I Gattafuin sono ravioloni fritti in uso nel Levante ligure (l’associazione Sapori di Levanto, per tutelare questo piatto tradizionale, ha voluto registrare la denominazione, depositando il marchio Gattafin), ripieni di verdure e formaggio, grandi 8-10 cm per lato. L’origine della parola è controversa, sembra affine alla “gattafura”, torta ripiena di erbe e formaggio che ricorda la pasqualina, di cui potrebbe essere antenata, ma anche gli attuali ravioli di magro, che un tempo si consumavano spesso fritti.
Sulla parola gattafura potete leggere quanto scrive Wolfgang Schweickard in “Estratto da studi linguistici italiani fondati da Arrigo Castellani, diretti da Luca Serianni”, volume XXXII (XI della III serie), fascicolo I (clicca qui ). Secondo il filologo tedesco gattafura deriverebbe dal francese gâteau fourré, che vuol dire torta ripiena.
Il famoso cuoco del Cinquecento Bartolomeo Scappi, che nel 1536, al servizio del cardinale Lorenzo Campeggi, fu incaricato di allestire un convito in onore di Carlo V, nella sua “Opera”, alla voce “Per fare gattafura alla genovese”, scrive: «Piglinsi struccoli overo agretti, i quali sono casci freschi fatti di un giorno senza sale, e quando hanno alquanto del forte sono assai meglio, pestisino nel mortaro tanto che venghino come butiro e si mescolino con biete trite, un poco di menta battuta, e pepe pisto, poi habbisi uno sfoglio di pasta, e stendasi sopra il suolo di rame onto di butiro, e pongasi sopra esso sfoglio la compositione che non sia alta più di mezzo dito, e sopra la compositione spargasi olio dolce, e cuprasi con un altro sfoglio sottilissimo, e facciasi cuocere nel modo sopra detto, e servasi calda perché fredda non vale niente; è ben vero che molte volte si riscaldano sopra la graticola, e in questo modo si possono fare anchora nelle tortiere» (Dall’”Arte della cucina in Italia” a cura di Emilio Faccioli, Einaudi).
Ma ora torniamo a nostri gattafuin, e vediamo come farli.
Ingredienti. Per la sfoglia: 400 grammi di farina, 75 grammi di acqua, 100 grammi di vino bianco, 25 grammi di olio extravergine, sale. Per il ripieno: 1 kg di bietole e/o preboggion, 1 cipolla bianca o dorata oppure il bianco di un porro, maggiorana, due uova, 100 grammi di Parmigiano Reggiano grattugiato, 100 grammi di Pecorino grattugiato, olio extravergine d’oliva, sale.
Le erbette del preboggion (vedi qui) sono diverse secondo le stagioni, quindi ne troviamo qualcuna tutto l’anno, specialmente se le conosciamo e le andiamo a raccogliere in campagna, anche se la primavera è la loro stagione ideale. Se nei negozi non ce ne sono e non avete voglia di andare a cercarle, bastano le bietole, come nella pasqualina. Per la maggiorana, in questa stagione potete usare quella secca, in primavera e in estate è preferibile quella fresca, le cui foglioline vanno tritate.
Preparazione: mescolate la farina con l’acqua, l’olio e il sale, lavorate l’impasto con le mani per qualche minuto in modo che diventi morbido ma liscio, omogeneo ed elastico, e passate al ripieno.
Fate bollire le erbe che avete scelto, bietole o altro, per una ventina di minuti, in acqua leggermente salata, strizzatele bene e tritatele in modo grossolano. Tritare finemente la cipolla o il porro e farla soffriggere nell’olio per dieci minuti insieme con le erbe e la maggiorana. In una ciotola mescolate bene erbe, cipolla e maggiorana con le uova e i formaggi grattugiati, aggiungete un pizzico di sale e uno di pepe. Ora il procedimento è quello in uso per i ravioli. Su una spianatoia infarinata tirate la pasta con il mattarello, formate delle strisce, su ognuna mettete una cucchiaiata e mezza di farcitura, a distanza di cinque cm l’una dall’altra, ripiegate la pasta sul ripieno, comprimendo con la mano i bordi in modo che si saldino, e con la rotella dentata tagliare i Gattafuin a forma di quadrato. Devono venire dei ravioloni di 8-10 cm di lato ognuno. Friggeteli in olio bollente e serviteli ben caldi.
Potete accompagnarli con un Colli di Luni Bianco.
Placet experiri!