L’Ospedale Galliera ha creato nel Centro di Chirurgia Bariatrica un’integrazione tra chirurghi bariatrici, gastroenterologi endoscopisti, endocrinologi, psicologi, dietisti con lo scopo di offrire ai pazienti che soffrono di obesità un percorso terapeutico personalizzato nel quale sarà accompagnato dal cosiddetto “Patient manager” con l’obiettivo di “cucirgli addosso” la scelta, in base a una valutazione complessiva che consideri il suo Bmi, la la sua storia medica, la sua psicologia, la sua volontà e, non da ultimo, le sue ansie. In questo modo, ogni paziente può essere indirizzato ad effettuare la scelta migliore tra la terapia farmacologica, l’endoscopia (es. il palloncino intragastrico o la più recente tecnica endoscopica “Endosleeve”), o la chirurgia bariatrica.
Tale percorso terapeutico personalizzato può avere diversi livelli: dal semplice utilizzo di farmaci, fino a trattamenti endoscopici o di chirurgia bariatrica: approcci che possono e spesso devono, integrarsi tra loro, in una sequenza di interventi che non si escludono, ma si completano. «L’obesità è una malattia cronica recidivante – spiega Andrea Weiss, Centro di Chirurgia Bariatrica presso la S. C. Chirurgia generale ed epatobiliopancreatica – che colpisce una parte significativa della popolazione mondiale, con una prevalenza che in Italia si attesta intorno al 12%. Non è semplicemente una questione di peso, ma una condizione complessa che espone a numerosi rischi per la salute. È infatti una delle principali cause di malattie cardiovascolari, di diabete mellito di tipo 2, ipertensione arteriosa e aumentato rischio di infarto e ictus. Inoltre, l’obesità è stata associata a un incremento del rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro, come quello al colon, al seno e al pancreas. Ma non sono solo le complicazioni fisiche a rendere l’obesità una condizione gravosa. Il paziente obeso spesso si trova a fronteggiare anche un isolamento sociale significativo. La stigmatizzazione legata al peso, il bullismo e il pregiudizio sono purtroppo ancora diffusi nella nostra società, contribuendo a una condizione di emarginazione che può avere gravi ripercussioni psicologiche. La percezione di sé e l‘autostima di chi soffre di obesità vengono spesso compromesse da un giudizio esterno che alimenta un circolo vizioso di sofferenza emotiva».
È per questo che l’approccio terapeutico all’obesità deve essere quanto più possibile multidisciplinare, coinvolgendo non solo i medici specialisti (come chirurghi bariatrici, gastroenterologi, endocrinologi), ma anche psicologi e nutrizionisti, considerando non solo gli aspetti fisici, ma anche quelli psicologici e sociali.
«Endoscopia digestiva e chirurgia oggi sono sempre più integrate – dice Massimo Oppezzi, direttore S.C. Gastroenterologia – . L’endoscopia operativa permette di evitare interventi chirurgici e di intervenire su eventuali loro complicanze, ma non è alternativa o contrapposta alla opzione chirurgica e questo vale certamente anche per il trattamento della obesità. Dal palloncino endogastrico, utilizzabile anche come “ponte” verso l’intervento chirurgico, oggi possiamo passare alla sutura endoscopica dello stomaco “Endosleeve”, l’una e l’altra tecnica eventualmente integrate dai nuovi farmaci anti-obesità (semaglutide, liraglutide). In endoscopia si ha anche la capacità di intervenire su eventuali complicanze o correggere, nei limiti del possibile, alcuni tipi di intervento chirurgico. Si tratta di un mondo, quello della “bariatrica”, che evolve rapidamente e che necessita di endoscopisti esperti e preparati su tale terreno, di costante aggiornamento nella farmacoterapia e nelle tecniche endoscopiche».