“Guerra ed eserciti nell’età contemporanea” a cura di Nicola Labanca, editore il Mulino, ricostruisce la storia delle forze armate italiane dall’unificazione a oggi. Un libro prezioso perché riesce a informare in modo approfondito un pubblico di lettori che va oltre l’ambito degli specialisti ai quali questa questo genere di studi di solito si rivolge. Contiene un’ampia prefazione di Nicola Labanca, che è anche una bibliografia ragionata, e contributi sui singoli argomenti di Enrico Francia (Le guerre dell’unificazione), Marco Rovinello (L’età liberale), Marco di Giovanni (La Grande Guerra), Emanuele Sica (Il fascismo), dello stesso Labanca (Nella guerra fredda e oltre), Hubert Heyriès (Militari come forza di polizia e di ordine pubblico), Fabio De Ninno (La Marina e le guerre per mare), L’Aeronautica e le guerre tra le nuvole (Riccardo Cappelli), Gastone Brescia (I servizi segreti e le guerre dell’intelligence), Fatima Farina (Operazioni internazionali e trasformazione militare).
Un libro che, aiutandoci a capire la nostra storia militare ci aiuta a capire meglio il nostro Paese, cioè noi stessi. Perché, come scrive Labanca «La storia militare è spesso chiamata a spiegare l’azione di un Paese nel momento supremo del combattimento ma non può farlo senza conoscere gli assai più lunghi decenni di pace che, di norma, la precedono, la preparano e la seguono», e «questo enorme slargamento dalla storia dei combattimenti alla storia della dimensione militare permette tra l’altro di capire meglio quale sia stato in Italia il peso specifico delle guerre, delle forze armate, regolari e irregolari, degli uomini e delle donne in armi del passato sul complesso della storia nazionale. Senza conoscere questo peso specifico, l’intero quadro della storia italiana contemporanea diventerebbe poco comprensibile».
È vero, come è vero l’inverso, senza conoscere la storia italiana nel suo complesso non si comprende quella militare. In questo senso il libro di Labanca è molto efficace nel rappresentare il rapporto tra società, politica e forze armate nel periodo post unità, negli anni della Grande Guerra e in quelli del fascismo. A nostro avviso sarebbe stato utile dedicare anche uno studio più ampio al rapporto tra forze armate e società nel secondo dopoguerra, segnato dal rigetto della retorica bellicista del regime mussoliniano e dalla presenza di forze politiche che avevano, peraltro in misura decrescente nel tempo, come punto di riferimento ideale una potenza ostile. Questa presenza ha reso inevitabilmente ambiguo il ruolo delle forze armate, tenute a essere estranee al gioco politico e a considerare tutte le formazioni politiche sullo stesso piano ma anche, è ovvio, a non ignorare i loro rapporti con potenze straniere. Ambiguità esasperata nel caso dei servizi di intelligence che non potevano certo prescindere dal fatto che anche in Parlamento e nell’apparato statale fossero presenti soggetti sospettabili di collaborazione con il nemico. Così come sarebbe stato interessante ragionare sugli effetti delle pregiudiziali ideologiche e degli stereotipi pacifisti, diffusi e radicati in parte del mondo cattolico e della sinistra di varie sfumature, sulle scelte politiche dei Governi. L’Italia ha giocato un ruolo di rilievo nelle crisi internazionali degli ultimi anni, come scrive Fatima Farina «è stata l’unico Paese occidentale ad avere preso parte a tutte le missioni chiave del dopo 11 settembre (…) e di fatto è attualmente impegnata in 36 missioni internazionali in ben 12 Paesi» ma la pressione di parte dell’opinione pubblica ha reso a volte problematica la conduzione politica delle operazioni militari. Per esempio, in Kosovo, riporta Riccardo Cappelli citando Tricarico, l’ordine di intervenire con bombardamenti fu dato con «tre righe scritte in forma incomprensibile a testimonianza delle folli acrobazie lessicali necessarie per scriverle».
Anche sarebbe stato interessante sapere qualcosa di più sul ruolo della X Flottiglia Mas nella seconda guerra mondiale e delle nostre forze speciali in questi anni. E, soprattutto, sarebbe stato opportuno un capitolo dedicato in modo specifico e dettagliato alla guerra partigiana nel secondo conflitto mondiale. A liberare l’Italia dai nazifascisti sono stati in misura determinante gli angloamericani e i loro alleati, cosa che nelle rievocazioni del 25 Aprile troppo spesso viene ignorata, ma con il contributo dei partigiani. Un contributo non decisivo sul piano militare e diplomatico ma tuttavia considerevole, che ha avuto il merito, oltre a quello di dimostrare, come del resto tanti altri episodi della nostra storia, l’inconsistenza del luogo comune che «Les Italiens ne se battent pas», anche il fatto che non tutti gli italiani erano fascisti o in attesa di schierarsi con il vincitore: ci sono stati italiani che hanno preso le armi e hanno rischiato e spesso perso la vita per combattere i nazifascisti. Sarebbe stato interessante conoscere con precisione la consistenza dei loro reparti, le operazioni effettuate, i rapporti tra formazioni miliari e forze politiche.
Ma del resto il volume curato da Labanca, già importante per il contenuto dei suoi undici capitoli, con una bibliografia di 83 pagine costituisce una robusta piattaforma di partenza per chi voglia approfondire ogni singolo aspetto della nostra storia militare.
(Foto di apertura da Wikimedia Commons -Jollyroger)