Smart working: ormai tutti sappiamo cos’è, quanto si è diffuso e quanto appaia rivoluzionario, nell’imminente futuro, il suo sviluppo occupazionale e sociale.
Nell’ordinamento italiano è chiamato “lavoro agile”, definizione attraente e piacevole. Nei vocabolari, associata alla parola agile, leggiamo: “chi si muove con facilità, scioltezza”, “che ha pregi di chiarezza, brevità, concisione” e, in origine latina, “facile da condurre”. Chi convive o ha convissuto, nei recenti mesi con il confinamento e con il lavoro agile, che presuppone la digiltalizzazione, ha una curiosità: la carta che fine ha fatto, è morta?
D’improvviso, senza alcuna progettualità preventiva, pare che milioni di persone siano state capaci non solo di proseguire l’ordinaria attività ma anche di migliorarne l’efficacia. Sia in termini quantitativi sia qualitativi. Senza carta, ridicolizzando l’antico ufficio zeppo di armadi e scaffalature, a loro volta colmi di quintali di fascicoli, classificatori, pratiche e documenti: non più utili o necessari e quindi abbandonati a se stessi? Solo chi è o è stato agile lo sa.
Sembra che il Covid sia il segreto autore della miracolosa e improvvisa conversione alla digitalizzazione.
Il timore è che questa conversione sia solo parziale e di superficie e non abbia mutato l’approccio culturale e politico di chi amministra il nostro paese. Lo dimostrerebbe un dato di fatto: nonostante il nostro smart working, la carta è ancora viva e regna nei luoghi di lavoro.
Chi intende o desidera sostituire la tradizionale gestione e conservazione documentale con quella digitale si avventurerà all’interno di un labirinto mostruoso: centinaia di complessi adempimenti normativi, la cui lettura è riservata agli ingegneri informatici, che si sommano a oneri di attuazione e conduzione folli, parliamo di migliaia di euro, anche per le realtà produttive più piccole. Non solo: oggi trasmettiamo, mediante il canale telematico, a chissà quanti enti, uffici e organismi pubblici miliardi di dati, nei tempi e nei modi da loro imposti. Con il risultato che però, tanto per fare un esempio, in caso di visita ispettiva l’ente che verifica può chiedere la stampa cartacea di ciò che già possiede, da noi a lui inviato telematicamente.
Una sorta di schiavitù contabile-amministrativa, dalla quale dobbiamo liberarci, imponendo alla PubblicaAmministrazione il rovesciamento della sua logica arrogante e autoritaria.
Cara Pubblica Amministrazione, siamo lieti di collaborare per fare evolvere la tua funzione ma, per favore, nel momento (che è ogni momento) in cui ti inviamo correttamente qualunque documento (dalla dichiarazione dei redditi, alle comunicazioni di assunzione del personale, al modello 770, alle certificazioni uniche e agli altri migliaia di papiri), tu, non più noi, sei obbligata a gestire e a conservarlo, come vuoi e per quanto tempo ti necessita.
Noi, nell’attimo in cui te l’abbiamo consegnato, lo possiamo bruciare, liberando i nostri spazi e la nostre menti dalla tua inaccettabile mediocrità