L’opera d’arte come investimento. Cresce, accanto all’aspetto passionale ed estetico, l’attenzione per il valore finanziario delle opere artistiche, e di conseguenza si fa sempre più stretta l’interconnessione fra il mondo dell’arte e quello della gestione patrimoniale. Alle figure tradizionali, collezionisti, mercanti, case d’aste, galleristi, oggi si affiancano professionisti appartenenti al mondo della finanza, wealth manager, family officer, private banker e professionisti in grado di erogare servizi come valutazione delle opere, art advisory, gestione delle collezioni, consulenza sugli aspetti regolamentari ed ereditari. E tutti questi soggetti, tradizionali e nuovi, in un mercato dell’arte in rapida crescita, estremamente competitivo e privo di standard e regolamentazioni uniformi, hanno bisogno di strumenti analitici e gestionali sempre più precisi.
Il report di Deloitte “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione”, presentato questa sera al Palazzo Ducale di Genova, è nato con l’obiettivo di aiutare i collezionisti e i loro consulenti, gli investitori professionali o i semplici appassionati, a orientarsi tra i diversi dati che caratterizzano il mercato e a convergere verso una condivisa chiave di lettura.
La prima sezione del report, intitolata “Collezionisti, operatori di settore e wealth management”, a cura di Deloitte, presentata da Barbara Tagliaferri, Deloitte Brand & Communications leader e coordinatrice Art & Finance per l’Italia, mostra i principali trend emersi dall’indagine, con un approfondimento sugli aspetti fiscali del mercato. La seconda sezione, Il mercato dell’arte e dei beni da collezione – Report 2017, a cura di Pietro Ripa, private bancker di Fideuram, e Roberta Ghilardi, presenta, tra l’altro, indici di investimento utili a orientare gli interessati nelle scelte d’acquisto, con approfondimenti dedicati ai trend delle principali piazze globali e ai comparti del mercato delle arti minori
«In questo settore, in fortissimo mutamento – spiega Barbara Tagliaferri – c’è sempre maggiore richiesta di servizi di gestione patrimoniale e fino a oggi private bank e family office hanno esitato per via della complessità del mercato dell’arte. Dal report emerge che collezionisti, operatori di settore e gestori patrimoniali sono concordi e allineati quando si tratta di individuare i temi che costituiscono una vera minaccia per la reputazione e il funzionamento del mercato dell’arte: problemi di autenticazione e provenienza, manipolazione dei prezzi, conflitti di interesse, mancanza di trasparenza. Per affrontare in modo efficace queste sfide è necessario un profondo ammodernamento del mercato dell’arte».
«Deloitte – precisa Tagliaferri – ha intuito tra i primissimi il ruolo che il mondo private poteva svolgere nell’ambito del mondo dell’arte, insieme agli attori classici, coollezionisti pubblici e privati e addetti ai lavori: galleristi, collezionisi, art advisor. L’intuizione è stata: possono giocare un ruolo rilevante il private banker e del family officer, perché l’arte a tutti gli effetti è diventata un asset come gli altri. Il private banker,è un advisor indipendente, ha la visione del patrimonio complessivo dei suoi clienti e quindi può gestire il patrimonio investito in arte in arte in modo oculato».
Le competenze richieste per un approccio appropriato all’opera d’arte come investimento sono diverse, non soltanto di carattere strettamente finanziario. «Abbiamo un centro di eccellenza in Lussemburgo, specializzato in analisi ed erogazione di servizi legati al mondo dell’arte e alla finanza, ma da diversi anni anche in Italia abbiamo sviluppato esperienze in vari ambiti, anche legale e fiscale. Uno dei servizi più richiesti legati al mondo dell’arte e delle collezioni riguarda la successione, il passaggio generazionale. Ci troviamo in un momento storico di passaggio di una gran quantità enorme di opere d’arte, spesso collezionale disordinatamente, dai baby boomer ai millennial. È un passaggio epocale che richiede un cambio di mentalità, le collezioni vanno sistemate, messe in ordine, dotate di documentazione. Deloitte accompagna i collezionisti ma soprattutto il mondo private a formarsi e a essere preparati. Ovviamente Deloitte non fa art advisoring, ma essendo indipendente rispetto al gallerista può indirizzare il cliente in maniera indipendente verso le professionalità esterne più adatte».
«La finanza dell’arte – spiega Pietro Ripa – è una disciplina abbastanza nuova nel panorama internazionale e presenta due grandi quesiti di base: se effettivamente l’arte genera dei rendimenti e in quale misura anche in rapporto ad altri settori e, una volta appurato che effetivamente l’arte genera questi rendimenti, a che punto è la finanza per poterli inglobare e distribuire in maniera massiva attraverso prodotti finanziari. Per accertare il rendimento bisogna innnanzi tutto conoscere bene il mercato, segmentarlo, applicare criteri econometrici. Ma se il metodo matematico ci può essere d’aiuto, non è sufficiente, il problema è che il mercato dell’arte è un mercato non regolamentato».
I problemi non mancano ma il mercato è in crescita. Come è andato il 2018? «È stato un anno positivo per il mercato dell’arte e dei beni da collezione, che ha tuttavia in parte ha risentito del generale rallentamento delle economie internazionali, del confronto commerciale tra Usa e Cina e dell’emergere di un contesto internazionale politico molto più complesso e difficilmente prevedibile. Comunque cresce il numero di persone e di professionalità interessate al settore: si tratta di potenziali investitori ma notiamo anche un più forte coinvolgimento del grande pubblico informato dalla stampa, dal cinema e dalle aste quali eventi mediatici, vedi il caso Bansky, opera che si è autodistrutta nel corso della evening sale di Sotheby’s lo scorso ottobre. L’accesso alle aste di una clientela più ampia e internazionale ha permesso di esplorare correnti artistiche inedite. Per i collezionisti occidentali questo ha significato una maggior attrazione per la ricerca del lotto esclusivo, per i collezionisti asiatici un crescente interesse per la pittura, i beni antichi tipici della tradizione europea. Abbiamo registrato una forte accelerazione nell’arte contemporanea africana grazie ai riconoscimenti da parte del mercato artistico globale e l’aumento dei collezionisti africani attivi a livello internazionale che possono favorire l’apporto di nuovi capitali e l’apertura di nuovi canali di compra-vendita».
E per il futuro? «È difficile fare proiezioni attendibili: l’andamento del mercato dell’arte e dei beni da collezione è correlato alle dinamiche economico-politiche internazionali. La Brexit, le incertezze nelle economie di tutto il mondo e i recenti sviluppi sui mercati europei non sembrano far presagire un futuro florido, ma prospettive positive si intravedono nella trasmissione dei patrimoni alla generazione dei millennial, che nel 2020 saranno il segmento più grande della popolazione adulta. E nei paesi emergenti si forma una nuova nicchia di popolazione ricca, potenziale target degli operatori del lusso, e qundi anche del’arte. Nuovi strumenti tecnologici, di wealth management, e regolamentazioni più chiare e standard più stringenti per la valutazione e la valorizzazione delle opere potrebbero ridurre l’asimmetria informativa e accrescere la fiducia del mercato».