Il riso in cagnone non è, propriamente, un piatto ligure. È tipico della Lombardia e del Piemonte. Perché allora se ne occupa questa rubrica, dedicata a ricette liguri? Perché è entrato nei decenni scorsi a far parte della nostra pratica gastronomica, adattato con alcune varianti tipiche del territorio.
Ma prima di vedere che cosa distingue il nostro riso in cagnone da quelli piemontesi e lombardi, vediamo che cosa è comune a tutti. È il fatto che non si tratta di risotto, ma di riso bollito e poi condito. Il risotto richiede la tostatura, anche senza grassi – burro, midollo o olio che siano, che si aggiungono dopo pochi minuti insieme al trito di cipolla – e poi va portato a cottura aggiungendo progressivamente del liquido, man mano che questo evapora o viene assorbito. I chicchi restano sempre sempre ricoperti dal brodo, in modo che possano liberare gli amidi senza rompersi. Così il risotto raggiunge la cremosità e la consistenza del chicco che lo caratterizzano.
Il riso bollito, in pratica, viene trattato come la pasta: cotto e poi condito. Del resto si può fare il contrario, e trattare la pasta come un risotto (pasta risottata), facendola cuocere nel suo condimento, con poca acqua o brodo da aggiungere gradualmente. L’amido rilasciato dalla pasta si lega al sugo, assicurando, come nel risotto, la mantecatura. C’è chi ama questo piatto e chi non lo gradisce. Ma torniamo al nostro riso bollito. Per questo tipo di cottura si consigliano in genere l’Arborio e altri simili, per il risotto il Carnaroli. Va detto che in proposito i pareri sono molti e anche contrastanti. Usate il riso che avete.
Il riso bollito conserva la sua forma originaria che può ricordare quella di una piccola larva bianca, detta appunto oltre Appennino “cagnun”. In Piemonte e Lombardia viene bollito e poi condito con burro e parmigiano, oppure un altro formaggio, grana, bitto, fontina, toma, maccagno, o con un soffritto di burro, aglio e salvia, e spolverizzato di parmigiano.
Per le nostre ricette ecco gli ingredienti. I ricetta: 400 grammi di riso, due mestoli di tocco, 200 grammi di luganega, parmigiano grattato, olio extravergine d’oliva. II ricetta: 400 grammi di riso, olio extravergine ligure di oliva taggiasca oppure burro, timo e/o origano freschi/maggiorana, sale.
Procedimento
I – Sciacquate con cura il riso, versatelo in abbondante acqua salata bollente e portatelo a cottura nel tempo indicato sulla confezione, in genere 15 minuti. Meglio togliere un minuto perché il riso continua a cuocere anche dopo essere stato estratto dall’acqua. Intanto sbriciolate la luganega e mettetela a rosolare in un tegame con poco d’olio. Aggiungete il tocco. Per ottenerlo si fanno soffriggere cipolla, sedano e carote, midollo, funghi secchi fatti rinvenire nell’acqua, una punta d’aglio, alloro o rosmarino o entrambi, si aggiunge un pezzo di carne da sugo (i tagli da sugo sono diversi, chiedete consiglio al macellaio), si sfuma con un po’ di vino rosso e si aggiungono brodo di carne e concentrato di pomodoro. Usate un recipiente pesante, adatto alle lunghe cotture, coprite e lasciate cuocere a fuoco molto basso per tre ore.
II – Anche in questo caso sciacquate con cura il riso e versatelo in abbondante acqua salata bollente. Portatelo a cottura. Versatelo nella ciotola e conditelo con l’olio (meglio) o con il burro, un pizzico di sale, e timo, origano e maggiorana nella quantità e nelle proporzioni che preferite. Anche uno solo di questi odori può bastare, c’è chi impiega solo maggiorana. Aggiungete parmigiano grattato e il piatto sarà pronto.
Con il riso al sugo potreste bere un Rosso della val Polcevera, con quello alle erbe un Pigato.
Placet experiri!