco completamente bloccate da un afflusso incredibile, o anche la Motoscalata dello sperone della Grigna con una motocicletta Guzzi arrivata in cima alla montagna?»
In che modo la Moto Guzzi è sopravvissuta durante la Seconda Guerra Mondiale?
«Un esempio del modello socio-economico particolare accennato poco sopra, emerge nel periodo bellico, quando la Guzzi vede il proprio capitale a rischio di sequestro da parte dello Stato, per alimentare lo sforzo bellico. Allora venne presa una decisione ragionata che cogliesse sia il fine umanitario sia il fine economico, mettendo in sicurezza il capitale dell’azienda, mediante la costruzione del villaggio Moto Guzzi a Mandello Tonzanico (oggi del Lario), tutt’ora esistente. Si volle dare un’abitazione agli oltre 400 dipendenti edificando piacevoli villette con vista sul lago, volutamente una diversa dall’altra, affinché non assomigliassero a quei ghetti industriali a cui purtroppo oggi siamo abituati. Queste case vennero date in comodato d’uso ai 400 dipendenti che si trovarono quindi ad avere una casa senza pagarne i costi, lo stipendio non fu decurtato di una lira nonostante la produzione Guzzi fosse solo bellica, e per di più nessun dipendente venne deportato in Germania. Durante la guerra la Guzzi si trova in una posizione particolarmente scomoda, occupata nella seconda parte del conflitto dai tedeschi col mitragliere sul tetto esattamente sopra l’ufficio presidenziale di mio padre, il quale tutte le sere nel cofano dell’Aprilia portava due partigiani».
E dopo la guerra?
«La Moto Guzzi riapre i battenti dopo l’esperienza bellica con il peso non indifferente di un credito di 60 milioni di lire dell’epoca mai riscosso da parte del governo fascista e un credito di 20 milioni circa da parte del governo del Terzo Reich. È stato scritto che l’industria motociclistica italiana ha preso non pochi vantaggi dall’epoca fascista: mai fu scritta una falsità maggiore. La Guzzi pagò sempre col sangue proprio».
Perché la Moto Guzzi negli anni Sessanta è entrata in crisi?
«La Guzzi alla soglia degli anni Sessanta è un’azienda che consta di 1600 dipendenti, ha vinto 15 titoli mondiali e ha un nome famoso ovunque, ma sta cominciando a soffrire come tutto il mondo motociclistico della presenza delle auto economiche: la 500 e la 600 FIAT che costano come un “Falcone” Moto Guzzi, portano 4 persone e proteggono dalla pioggia. A causa di questa crisi Moto Guzzi arriva alla statalizzazione. Tutte le risorse della famiglia Parodi – la vendita di 4 navi e delle altre proprietà – sono messe a disposizione per far fronte a questa grande difficoltà, con il risultato, tuttavia, di non riuscire a scongiurare la statalizzazione dell’azienda, ma per lo meno di salvarla dall’estinzione. Enrico Parodi paga personalmente 1600 liquidazioni con il beffardo risultato che lo Stato, subentrato con la Società Sein, licenzia più di 800 persone in una settimana».
Che cosa è rimasto della gestione Parodi nella Moto Guzzi di oggi?
«La Guzzi sopravvive grazie all’ultimo progetto dell’ingegner Carcano del 1964 – la V7 – un motore che ha fatto la storia delle moto da gran turismo degli anni Settanta. La Guzzi di oggi, che insieme con Aprilia fa parte del gruppo Piaggio, vive ancora di questo progetto e produce motociclette molto belle che ne sono l’evoluzione. Guzzi lascia un’eredità sia come modello socio-economico aziendale che ha rappresentato lo stato dell’arte dell’imprenditoria italiana, sia come conquista di record di titoli mondiali. E anche con questo motore a V, che continua a rappresentare l’evoluzione possibile di uno schema della Moto Guzzi progettato ormai 60 anni fa».
In che modo festeggia il centenario della Guzzi?
«Per celebrare i cento anni della Moto Guzzi sono stato invitato a un’iniziativa particolare, se l’ernia del disco me la permetterà, prevista per il settembre di quest’anno. È di fatto un’impresa motociclistica, lontana dalle commemorazioni retoriche e presenzialistiche a cui purtroppo siamo abituati. Il Clan del Volano, un club a cui non ci si iscrive, ma con il quale si partecipa ai raduni, ha organizzato un evento nel corso del quale si percorreranno chilometri sulle Moto Guzzi d’epoca. In particolare esso riguarderà una Milano-Mandello con le prime dieci Moto Guzzi entrate in produzione, tutte del modello “Normale” del 1921, che per l’occasione compiranno 100 anni: ne furono prodotte 17 delle quali dieci sono state restaurate con grande amore e attenzione: saranno loro le protagoniste di quest’impresa».