In Liguria sono presenti solo il 2,1% di praterie e le foreste dal 2005 al 2013 sono passate da 22.700 a 400 mila ettari, pari al 64,9% del territorio. Il 12,4% è invece dedicato all’agricoltura. Numeri che fanno riflettere, in un territorio dove sono presenti ben tre zone biogeografiche: alpina, continentale e mediterranea.
A dare man forte non solo a preservare quel 2,1%, ma anche ad ampliarlo, ci sono diversi finanziamenti europei che si sono tramutati in progetti regionali.
La Liguria riunisce 99 Zone speciali di conservazione terrestri e 23 marine, il 30% del territorio è protetto, ma proprio la tutela di quelli che sono i pascoli è da anni ormai all’attenzione della Regione proprio per quell’attività di protezione della biodiversità che rappresenta un pilastro anche per l’Europa. «Il problema è che spesso il territorio percepisce questo tipo di tutela come qualcosa di non positivo», conferma Daniela Minetti, del settore Politiche della natura e delle aree interne della Regione Liguria. Proprio per instaurare una maggior consapevolezza, ma anche per valorizzare le attività zootecniche che coi pascoli lavorano e stimolare nuove imprenditorialità, nello scorso settennato europeo la Regione ha varato alcuni progetti che saranno la base per i finanziamenti del nuovo.
Una lungimiranza che, come conferma Daniela Caracciolo, dirigente Biodiversità e Progetti europei di Arpal, metterà la Liguria in una buona posizione di partenza in vista dell’entrata in vigore del Nature restoration law, che prevede il ripristino del 20% degli ecosistemi degradati entro il 2030 e del 90% entro il 2050.
L’assessore regionale all’Agricoltura Alessandro Piana riassume quanto fatto nella programmazione 2014-202 e qual è il futuro: «Gli allevatori rilanciano l’economia della montagna e la nostra priorità è coinvolgere la comunità con percorsi condivisi. Ricordiamo che la Transumanza è stata riconosciuta Patrimonio Immateriale dell’Unesco dal 2019. Regione Liguria è stata capofila di progetti importanti su questi temi con i progetti Interreg CambioVia, con un budget di 2,3 milioni di euro, di cui 702.600 per la Regione Liguria e nell’ambito del più ampio strategico Biodivalp, oltre 10 milioni di euro di cui per il territorio ligure circa 2 milioni. Abbiamo anche partecipato al progetto Probiodiv, con un budget totale di 1,8 milioni di euro, di cui circa 400 mila per il territorio ligure, più un’ampia famiglia di progetti come Alpimed Patrim, Recovalx, Tris, coerenti nella loro azione tra tutela e sviluppo agrosilvopastorale e turistico. Ora ripartono i nuovi CambioVia – Pro e Inn Pratica che si sono aggiudicati dal programma transfrontaliero Italia-Francia Marittimo un finanziamento complessivo nuovamente importante: già dopo questi primi bandi rasenta i 3,5 milioni di euro con una ricaduta sul territorio della regione per circa 1,2 milioni».
Le azioni saranno anche collegate a percorsi di innovazione (sulla scia di quanto già fatto, proprio per non rendere i progetti europei delle scatole che si riempiono finché ci sono soldi, per poi essere chiuse definitivamente quando terminano i finanziamenti) com’è accaduto già con la macchina spazzolatrice a disposizione nel parco delle Alpi Liguri, che consente di recuperare semi autoctoni dai cosiddetti “prati donatori” da portare in altri contesti locali (vedi box) ma anche attraverso lo stimolo di reti d’impresa e formazione a supporto dell’imprenditorialità.
«L’attività antropica in questo caso è positiva perché appunto consente di conservare la biodiversità sviluppando il territorio montano», aggiunge Piana.
