«Tra cambiamenti veloci e straordinari le pmi liguri che partecipano alle catene del valore globali devono affrontare sfide riconducibili a tre ambiti: l’evoluzione logistico-organizzativa delle filiere stesse, basata sul concetto di riduzione della distanza e aumento della sicurezza delle forniture; la digitalizzazione delle attività; l’impatto della transizione green e delle nuove regole ESG. Per poterle affrontare, le pmi devono poter contare sul sostegno e la partnership delle grandi aziende presenti nelle filiere». Lo ha affermato nella sua relazione il presidente del Gruppo Piccole Imprese di Confindustria Genova Andrea Razeto, che questa mattina, insieme al presidente di Confindustria Genova Umberto Risso, nella sede dell’associazione ha presentato il position paper “Pmi – filiere e relazioni con le grandi imprese”.
“La riorganizzazione delle filiere – si legge nella relazione di Risso – nel breve termine significa monitorare attentamente la catena di fornitura cogliendo i primi segnali di rischio, gestire il magazzino in modalità “industriale” (scorte eccedenti rispetto a quelle strettamente richieste dalla produzione) e creare delle reti di backup nelle forniture. Nel medio termine le strategie devono invece volgere verso una riconfigurazione delle proprie catene di fornitura che veda l’implementazione anche di innovazioni tecnologiche. Le tendenze alla rilocalizzazione delle forniture sono state rilevate da numerose analisi: questa può riguardare il riposizionamento delle proprie forniture a favore di fornitori localizzati in Paesi geograficamente più vicini oppure la sostituzione di fornitori a favore di altri già presenti nel Paese di origine. Esiste anche l’eventualità della ridislocazione delle catene di fornitura non in aree più prossime, ma a condizioni economico-politiche migliori”.
Alla base delle strategie di rilocalizzazione “possono esserci diverse motivazioni, ognuna delle quali peserà in maniera diversa a seconda della struttura della filiera e dalle caratteristiche della singola azienda: riduzione dei costi, presenza di incentivi/agevolazioni, disponibilità di competenze e servizi tecnologici, rispetto dei vincoli ambientali, riduzione della distanza. Il backshoring di fornitura delle imprese italiane sembrerebbe scaturire da una scelta strategica non solo a monte, guardando alle relazioni lungo la catena di fornitura, ma anche a valle, in chiave competitiva, guardando ai mercati di vendita. Infatti, all’aumentare della preferenza per i fornitori italiani, rispetto a quelli stranieri, si associano strategie di aumento delle vendite”.
Le azioni di medio termine “consistono nell’implementazione di innovazioni tecnologico-digitali. I percorsi per l’innovazione e la transizione digitale delle filiere e dei comparti produttivi hanno l’obiettivo di rispondere alle esigenze mutate del mercato e di accelerare lo sviluppo tecnologico delle aziende che ne fanno parte. Ogni realtà aziendale deve definire il proprio percorso in maniera autonoma, pur contestualizzato e supportato dalle filiere in cui trova spazio”.
Per poter attuare la gran parte degli interventi di digitalizzazione “le pmi di una filiera possono sfruttare le azioni di Open Innovation che le grandi imprese della filiera possono decidere di avviare in ambito innovativi e tecnologici”.
“La terza grande sfida che le pmi inserite in catene globali del valore non possono vincere – prosegue la relazione – se non con il supporto delle grandi imprese è quella della sostenibilità nelle sue diverse sfaccettature. Un’azienda che possa definirsi “sostenibile” gestisce in modo efficiente e strategico le risorse a disposizione, siano esse naturali, finanziarie, umane o relazionali. È evidente come queste azioni siano gravose soprattutto per le piccole e medie imprese, in termini di investimento, riorganizzazione e formazione interna. Anche in questo caso l’adeguamento delle pmi a specifici standard di sostenibilità non può che passare da percorsi di filiera”.