Sono 14.514 le imprese femminili attive in provincia di Genova, il 21% del totale. Si tratta di un’imprenditoria “micro”: in tutte le aree le imprese femminili sono maggiormente concentrate nella classe 0-9 addetti rispetto a quanto accade per quelle maschili, le quali, viceversa, presentano concentrazioni più elevate, ma sempre minoritarie, nelle classi della piccola (10-49 addetti) e medio-grande impresa (50 addetti e oltre).
Anche nel 2023 le ditte individuali rappresentano la componente più importante del tessuto imprenditoriale femminile, anche se le stesse stanno gradualmente diminuendo a favore di forme imprenditoriali più strutturate.
Sono alcuni dei dati diffusi durante la tappa genovese del roadshow di Unioncamere “Il Giro d’Italia delle donne“, che ha anche presentato i risultati di un questionario voluto dalla Camera di Commercio genovese e realizzato tramite il Clp, il Centro ligure produttività per comprendere meglio il contesto in cui operano.
Nei territori della Camera di commercio di Genova la quota di società individuali femminili (59,6%) è meno elevata rispetto a quella che si rileva a livello nazionale (60,8%) a discapito della quota relativa alle società di capitali (19,4% vs 25,9%).
In generale, quello femminile risulta un segmento produttivo poco “industrializzato” e fortemente orientato ai servizi. Commercio al primo posto, seguito da servizi alle persone, quindi parrucchiere, estetiste eccetera, ma anche turismo.
Nei territori della Camera di Commercio di Genova, le imprese rosa diminuiscono rispetto al 2022 soprattutto nell’agricoltura (-5,8%) e nel commercio (-2,4%) e meno nell’industria e nelle costruzioni. Positivo, invece, l’andamento dei servizi (+1%).
Nel 2023, la distribuzione per tasso di femminilizzazione mostra come il settore più “rosa” nei territori della Camera di commercio di Genova sia quello degli “altri servizi alla persona”, dove 65 imprese su 100 sono guidate da donne. Seguono i servizi legati al settore moda, alla “sanità e assistenza sociale” (servizi per anziani, asili nido, centri di medicina estetica, ecc.. Ma la presenza femminile è forte anche nell’agricoltura e nel commercio al dettaglio. (fonte Unioncamere/Tagliacarne).
Giovanna Pizzi, che lavora nell’ufficio Statistica e Studi della Camera di Commercio di Genova, spiega: «Le imprese femminili rispetto al totale hanno avuto un andamento negli ultimi dieci anni un po’ più altalenante, salgono e scendono ma poi sostanzialmente si sono stabilizzate e il dato importante è che rispetto al resto delle imprese hanno dato maggior contributo a livello occupazionale, perché gli addetti nelle imprese femminili sono aumentati del 4% circa nell’arco di questo periodo, rispetto invece al totale delle imprese. Rispetto ai dati che presentiamo oggi, che sono del 2023, rispetto al 2022 c’è stato un lieve calo che però è inferiore rispetto al totale delle imprese».
Il questionario
Il 57,5% delle intervistate ha dichiarato di aver avuto problemi nell’ottenere finanziamenti, incontrando ostacoli che vanno che vanno dalla necessità di trovare un garante alla difficoltà nel trovare informazioni sui bandi e i finanziamenti pubblici, dal rifiuto delle banche alla difficoltà nel trovare finanziatori privati.
Il 75% delle intervistate ritiene che vi sia un gap di genere nell’accesso alle opportunità imprenditoriali e alla rappresentanza nei settori chiave dell’economia genovese, nonché una sottorappresentazione delle donne in settori chiave come il commercio marittimo o l’industria manifatturiera.
Tra le proposte e i suggerimenti delle intervistate per superare questo gap sono elencati: per il 30% politiche di sostegno finanziario mirato alle imprenditrici, per il 27,5% incentivi fiscali per le imprese a conduzione femminile, per il 20% programmi di mentorship e formazione specifici per donne che fanno impresa, per il 15% campagne di sensibilizzazione per promuovere l’uguaglianza di genere nel mondo degli affari.
Maurizio Caviglia, segretario generale della Camera di Commercio di Genova, commenta: «Essere donna e fare impresa non è così semplice. Siamo convinti che il modo in cui il Clp ha affrontato questa indagine voglia proprio ottenere la risposta dalle donne e da esse abbiamo visto che per le donne fare impresa femminile qui ha alcune problematiche che sono ben segnate e ben marcate. La prima di tutte è quella dell’accesso al credito e della possibilità di ottenere finanziamenti da parte delle imprese. Una cosa che per noi è molto importante è analizzare un po’ di differenze tra il dato genovese e il dato nazionale. Questo per noi vuol dire andare a individuare che le nostre imprenditrici sono leggermente più strutturate della media perché ci sono un po’ meno imprese individuali, ci sono quindi un po’ più aziende che hanno da alcuni punti di vista una solidità e una maggiore propensione all’attività. Facciamo attenzione alla mortalità delle imprese dall’inizio della loro attività perché quello è un fenomeno importante per capire cosa succede e anche qui, per quello che riguarda Genova, abbiamo dei dati positivi».
