“Trasporti – Economia, storia, imprese, ambiente” di Enrico Musso, con contributi di Riccardo Bozzo e Tiziano Pallavicini, pubblicato da G. Giappichellli Editore è stato pensato per gli studenti del corso di Economia dei Trasporti del Dipartimento di Economia dell’Università di Genova di cui Enrico Musso è titolare. Ma è accessibile anche a chi, pur non essendo studente di economia, abbia le conoscenze base di questa disciplina.
Enrico Musso (1962) è ordinario di Economia dei Trasporti presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Genova, dirige il Centro Italiano di Eccellenza sulla Logistica i Trasporti e le Infrastrutture, è editor in chief dell’International Journal of Transport economics e co-presiede il gruppo Maritime Transport and Ports della World Conference on Transport Research Society. Ha diretto master e programmi di dottorato ed è stato professore ospite in numerose università italiane e straniere.
Si tratta di un volume di oltre 500 pagine che mostra la strategicità dei trasporti e le sue interazioni con il sistema socioeconomico in cui si inseriscono, e le chiavi interpretative utili per comprendere i comportamenti dei protagonisti del comparto nelle sue varie modalità: utenti, produttori, regolatori. Una visione d’insieme che difficilmente il lettore può trovare altrove.
Il volume si articola in cinque parti: la prima, dal taglio macroeconomico, ci mostra il ruolo dei trasporti nel divenire dell’economia e della società, la seconda affronta il tema da punto di vista microeconomico (la domanda, l’offerta, il mercato), la terza analizza il trasporto nelle sue modalità e specificità (marittimo, terrestre, aereo), la quarta approfondisce alcuni aspetti i cruciali della mobilità e del suo governo nell’attuale contesto sociale, economico e politico. Infine, la conclusione. Che è di grande interesse, anche se lo stesso autore avverte che “Una vera conclusione non c’è. Non solo perché i trasporti cambiano continuamente, fra nuove innovazioni nell’organizzazione della produzione, trasformazioni del mercato e della domanda. Ma perché lo stesso sistema dei trasporti, insieme con il sistema socioeconomico di cui è l’apparato circolatorio, è ormai vicino a una svolta che rende il futuro ancora più imprevedibile”.
Se una vera conclusione di questa ampia analisi non c’è, non c’è neppure una ricetta per la soluzione dei problemi presenti e di quelli che già si annunciano. Non mancano, però, indicazioni preziose.
Musso, come tanti altri del resto, auspica, la riduzione dell’inquinamento, l’eliminazione dell’utilizzo dei combustibili fossili, la riduzione dell’uso di veicoli privati. Ma non si nasconde che individui e famiglie spesso sono ritrosi a rinunciare ai vantaggi e alle comodità portati dalla motorizzazione nei modi in cui è stata perseguita fin qui. A volte è comprensibile, non tutti viaggiano per diporto, e per piccoli produttori e trasportatori minime variazioni di costi e tempi possono essere determinanti. Questo per restare in casa nostra, ma pensiamo ai paesi che solo di recente possono permettersi certi consumi, avendo davanti il nostro “stile di vita”, raggiunto degradando l’ambiente senza gli scrupoli di oggi.
Se i cittadini sono restii a certi cambiamenti, lo sono anche, per ovvii motivi, i decisori politici. I tecnocrati possono elaborare in relativa autonomia nuovi modelli di comportamento ma i politici per metterli in pratica hanno bisogno dei voti. Come fare? “Serve − riponde Musso − formare nelle società, in ogni paese, un sistema di valori condivisi che comporti una coscienza e una consapevolezza diffusa dei reali costi della mobilità, dei rischi per l’ambiente, il clima, la sicurezza. Il vero cambiamento, dunque, non potrà che partire dal basso, cioè dagli individui che formano la nostra società (…) del resto non può essere con la coercizione, o addirittura con la negazione delle libertà individuali proprie dei regimi democratici, che si possono ottenere comportamenti più virtuosi (…) È invece con la cultura che possiamo, forse, sperare di avviarci a piccoli passi verso una mobilità più rispettosa dell’ambiente, delle risorse, della natura, della biodiversità, della salute degli essere viventi. E, infine, di noi stessi”.
Un’indicazione difficile da mettere pratica, quella di Musso ma, in effetti, l’unica che possa portare a dei risultati. Del resto i primi cambiamenti già si vedono. Sempre più spesso, per esempio, nel valutare il merito creditizio e la validità di un progetto, istituti bancari e imprese tengono conto degli aspetti ambientali. E uno degli esempi forniti dall’autore può già trovare e trova applicazioni concrete: quella di limitare la mobilità non necessaria riorganizzando i luoghi della produzione, del consumo e della residenza (e si potrebbe aggiungere dello svago e della fruizione culturale). Dove i luoghi della produzione sono inseribili in un tessuto urbano si possono realizzare spazi in cui non solo le distanze tra luogo di lavoro e abitazione sono limitate e percorribili a piedi o con altre modalità a basso impatto ambientale, senza per questo ripiegare su una concezione regressiva di una vita sociale articolata in villaggi e in piccoli borghi (forse l’utopia di Adriano Olivetti potrebbe ancora fornirci degli spunti interessanti). E la pandemia ci ha fatto scoprire la possibilità – evidente da almeno una decina d’anni – di ridurre incontri fisici e relativi spostamenti, grazie alle nuove tecnologie informatiche. Così come la comodità di lavorare a casa, specialmente nel caso dei liberi professionisti. La sovrastruttura culturale, politica e giuridica si muove più lentamente della struttura produttiva, scientifica e tecnologica che deve governare. Ma si muove, e speriamo lo faccia in tempo.