La macchina spazzolatrice
Nell’ambito del progetto Biodivalp Gebiodiv, Arpal ha dato vita a un progetto di ripristino di aree prative degradate attraverso l’impiego di fiorume locale e la caratterizzazione dei prati donatori. Daniela Caracciolo spiega: «Abbiamo sperimentato un metodo che consiste nella raccolta, nella conservazione e nel riutilizzo di semenze locali per il recupero delle aree aperte degradate grazie a una macchina spazzolatrice». Sono stati individuati dei
prati donatori. Tutto questo dà supporto alle attività di pascolamento e di tutela del suolo. «Abbiamo lavorato sulla realizzazione di una banca dati individuando i prati donatori grazie alla funzione che hanno. Il ripristino è utile non solo per le aree protette, ma le semenze locali sono utili per esempio anche per la rinaturalizzazione delle cave, o per le scarpate delle autostrade o quelle ferroviarie. Contrastano il diffondersi delle specie aliene».Arpal è al lavoro per realizzare un’anagrafe dei prati donatori.
In accordo con il partenariato della Toscana, Sardegna, Corsica e Region Sud e con i numerosi soggetti territoriali coinvolti, CambioViaPro avrà come capofila Regione Liguria, mentre Inn Pratica (Comunità di pratica transfrontaliera per l’innovazione in agricoltura e la transizione ecologica e digitale) avrà come capofila l’Università di Sassari. Molti i soggetti territoriali coinvolti per garantire un’importante azione sinergica sul fronte della conservazione della biodiversità e dello sviluppo del territorio montano. Collaboreranno Anci e i Parchi regionali delle Alpi Liguri, Beigua, Antola, Aveto e Montemarcello Magra, Arpal, le Camere di Commercio di Genova e delle Riviere, Filse, l’Agenzia in Liguria e l’Università di Genova con Economia ambientale e di Storia, con il coinvolgimento delle aziende del territorio, di produzione, di distribuzione e ristorazione.
Con CambioVia e Probiodiv si sperimenta un modello nuovo per attribuire valore ai prodotti, sulla base di meccanismi di economia sostenibile, per rilanciare l’economia della montagna.
L’obiettivo è promuovere effetti positivi su tutta la filiera: rafforzare le comunità, puntare al ripopolamento e all’insediamento di giovani con nuovi progetti, senza tralasciare le opportunità legate alla ristorazione e al turismo enogastronomico e ambientale.
«Per questo abbiamo presentato oggi – spiega Piana – la pubblicazione finale di ‘CambioVia’ e il programma delle azioni di ‘CambioVia pro e Inn Pratica‘. I nuovi interventi sui prossimi tre anni partono dagli aspetti ambientali come quelli per il miglioramento dei pascoli anche attraverso tecniche innovative di utilizzo delle sementi naturali e del fiorume. Ci saranno anche azioni a supporto del tessuto produttivo e della costruzione di reti di impresa, iniziative di formazione, informazione e coaching, connessione tra l’offerta di prodotti ad alto contenuto di qualità ambientale e la domanda sempre più attenta alla ricerca di qualità, salute e benessere. Fattori naturalmente associati alla fruizione turistica. Il collegamento dei produttori con il mondo della ristorazione valorizza il prodotto attraverso la catena del turismo, mentre le azioni di formazione e coaching verso le aziende saranno di stimolo a modalità organizzative e gestionali più efficaci».
«L’agenda 2030 ci richiama alla tutela dell’ambiente attraverso metodi partecipativi nell’ottica di un equilibrio tra produzione e salvaguardia. Si può generare ricchezza, beni e reddito attraverso l’utilizzo del paesaggio e l’attenzione per la biodiversità».
Proprio in quest’ottica sono stati sviluppati progetti per far dialogare il produttore con il consumatore, per mettere in rete le aziende locali. Si stanno consolidando le cooperative di comunità (favorite da una legge regionale del 2015 e che sono state prese come esempio anche dall’Alto Adige e ben raccontate da questo articolo) ossia le imprese a governance aperta e partecipata impegnate nella produzione o gestione di beni e servizi (anche di proprietà pubblica o collettiva) che perseguono l’obiettivo del miglioramento del benessere della comunità di riferimento.
