«Arte, scienza e tecnologia possono aiutarsi reciprocamente per portare mentalità innovativa all’interno delle aziende». Con questa frase Andrea Favati, presidente di Cti Liguria, riassume lo scopo di un pomeriggio fitto di interventi nell’ambito del workshop “S+t+arts talks in Genova“, progettato per il Festival della Scienza da Massimiliano Margarone, di Spx Lab e Ralph Dum (Commissione Europea), coordinatore del programma a cui si ispira il titolo (Starts, che unisce scienza e tecnologia alle arti). L’altro progetto europeo legato a questi temi e di cui si è parlato è Fet, acronimo di Future and emerging technologies.
Cos’è il Cti
Il Club per Tecnologie dell’Informazione Cti Liguria è una libera associazione senza fini di lucro, con sede in Genova, a cui aderiscono i soci, professionisti che operano prevalentemente nel settore delle tecnologie dell’informazione.
Il Cti Liguria aderisce a FidaInform, la Federazione nazionale delle associazioni professionali di information management a cui aderiscono attualmente altri 7 club che si propongono come punto di riferimento e di incontro per i professionisti della comunità dell’information management.
I risultati di ricerca, raccontati nella sede dell’evento, a Casa Paganini, sede di InfoMus Lab (centro di incontro tra ricerca scientifica e tecnologica e la ricerca e produzione artistica e culturale) che ospita uno dei progetti europei in cui è coinvolta l’Università di Genova (EnTimeMent), mostrano in quanti casi sia già stato testato con successo questo intreccio tra arte, scienza e innovazione.
EnTimeMent, finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del progetto Fet Proactive (fondi Horizon 2020), è uno di questi.
Il professore Antonio Camurri (Dibris, Unige), fondatore e direttore scientifico di InfoMus Lab, racconta come stanno procedendo le ricerche di EnTimeMent: «Misuriamo il movimento utilizzando diverse tecnologie: dalla classica kinect, alle webcam, sino al motion capture e ci concentriamo sul comportamento non verbale attraverso modelli computazionali. Abbiamo persino ospitato quartetti d’archi, studiati come caso. A noi interessa trovare ispirazione per misurare la qualità del movimento e sviluppare applicazioni». Il centro è attivo da 30 anni ed è stato sempre finanziato da progetti europei, oltre che dalle collaborazioni con imprese artistiche prestigiose come il Teatro alla Scala o La Fenice di Venezia che hanno potuto capire l’impatto di un determinato spettacolo sul pubblico. «Abbiamo prodotto un software che misura l’eco emozionale di un evento sull’audience. È stato usato per correggere cataloghi pubblicitari – aggiunge Camurri – ma ci siamo anche attivati su nuove interfacce e sistemi multimediali interattivi per scopi di terapia e riabilitazione, attivando per esempio una collaborazione con l’Istituto Gaslini e di miglioramento della qualità della vita oltre che prodotti per la fruizione attiva di beni culturali e sistemi multimediali interattivi per musei e centri della scienza».
Un esempio? Lo studio del movimento, unito al suono, consente di riabilitare chi soffriva di mal di schiena cronico: attraverso il suono la persona capisce se si sta posizionando correttamente nell’alzarsi da una sedia.
Il modo in cui gli artisti intendono lo spazio umano è stato affrontato sotto diversi aspetti, che fanno parte di uno dei Lightouse del progetto Start, chiamato Mindspaces: Beatrice de Gelder, professoressa di neuroscienza cognitiva della Maastricht University, ha spiegato come il suono consenta alle persone non vedenti di vedere la danza, la “sonificazione del movimento” viene tradotta attraverso algoritmi. Oppure come, attraverso il vento, possano “visualizzare” un corpo per esempio. Tutto grazie alla collaborazione tra scienziati e artisti. Questo tipo di ricerca è ancora finanziata, le call sono aperte sino a gennaio (clicca qui).
Innovativo può essere anche l’approccio dell’architettura: la semiologia parametrica basata sull’agente spiegata dall’architetto Tyson Hosmer, mostra quanto il comportamento umano sia correlato allo spazio circostante, per questo occorre particolare attenzione a come disporre per esempio le scrivanie in un ufficio, analizzare quali siano le visuali dei dipendenti o dei dirigenti, capire quali siano i percorsi compiuti negli spostamenti interni. Sempre legata ai luoghi di lavoro anche la ricerca di Sotiris Diplaris, che si è però più concentrata sul neuro-design, ossia la creazione di spazi e oggetti “emozionalmente rilevanti”.
Riuscire a far comprendere al grande pubblico concetti complessi come la scoperta del Bosone di Iggs, le onde gravitazionali, per l’Istituto nazionale di fisica nucleare, racconta Vincenzo Napolano, è stato possibile grazie al lavoro di artisti esperti di interaction design, che hanno progettato spazi immersivi e interattivi. Due esempi: le mostre “Il dono della massa” o “I colori del Bosone di Higgs”. L’infinitamente piccolo è stato illustrato e reso accessibile.
Anche l’arte su grandi spazi non è facile e occorre tecnica e tecnologie. Maurizio Gregorini, cultural manager del Comune di Genova, ha spiegato come gli artisti coinvolti nel progetto “On the wall” a Certosa, abbiano realizzato gli enormi murales sulle facciate dei palazzi: «Al tramonto venivano usati dei proiettori che riproducevano il disegno futuro, sopra cui gli artisti cominciavano ad agire. Altri invece hanno usato la tecnica di disegnare grandi lettere per dare le proporzioni facciali al grande volto di Paolo Villaggio-Fantozzi che si può vedere completato ormai da diverse settimane. Il progetto “On the wall” ha rappresentato un modo per rilanciare uno spazio urbano ferito dopo il crollo del ponte Morandi: «I transiti in metropolitana verso Brin dopo che abbiamo inaugurato questa speciale mostra all’aria aperta sono aumentati del 25-30%, attirando anche turisti. La guida che abbiamo stampato è andata già esaurita. Per questo, viste le richieste, il progetto andrà avanti».
Nell’ambito delle esperienze legate a tecnologia e arte, altro aspetto approfondito durante il workshop, colpisce quella del Museo della Ceramica di Savona. Tiziana Casapietra ne è il direttore, oltre che fondatore di Radicate, associazione per la ricerca sull’arte e la cultura contemporanea: «Nel 2017 avevamo vinto il bando Ora! della Compagnia di Sanpaolo, dedicato a linguaggi contemporanei e produzioni innovative. Siamo riusciti a coniugare la ceramica savonese, una tradizione del territorio, con qualcosa di molto più contemporaneo grazie anche alla collaborazione della designer Francesca Perona e degli ingegneri del campus di Savona». Sono stati recuperati i dati di flusso dell’energia autoprodotta dal Campus, poi riportati su computer e trasferiti su ceramica attraverso un grafico disegnato da un braccio robotico. Il progetto ha coinvolto anche il FabLab di Torino.
«Quello è stato un primo esperimento per vedere come rilanciare la ceramica utilizzando la tecnologia contemporanea – dice Casapietra – oggi abbiamo acquisito una stampante 3D al museo della Ceramica. Chi lavora sul digitale, i giovani informatici possono provare a testare questo tipo di produzione usando la ceramica».