Fornire strumenti alle donne vittime di violenza e sviluppare un lavoro di formazione e sostegno “peer to peer”, che consenta alle donne emancipate, già vittime di tratta, di dare coraggio con le loro esperienze personali ad altre donne in analoghe condizioni.
Questo l’obiettivo e la forza innovativa del progetto Andreia, che ha come capofila la cooperativa sociale Agorà ed è co-finanziato dall’Unione Europea per promuovere l’integrazione delle vittime di tratta da Paesi terzi.
Si propone, in particolare, di prevenire il re-trafficking e sviluppare una proposta personalizzata di emancipazione e indipendenza per le persone coinvolte.
Oltre ad Agorà come capofila, il progetto coinvolge Centro studi Medì, Italia; Mittetulundusuhing Eluiin, Estonia; Exilio e.V., Germania; Fundacion Red Incola, Spagna; Scientific Society for Social Cohesion and Development, Grecia. La scelta di coinvolgere 5 territori dell’Unione Europea è quella di ottenere un interscambio di strumenti e “buone pratiche”, per poi diffonderne i risultati su un tema di grande interesse sociale come la tratta.
Andreia si divide in due fasi di lavoro: una per la formazione degli operatori in un percorso multidisciplinare e l’altra per le ex vittime e il loro empowerment.
«Parlare del traffico di esseri umani non è semplice perché l’espressione rimanda a un fenomeno criminale, spesso ignorato o ridotto a un concetto di “moltitudine indistinta” – commenta Santa Bellomia, coordinatrice del progetto – chi vive la mercificazione sulla propria pelle difficilmente avrà voglia di parlarne. Allora, siamo noi operatori sociali che possiamo diventare un megafono, che amplifica i racconti e li rende veri, tangibili, conosciuti. Chi ha vissuto un’esperienza di tratta non ha le parole, non ha i colori, non ha la forza di ripetere, la propria storia. Tanta, troppa vergogna, troppo dolore».
Un esempio è Faith, 30 anni ghanese, che ha partecipato ai laboratori di sartoria proposti dal progetto per poter migliorare le sue possibilità di impiego. Si è resa conto che il suo livello di lingua italiana non era ancora adeguato e ha deciso di partecipare ai corsi di alfabetizzazione proposti da Agorà, a cui poi ha aggiunto il laboratorio di cucito e i corsi di sicurezza nei luoghi lavoro. Faith è molto timida e in realtà ha solo paura di esporsi e di fare “brutta figura”. I laboratori, oltre ad una formazione tecnica, le hanno consentito di lasciarsi andare e, grazie al confronto con le altre partecipanti, di acquisire maggiore spigliatezza. L’elemento cardine di queste esperienze è dato dalla capacità delle persone di viversi in modo differente, percepirsi degne di attenzioni sane e forti per capacità e competenze. Questo è un elemento di novità per molte di loro. Senza dubbio lo è per Faith che ha scoperto di essere un’ottima sarta con molta fantasia e ha assaporato il piacere di essere vista dagli altri con occhi nuovi.
Faith non ha ancora le parole per raccontare, non per raccontare tutto. Una parte è stata oggetto della sua intervista presso la commissione territoriale per l’ottenimento dello status. Il resto, gli aspetti intimi legati all’incubo vissuto, sono sepolti in fondo all’anima. Forse non troverà mai modo di svuotarsi completamente da queste zavorre, ma pare aver trovato il coraggio di lasciare dietro di sé quegli anni. Oggi sta trovando parole nuove, anche per aiutare chi sta ancora vivendo l’esperienza di tratta.
«Con il progetto europeo Andreia – aggiunge Simona Binello, direttore settore immigrazione, Agorà – abbiamo avuto l’opportunità di incontrare donne molto speciali, non storie, ma persone: ognuna con il proprio zaino di ricordi, ognuna col proprio volto, ognuna con uno sguardo particolare sulle cose del mondo. Un’esperienza molto importante anche per noi».