Un’app che, dal dato della creatinina contenuto negli esami del sangue, può predire se il paziente in futuro potrebbe diventare malato renale cronico, consentendo un notevole risparmio al sistema sanitario, visto che un dializzato costa annualmente più di 50 mila euro e gli effetti della malattia si possono posticipare di molti anni con accorgimenti sulla dieta e sulla terapia. L’idea è di SoftJam, azienda genovese, che si occupa di trasformazione digitale (vedi box in fondo).
«Sei milioni di persone soffrono di malattia renale cronica, ma 4,5 milioni non lo sanno – racconta l’a.d. Andrea Pescino (nella foto di apertura sotto le decine di riconoscimenti dell’azienda, con Elena Campriani dello staff amministrativo) – se sei fortunato finisci in dialisi, altrimenti sviluppi co-morbilità: infarto, ictus, diabete. Questa app interessa già alla Regione Liguria, alla Puglia, alla Toscana, ma anche al ministero della Salute stesso, perché la spesa sanitaria sarà sempre meno sostenibile. La stessa cosa si potrebbe fare con il cuore».
Non è l’unica idea di SoftJam in sanità, ma l’aspetto che sorprende è che su questo settore l’azienda sta cercando di fare più un’opera di diffusione di cultura tecnologica più che tentare di guadagnarci: «Abbiamo altri settori su cui il business va bene», conferma Pescino.
Tanto che lo scorso 17 marzo al Cisef Gaslini, ha organizzato una “call for ideas”, per dare un contributo importante allo sviluppo tecnologico in sanità, nell’ottica di una mission che Pescino riassume così: «La tecnologia cambia esponenzialmente, ma la cultura delle persone, delle organizzazioni cambia logaritmicamente, si crea un gap enorme e noi cerchiamo di riempirlo».
Tra le idee emerse in un giorno di discussione: un bot (un software robot automatizzato) che potrebbe suggerire all’utente a casa la procedura più adatta in caso di situazione in divenire, ossia se è meglio chiamare il medico di famiglia, la guardia medica o andare in pronto soccorso (suggerendo anche dove). Mixura, azienda che collabora con Soft Jam, ha invece proposto due progetti molto utili: la formazione per il personale fatta non più in aula, ma attraverso streaming in webcast con interazione e persino traduzione in tempo reale, ma anche l’opportunità di correlare altri corsi a seconda di quelli già fatti.
L’altro “uovo di colombo” riguarda la gravidanza: «Perché gli esami devono essere prenotati di volta in volta? – si chiede Pescino – è una fase in cui praticamente si sa in anticipo quello che si deve fare. Un sito con tutte le informazioni sul percorso, la comparazione con i dati nella norma, la spiegazione di ciò che succede senza dover andare su vari forum con informazioni messi dagli utenti, abbiamo calcolato un risparmio di 165 milioni».
Nei Paesi nordici non si va più in farmacia con la ricetta, è tutto fatto in digitale, mentre qui si devono ancora conservare gli scontrini per la detrazione: «La tecnologia per realizzare tutto questo c’era già 20 anni fa – puntualizza Pescino – oggi ci sono i robot, che consentono di raccogliere dati e avere il predittivo, ma spesso non ci si investe perché si pensa che non ci sia risparmio. Del resto le aziende sanitarie e ospedaliere hanno problemi se non riescono a tagliare il 10% delle spese. Non è un caso che dal 2009 abbiamo perso 41 mila impiegati e 71 mila posti letto. La sanità è veramente indietro sulla tecnologia».
L’Asl dell’Alto Adige ha una prospettiva di investimento sul digitale di 41 milioni, dieci volte quella della Regione Liguria, rileva l’a.d. di Soft Jam. Le idee uscite dalla call saranno rese pubbliche e presentate al ministero della Salute a giugno. Chiunque potrà eventualmente utilizzarle. A settembre Soft Jam è stata invitata al Forum innovazione in sanità alla Leopolda proprio per andare a parlare di cultura tecnologica e degli sviluppi possibili.
«Lo scorso 28 dicembre un decreto legge ha stabilito che in Italia i dati sanitari passassero dal ministero della Salute al Mise, la ragione è: fare risparmi. Se un letto di rianimazione costa da 2500 euro a 7 mila euro a seconda delle Regioni, l’amministrazione dello Stato deve trovare le “cattive Regioni” e intervenire, ma bisogna cambiare completamente paradigma, o resteremo indietro nuovamente».
SoftJam, storia di un’azienda “al top”
Soft Jam è una società di servizi, nata nel 1997, scommettendo sulle potenzialità enterprise di Microsoft. Ha l’obiettivo di aiutare le aziende a sfruttare le tecnologie più innovative per ottimizzare i processi di business. Fornisce servizi e supporto alla gestione delle infrastrutture aziendali, garantendo loro di controllare e ridurre costi e rischi. Sul cloud computing ha cominciato a operare nel 2009, diventando il principale partner in Europa Occidentale e il secondo in Emea (Europa, Medio Oriente e Africa).
Nel 2012 è insignita dell'”Italian Partner of The Year – Public Cloud”, nel 2013 è “Azure Italian Partner of The Year”: il primo partner in Italia a promuovere e implementare questa tecnologia innovativa. Nel 2014 Microsoft ha insignito Soft Jam del premio “Italian Partner of the Year”: primo e miglior partner Microsoft in Italia.
Ha 130 dipendenti (vorrebbe assumere di più ma spesso ha difficoltà a trovare le competenze richieste). L’anno scorso il bilancio è stato chiuso intorno agli 11 milioni di euro, quest’anno l’ebitda si aggira intorno ai 700 mila euro. 880 mila gli investimenti tra inserimento di personale, accademy e investimento sulle sedi: il 5 aprile aprirà una nuova sede a Roma, visto che tra i clienti dell’azienda ci sono Alitalia, Enel e diversi ministeri.
Dopo aver aperto una sede a Milano, tra giugno e luglio aprirà un ufficio anche a Zurigo, mentre ad agosto in viale Cembrano a Genova diventerà operativo l’innovation hub, l’incubatore sul tema del cognitive computing, il “digital tree“, l’investimento però è stato più oneroso del previsto: «L’edificio non era a norma sismica, abbiamo avuto 350 mila euro di costi in più – dice Pescino – il Comune ci ha riconosciuto 100 mila euro di canone in meno sui 15 anni di concessione».