«I progetti hanno anche puntato su percorsi turistici di transumanza, con l’obiettivo di salvaguardare gli spazi e stimolarne la frequentazione, registrando anche una tendenza di approccio alla montagna meno performante a livello atletico e più basato sulla curiosità oltre che sull’interesse per una fruizione ciclabile. Abbiamo anche dato vita a un’etichetta, Olè, che mette in contatto le piccole aziende locali dei parchi e della montagna liguri con i consumatori più attenti alla qualità dei prodotti e alla salvaguardia dell’ambiente», sottolinea Minetti.
Con l’Università di Genova è stata anche realizzata un’indagine coinvolgendo 1400 consumatori chiedendo loro quanto sarebbero disposti a pagare per prodotti del territorio con una “storia” di ecosostenibilità alle spalle: si arrivati anche a valori tra 5 e 7,2 euro al kg.
Università e Regione Liguria sono coinvolte anche nel Centro Nazionale Agritech, il Centro Nazionale per lo Sviluppo di Nuove Tecnologie in Agricoltura (Agritech) che si basa sull’utilizzo di tecnologie abilitanti per lo sviluppo sostenibile delle produzioni agroalimentari, con l’obiettivo di promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici, riducendo l’impatto ambientale nel settore agroalimentare, lo sviluppo delle aree marginali e garantire la sicurezza, la tracciabilità e la sicurezza delle filiere. Il gruppo di lavoro si concentrerà sugli agriturismi: come la strada del gusto vada di pari passo al bene all’ambiente. Sarà dedicata formazione sul tema ed è in corso un’altra iniziativa dedicata agli studenti delle scuole superiori sull’istruzione necessaria per accedere ai cosiddetti green job.
Molti i soggetti territoriali coinvolti. Collaboreranno Anci e i Parchi regionali delle Alpi Liguri, Beigua, Antola, Aveto e Montemarcello Magra, Arpal, le Camere di Commercio di Genova e delle Riviere, Filse, l’Agenzia in Liguria e l’Università di Genova con Economia ambientale e di Storia, con il coinvolgimento delle aziende del territorio, di produzione, di distribuzione e ristorazione.
Filse è stato uno dei partner già del progetto terminato. Nives Riggio, vicedirettore generale di Filse spiega: «Ci rivolgiamo alle imprese come attori dentro una rete insieme ai gestori della biodiversità e agli enti. Abbiamo supportato le imprese su come attivare consapevolezza, responsabilità, partecipazione, su come implementare competenze manageriali, sviluppare spirito di cooperazione, sviluppare relazioni con enti eccetera e lo abbiamo fatto attraverso webinar e coaching nel progetto Probiodiv. In CambioVia abbiamo lanciato l’Agri Accademy, un corso con tutte le materie. Hanno partecipato in 50, numero alto per noi e analizzato 38 idee progettuali. Le attività in un caso sono andate a focalizzarsi in ambito specifico come l’Area comprensorio di Monesi: una valutazione preliminare di sostenibilità economica della transizione dalla piccola stazione invernale ad area di sviluppo per lo sport outdoor e l’escursionismo.
Abbiamo erogato 133 ore di formazione, con 44 relatori e 60 partecipanti tra imprese e imprenditori. Quello che abbiamo potuto constatare è che c’è tanta domanda di creazione di impresa. oggi, con la possibilità di raggiungere i mercati attraverso il web, l’attività agroalimentare è nuovamente valutata come un’opzione. La tecnologia aiuta moltissimo e anche l’esperienza del Covid ha consentito di creare spazi prima non considerati».
Cristina Caprioglio, presidente del Parco del Beigua (uno dei soggetti attuatori), conferma: «È importante contare su progetti che ci consentono di rafforzare il collegamento col territorio. Per esempio noi abbiamo creato il marchio Gustosi per natura, fidelizzato le relazioni e mantenuto le aree aperte attraverso la manutenzione sentieristica e fornendo attrezzature alle imprese sul territorio».