Per quanto riguarda il passaggio generazionale sulle 120 imprese che hanno risposto è una questione che ha riguardato il 13,3% di queste. «Quindi vuol dire che non è facile − rileva Caviglia − riuscire a portare avanti di generazione in generazione un’azienda».
Storie di donne imprenditrici
Carolina Villa, fondatrice, amministratore delegato di Ship & Crew Services, agenzia marittima è anche presidente della commissione Empowerment Femminile di Assagenti, l’Associazione Agenti Marittimi di Genova ed è socia Wista Italia. «La società è stata costituita nel 2003, quindi abbiamo celebrato il ventesimo anno di attività, ed è stato difficile sicuramente per il fatto che è un settore appannaggio comunque maschile, quindi l’interfaccia con i colleghi uomini a volte ha rilevato un po’ di difficoltà e di criticità».
Le criticità riscontrate da Villa sono state: «Sei in una minoranza generalmente e quando sei magari nelle tavole di riunioni puoi essere anche l’unica donna. Ho un problema di conciliazione sicuramente casa-lavoro e nel mio caso sono stata fortunata ad avere comunque un supporto familiare che mi consentiva di stare in ufficio a oltranza e quindi competere con il collega uomo che in qualche maniera non aveva quel tipo di problemi. Mi ritengo una persona privilegiata, la mia è anche un’azienda a carattere familiare quindi non è una multinazionale dove comunque l’ascesa a ruoli apicali è più difficile e competitiva, siedo nel consiglio di amministrazione, sono il titolare dell’azienda e quindi me la costruisco».
Marina Porotto è una bartender (o meglio, barlady) del Biggie Cocktail bar di Genova. È anche presidente di Terziario Donna di Confcommercio Genova e Giovani Fipe Liguria. «La difficoltà è tanta in un mondo che ancora oggi un pochino tende a essere maschilista, perché comunque io faccio un lavoro tendenzialmente ancora maschile, quindi è più complicato forse gestire la propria impresa in un lavoro notturno, in un lavoro dove sono tutti uomini e dove anche la clientela è abituata a essere gestita da uomini. Però con un po’ di perseveranza, io sono tanti anni che lo faccio, con l’aiuto anche di altre colleghe, perché le donne sanno fare impresa e sanno fare matching insieme e hanno dei grandi risultati, ho ottenuto quello che in realtà volevo, quello che era il mio sogno».
La conciliazione casa e famiglia, confessa Porotto, è stata accantonata inizialmente. «Le altre difficoltà sono anche oggettive: quello che le persone pensano di te è la cosa più complicata, la gestione magari anche finanziaria, la gestione di prestiti, mutui, del rapporto con le banche. Bisogna essere forti, bisogna essere determinati, perché tutti si aspettano che tu abbia comunque un carattere molto maschile e che tu sia sicura di quello che fai e del lavoro che porti avanti». In più Porotto ricopre diverse cariche sociali: «Quella che è un po’ più difficoltosa da gestire è quella dei Giovani Fipe Liguria perché ovviamente tutti i pubblici esercizi sono portati avanti da uomini e quindi avere una presidente giovane donna è un po’ più complicato, però ormai ci sono tutti abituati e quindi si va avanti benissimo».
Mirella Ravera è titolare dell’azienda agricola Lavagé di Rossiglione e smentisce l’idea che sia un mestiere esclusivamente maschile: «Apparentemente le donne non sono tanto diffuse, ma posso dire che ho un sacco di colleghe anche e soprattutto più giovani di me che fanno comunque lavori che mentalmente uno pensa siano solo maschili come può essere ad esempio fare il pastore. Quindi hanno l’organizzazione, ad esempio, non so, dei cani di guardiania, se è in un territorio dove ci possono essere dei predatori. Hanno, ad esempio, la sala di mungitura. Conosco molte donne che fanno il mungitore, che è un lavoro bellissimo e prettamente maschile. Ma ci sono, assolutamente sì, è molto bello».
In Liguria il lavoro agricolo è ancora più difficile a causa del territorio poco agevole: «Noi allevatori in Liguria non abbiamo tantissimo spazio. Il nostro mestiere lo abbiamo ereditato e nel mio caso mi ci sono avvicinata piano piano e poi è diventato ciò che di più bello può esserci per me, quindi un amore profondo. Devo dire che non ho incontrato difficoltà, anche se il mio lavoro di “casara”, oltre che di allevatrice, ho avuto un sacco di uomini che hanno creduto nel mio lavoro, ho avuto anche donne che hanno creduto nel mio lavoro. Mi ci sono buttata a capofitto.