Un casco da lavoro “intelligente”, capace di misurare in tempo reale, grazie a un sensore, il livello di carico mentale e di stanchezza del lavoratore che lo indossa, è stato di recente testato anche presso la raffineria Iplom di Busalla. Ideato per limitare le probabilità di infortuni, lo “Smart Helmet” avverte il lavoratore quando il suo carico mentale sta per raggiungere valori tali da aumentare il rischio di errori.
Per saperne di più abbiamo intervistato Michele Maisetti, cso (chief scientific officer) di Mensior srl, che insieme al ceo Roberto Luongo ha ideato e creato il progetto Value My Brain.
Com’è nato il progetto “Value My Brain” e cosa vi ha spinto a crearlo?
«Ci conosciamo da molti anni e circa cinque anni fa abbiamo cominciato a ragionare su come unire le nostre competenze multidisciplinari per realizzare un prodotto finalizzato a migliorare la qualità della vita e le prestazioni personali attraverso la raccolta di dati fisiologici tramite appositi sensori. Siamo partiti creando un “mental training” di nuova generazione, basato su modelli mutuati dalla psicometria e dalle neuroscienze. Obiettivo: aumentare le capacità di gestione dello stress, migliorare le prestazioni generali e le capacità di problem solving. I target di riferimento erano manager e sportivi. L’evoluzione naturale è stato il progetto “Value My Brain”, uno “Smart Helmet”, cioè un casco da lavoro intelligente. Attraverso un sensore applicabile ai caschi da lavoro standard possiamo misurare in tempo reale il livello di carico mentale e di stanchezza del lavoratore che lo indossa».
Qual è il suo scopo principale e come funziona?
«Value My Brain è un dpi (dispositivo di protezione individuale) di nuova generazione finalizzato alla prevenzione degli infortuni attraverso la diminuzione del rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori. È in grado di limitare le probabilità di rischio, diminuendo nel contempo anche le probabilità di errori dovuti al fattore umano. Il sensore inserito all’interno del casco da lavoro standard raccoglie i segnali EEG (ElettroEncefaloGrafici) emessi dal cervello e invia questi dati ai nostri server remoti. I dati sono elaborati attraverso gli algoritmi da noi sviluppati per avvisare il lavoratore che indossa il casco quando ciò è necessario. Quando il carico mentale sta per raggiungere valori tali da aumentare il rischio di errori, mettendo quindi a repentaglio sia la prestazione lavorativa che l’incolumità della persona, il nostro Smart Helmet invia un feedback al lavoratore; a quel punto, il lavoratore potrà mettere in atto le procedure preventivamente definite e concordate con l’azienda per poter garantire la massima efficienza ed efficacia, mettendo la sicurezza al primo posto su tutto».
Quali sono i presupposti tecnico-scientifici sottostanti al vostro progetto?
«Da circa trent’anni le ricerche nell’ambito delle neuroscienze permettono di associare lo stato mentale di una persona a specifiche configurazioni di onde cerebrali, misurate tramite sensori EEG. Per fare un semplice esempio, tutti sanno che diverse fasi del sonno prevedono diverse configurazioni di onde mentali; il dormiveglia è caratterizzato dalla maggior presenza di onde chiamate Theta, mentre il sonno profondo vede la prevalenza di onde Delta. Negli stati di veglia, entrano in gioco invece le onde Alfa e le onde Beta; grazie al calcolo di specifici indici ottenuti tramite algoritmi, è possibile sapere se una persona è calma, tranquilla e rilassata oppure eccessivamente nervosa e iperattiva, o ancora se il suo “Mental Workload”, il carico mentale, è arrivato a livelli particolarmente elevati. Sulla base di ciò, aggiungiamo che negli ultimi anni la componentistica elettronica e la sensoristica neurobiologica hanno fatto passi da gigante, aumentando la qualità e l’affidabilità dei dati raccolti con una diminuzione progressiva dei costi. Infine, la velocità sempre più elevata della trasmissione in tempo reale di quantità sempre maggiori di dati in cloud, ci ha fornito l’ultimo ingrediente necessario per poter metter in piedi questo progetto sfidante e innovativo. Grazie al confronto con i colleghi dell’Università e facendo tesoro delle esperienze che noi soci abbiamo maturato nel nostro percorso professionale, siamo riusciti a costruire Value My Brain, soluzione che abbiamo portato in alcune aziende, tra cui, in Liguria, Iplom».
