Nel 1978 a Torino, nello stabilimento Fiat di Rivalta, fece il suo debutto il Robogate, un sistema progettato dal Comau, azienda del gruppo torinese, in grado di assemblare le scocche delle vetture guidato da un computer. Nei mesi successivi il sistema venne esteso a Mirafiori e a Cassino, a eseguire le fasi di assemblaggio, saldatura e verniciatura della Uno. La macchina del Comau fece scalpore, perché era chiaro che segnava un passo decisivo nell’automazione del lavoro in fabbrica. Era già un robot, anche se molto diverso da quello rappresentato al cinema e nei fumetti e radicato nell’immaginario collettivo: la sua struttura non imitava quella di un essere umano, ogni Robogate era una “stazione”, una piattaforma delimitata da ringhiere, con all’interno bracci meccanici e carrelli trasportatori.
I robot Optimus Gen 2 di Tesla di recente presentati da Elon Musk all’evento Cybercab, sono umanoidi che camminano, danzano, servono da bere e interagiscono con le persone. Secondo alcuni, gli umanoidi di Musk a Cybercab non erano del tutto autonomi, venivano in parte guidati da mente umana, in ogni caso hanno mostrato in maniera plateale a che punto è arrivata la robotica. Anche grazie al loro aspetto umanoide, hanno prodotto un effetto “disrupting” sull’opinione pubblica, ci hanno mostrato che siamo entrati in una fase nuova. Non che vi sia, al momento, la necessità di robot in forma umana in grado di replicare quello che fanno le persone in salotto – gli umanoidi di Musk ne sono capaci –: servono robot specializzati, bracci meccanici e muletti autonomi per le imprese ma anche droni, macchine in grado fare operazioni chirurgiche, auto a guida autonoma e cobot, cioè robot collaborativi che affiancano l’uomo sul lavoro e in attività quotidiane. E l’industria è in grado di fornirceli, sempre più sofisticati.
Tanto che la robotica sta cambiando le nostre abitudini di vita, e guida una nuova rivoluzione industriale. Ha incontrato nel suo sviluppo potenti alleati: l’intelligenza artificiale e il 5G. Sempre più grandi colossi della tecnologia e della difesa si impegnano nel settore. Secondo la International Federation of Robotics, nel 2024 sono operativi nel mondo 3,9 milioni di robot. E la loro domanda è destinata a crescere, per numerosi fattori: nuovi paesi aumentano la loro attività industriale, il calo demografico e i costi del lavoro spingono per una crescente automazione, e la difesa – abbiamo visto, in questi mesi, il ruolo giocato dai droni in Ucraina e Medio Oriente – di certo farà uso sempre più largo di armi autonome guidate dall’intelligenza artificiale.
La robotica è in crescita e tutto fa pensare che lo sarà per i prossimi decenni: è quindi un settore promettente per chi vuole investire. Ma proprio per la velocità con cui si sviluppa e innova la sua tecnologia c’è il rischio di puntare su titoli sbagliati. Chi oggi è molto forte domani può essere sorpassato da chi ha saputo sviluppare una tecnologia migliore. Le società che producono robot sono ormai numerose. Quali titoli scegliere?
«Non è una questione semplice – ci ricorda Claudio Dellepiane, Area Manager Fineco Bank in Liguria –. Oggi il settore della robotica rappresenta un’area dinamica e in rapida espansione nel panorama economico globale, con applicazioni che spaziano dalla produzione industriale alla sanità, passando per l’agricoltura e la logistica. Grazie a queste tecnologie, numerose aziende si stanno aprendo a opportunità di crescita sostenibile investendo in innovazione e automazione. La robotica può offrire interessanti prospettive di rendimento a lungo termine, tuttavia, è fondamentale procedere sempre con una strategia ben ponderata rivolgendosi al proprio consulente finanziario di fiducia affinché possa valutare il profilo di rischio individuale e guidare l’investimento in base agli obiettivi personali e alla tolleranza al rischio».