Una nuova indagine di Greenpeace Italia, basata su dati Ispra raccolti tra il 2019 e il 2022, mostra che la contaminazione da Pfas – sostanze perfluoroalchiliche o acidi perfluoroacrilici usati prevalentemente dall’industria – è presente in “tutte” le Regioni italiane in cui sono state effettuate le indagini nei corpi idrici (fiumi, laghi e acque sotterranee).
In particolare Basilicata (31%), Veneto (30%) e Liguria (30%) sono le Regioni con la più alta percentuale di analisi positive rispetto ai controlli effettuati. Lo scrive l’agenzia Dire riportando i dati presentati oggi a Roma in occasione dell’evento dal titolo “Pfas, stop ai veleni”.
Secondo il rapporto “La contaminazione da Pfas in Italia” la percentuale di valori positivi ai Pfas varia da Regione a Regione, anche a seconda dell’accuratezza delle misurazioni effettuate dai diversi enti pubblici. “Più una Regione fa controlli e utilizza strumenti precisi e all’avanguardia, più è probabile che venga rilevata una positività da Pfas durante i monitoraggi“, spiega Greenpeace. “Malgrado” l’ampia diffusione di questo inquinamento, però, nella “maggior parte del nostro Paese i controlli sono ancora pochi, frammentari o addirittura assenti, tanto che la reale portata della contaminazione è ancora sconosciuta”.
I Pfas una volta dispersi nell’ambiente si degradano in tempi lunghissimi. Le sostanze sono state rinvenute in “quasi 18mila campioni, pari al 17% delle analisi effettuate dagli enti preposti tra il 2019 e il 2022”. I dati relativi alla presenza di Pfas in Italia confermano “un’emergenza nazionale diffusa e fuori controllo – commenta Giuseppe Ungherese di Greenpeace Italia – che interessa non solo le aree già note per questa contaminazione, ovvero alcune province del Veneto e la zona dell’alessandrino in Piemonte, ma anche numerose altre aree del Paese”. Si tratta di un “quadro grave e per di più incompleto a causa della mancanza di uniformità nei controlli a livello nazionale e dell’inefficacia dei monitoraggi in numerose Regioni”.