Perché uno strumento di questo tipo può ridurre gli incidenti?
«Gli incidenti sul lavoro sono oggetto di indagine da decenni per comprenderne sia le cause dirette sia quelle meno evidenti. La storia della prevenzione degli infortuni ha visto il miglioramento continuo degli strumenti di lavoro in tutti i comparti aziendali. Ciò ha portato a diminuire in modo drastico gli incidenti causati da guasti o malfunzionamenti di strumenti o impianti di lavoro e da circa 15-20 anni la ricerca si è orientata a cercare di diminuire il più possibile anche l’errore umano. Da sottolineare che l’errore umano è ovviamente involontario e generalmente rappresenta una concausa di incidente. Fatto sta che una caduta oppure una errata manovra, o ancora una decisione errata in una situazione critica, possono causare conseguenze tragiche e talvolta letali. Gli studi che hanno analizzato le motivazioni sottostanti all’errore umano, hanno identificato, come causa primaria, la stanchezza mentale del lavoratore, che è correlata solo in parte con la stanchezza fisica. Da qui, deriva l’importanza di poter misurare direttamente la stanchezza mentale, in quanto, se il lavoratore viene allertato con il giusto anticipo, il rischio di incidenti evidentemente diminuisce».
In quali aziende lo avete testato?
«Avevamo previsto di cominciare a testare il nostro prodotto nei primi mesi del 2020, ma a causa della pandemia ci siamo dovuti fermare quasi subito. Appena è stato possibile abbiamo ripreso i contatti con le aziende che già lo scorso anno ci avevano manifestato la loro disponibilità. Siamo già stati in Iplom, in Buzzi Unicem e in Safety Work Services; in quest’ultima struttura, grazie al loro campo prove multifunzionale finalizzato alla formazione esperienziale per la sicurezza, abbiamo potuto testare l’utilizzo dello Smart Helmet in diverse condizioni di rischio (spazio confinato, lavoro in quota, primo soccorso in condizioni critiche, ecc.) in un ambiente sicuro e controllato. Inoltre, abbiamo già incontrato due importanti imprese di costruzioni multinazionali e stiamo definendo in questi giorni i dettagli del nostro intervento. In tutti i nostri incontri ci siamo sempre premurati di condividere i dettagli delle nostre attività e i risultati attesi con la dirigenza e con i lavoratori, affinché Value My Brain venga percepito correttamente, come un dpi innovativo, progettato nel rispetto delle normative per la sicurezza e per la data privacy».
Quando potrà essere disponibile sul mercato?
«Attualmente stiamo effettuando il fine tuning dei nostri algoritmi attraverso i dati già raccolti e quelli che raccoglieremo fino a fine anno. Speriamo di riuscire a presentare le pubblicazioni scientifiche che confermano i nostri studi per l’inizio del 2021 e di poter quindi mettere a disposizione delle aziende il prodotto dalla primavera del prossimo anno».
Prevedete ulteriori evoluzioni del vostro progetto? Offrite altri servizi basati sulle medesime tecnologie?
«La misurazione delle onde mentali può essere ovviamente applicabile nei contesti più svariati con molteplici finalità. Per il mercato consumer abbiamo da tempo un’offerta sul mental training di nuova generazione, che abbiamo allargato non solo ai manager ma a chiunque voglia migliorare le proprie prestazioni e le capacità di problem solving. Collaboriamo con uno dei più quotati psicologi dello sport per offrire a piloti e atleti un innovativo servizio di mental training basato sui risultati della psicometria e delle neuroscienze. Come novità per questo inverno, prevediamo il lancio di un prodotto dedicato a gamer e appassionati di e-Sports per monitorare e migliorare le loro performance mentali durante il gioco».