I principali dati macro-economici continuano a mantenersi complessivamente positivi a livello globale: negli Stati Uniti, forte rialzo degli ordini di beni durevoli (+2,9%), crescita dello 0,6% dell’indicatore di tendenza e revisione da +3,7% a +3,8% della crescita dei consumi del IV trimestre 2017; in Eurozona, in ulteriore rialzo a gennaio l’indice di aspettative dell’economia tedesca ZEW a 31,8 punti dai 29,0 di dicembre e l’indice PMI composito a 58,6 dai 58,1 di dicembre.
Presentato all’ultimo World Economic Forum di Davos (Svizzera) l’ultimo rapporto del Fondo Monetario Internazionale sullo stato e sulle previsioni dell’economia globale: riviste al rialzo le stime di crescita del PIL globale a +3,9% per il 2018 e 2019, incorporando anche, tra i principali fattori di stimolo, l’impatto dei tagli fiscali recentemente approvati negli Stati Uniti.
Alla prima riunione del 2018 della Banca Centrale Europea, il presidente Mario Draghi ha confermato «un ritmo robusto di espansione dell’economia, con un’accelerazione superiore alle aspettative nella seconda metà del 2017», ma anche sottolineato che «permane la necessità di un ampio grado di stimolo monetario»: i tassi d’inflazione al consumo dell’Eurozona, soprattutto, “core” (depurati delle componenti più volatili e stagionali di energia e alimentari), restano distanti dal target del 2% stabile dell’attuale politica monetaria ancora espansiva della banca centrale e il rapido rafforzamento dell’euro degli ultimi mesi verso le principali divise internazionali ha ulteriormente contribuito a mantenere ancora modeste le aspettative d’inflazione a medio termine.
Il prevalere sui mercati di un clima di ottimismo (spesso “euforico”) sulle prospettive dell’economia globale, la buona dinamica degli utili e fatturati societari del IV trimestre 2017 e le dichiarazioni del presidente Draghi alla conferenza stampa Bce – insieme al diminuito rischio politico in Germania (dove prosegue il confronto tra i Cristianodemocratici della Cdu e i Socialisti della Spd per la costituzione del IV governo di larga coalizione a guida Angela Merkel) e geo-politico globale (non si sono più avute notizie sui dossier USA/Corea del Nord e, in Medio Oriente, tra Arabia Saudita e Iran) – hanno contribuito a mantenere ancora molto compressa la volatilità implicita sul principale indice azionario statunitense S&P500 (Vix attuale 11,82%) e favorito la prosecuzione del trend rialzista in atto da diversi mesi sui principali listini azionari internazionali, con nuovi massimi assoluti a Wall Street. Peraltro, sono aumentate le probabilità di possibile o imminente correzione tecnica di breve periodo (prese di beneficio).
Il complesso dei dati economici e indicatori anticipatori sta premiando le variabili e relative strategie finanziarie maggiormente correlate a un aumento delle aspettative d’inflazione – con l’indice delle principali materie prime (Bloomberg Commodity PR eur hedged s/s) cresciuto in settimana del 2,42%, nuovamente trascinato dalle quotazioni del greggio (WTI in area 64-66,50 dollari/barile e Brent in area 68,50-71 dollari/barile) e del redivivo oro (in area 1.340 dollari/oncia) – ma anche determinato un “sell-off” sul comparto obbligazionario, soprattutto, “investment grade” ovvero a migliore rating o merito creditizio, sia statunitense che europeo (in particolare, “core”): il rendimento del titolo governativo (Treasury) decennale statunitense ha aggiornato il massimo della scorsa settimana, rompendo al rialzo area 2,70% in avvio di settimana; il rendimento del titolo governativo decennale tedesco (bund), sempre in avvio questa settimana, ha rotto al rialzo area 0,70% (triplicando in circa 3 mesi), mentre quello dell’omologo italiano (Btp) è risalito poco sopra il 2%, al momento, non risentendo di particolari tensioni dall’esito incerto delle prossime elezioni politiche del 4/3, con il già acceso dibattito tra le forze politiche, a suon di promesse “più o meno sostenibili”, per il contendersi del governo del Paese o, più probabilmente, di una “quota di partecipazione” ad una “più o meno stabile” coalizione di governo (a dispetto o stupore dei più pessimisti, lo spread Btp-bund è parso abbastanza tranquillo in area 130-140 punti base).
Sul mercato dei cambi, l’euro si è mantenuto forte, soprattutto, contro il dollaro statunitense, segnando un nuovo massimo dal 2014 a 1,2537, in una settimana sicuramente influenzata dal dibattito al World Economic Forum di Davos sull’importanza del libero commercio internazionale, dopo l’annuncio degli Stati Uniti dell’introduzione di dazi sulle importazioni di lavatrici e pannelli solari (in prevalenza provenienti dal Sud Est asiatico) e con voci di ulteriore introduzione di nuovi e ben più clamorosi dazi sulle importazioni di acciaio. Nel suo discorso al Wef di Davos, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, cercando di stemperare i toni, ha dichiarato che “America per prima non significa America da sola”, ma, poche ore prima, non si potevano certamente considerare rassicuranti le dichiarazioni del ministro del Tesoro Steve Munchin a favore di una politica economica, di bilancio e monetaria più autonoma, flessibile e coraggiosa. Ai successivi parziali dietro-front di entrambi, con l’evocazione dell’importanza di un “dollaro forte” per l’economia statunitense, l’euro ha poi perso qualcosa contro il dollaro statunitense, appoggiandosi poco sopra area 1,233-1,234.
Questa settimana
Andrea Mereta della Banca Cesare Ponti (Gruppo Banca Carige) suggerisce che dalla riunione della Fed di martedì 30 e mercoledì 31, l’ultima presieduta dalla presidente uscente Janeth Yellen, gli operatori attendono tassi di riferimento invariati. Sempre dagli Usa, attesi gli indicatori anticipatori Ism del comparto manifatturiero (previsto in fisiologico rallentamento, dopo i 59,3 punti di dicembre) e gli importanti dati del mercato del lavoro di gennaio, con il numero dei nuovi posti di lavoro creati dal comparto non agricolo (previsti +180.000 dopo +148.000 di dicembre) ed il tasso di disoccupazione di gennaio (previsto invariato al 4,1%).
Dalla zona euro, atteso l’indice di fiducia economica di gennaio, previsto in ulteriore crescita a 116,2 punti dal precedente dato di dicembre a 116.
Da seguire i risultati societari del IV trimestre dei giganti high tech Microsoft, Facebook, Alibaba, Apple, Amazon, e altri big, come McDonald, Exxon, Roche e Deutsche Bank.