Dalla combinazione tra eccellenze mediche e tecnologiche parte da Genova un progetto, unico in Italia, di terapia personalizzata contro il tumore al colon-retto: dopo la firma dell’accordo tra ospedale Galliera e Istituto italiano di tecnologia, inizia la prima fase di un programma di medicina che coniuga nanotecnologie, genetica e scienza dei farmaci. La prima sperimentazione del nuovo metodo terapeutico sui pazienti del Galliera nell’arco dei prossimi 3-5 anni: «Tempi medio-bassi – precisa Adriano Lagostena, direttore generale dell’ospedale genovese – perché il farmaco da utilizzare esiste ed è già consolidato». La novità più grande sta nel “mezzo di trasporto”: «L’unicità della terapia – spiega Paolo Decuzzi, direttore del laboratorio di nanotecnologie dell’Iit – consiste nell’utilizzo di nanoparticelle di materiale biodegradabile in grado di trasportare i farmaci antitumorali in quantità più massicce e di rilasciarle direttamente sul tessuto malato. Sono particelle altamente “ingegnerizzate” che garantiscono la massima efficacia del farmaco, evitandone un uso sub-ottimale».
Tanto intelligenti, quanto piccole: la loro dimensione è dalle 100 alle 10 mila volte inferiore a quella dello spessore di un capello. «Quello che pochi anni fa sembrava fantascienza, oggi è realtà», sottolinea Simone Ungaro, direttore generale dell’Iit. E grazie all’esperienza maturata dagli oncologi del Galliera, la terapia farmacologica per il tumore colon-retto sarà per la prima volta di tipo combinatoriale, cioè saranno due i farmaci rilasciati contemporaneamente dalle nanoparticelle: uno, chemioterapico, che blocca il tumore. L’altro, di tipo antinfiammatorio.
«È un nuovo esempio di medicina di precisione – sottolinea Andrea De Censi, direttore di Oncologia al Galliera – che associa ai farmaci classici utilizzati finora a integratori di origine vegetale che, grazie alle nanoparticelle, possono essere somministrati in dosi altissime sfruttandone l’effetto sinergico. Si tratta, per esempio, dell’aspirina, la curcumina o il mirtillo, di cui sono note le proprietà antitumorali, se somministrati in dosi elevate». Nel caso della curcumina, la combinazione con le nanoparticelle è in grado di aumentare del 50% l’aspettativa di vita sugli animali. «Inoltre questo metodo consente di aumentare l’attività di terapia tradizionale, cioè la chemioterapia, riducendone però gli effetti collaterali – aggiunge De Censi – un’alternativa, più sostenibile, a farmaci più potenti e costosi». Un aspetto da non trascurare: la ricerca, oltre a portare benefici in termini di salute, rappresenta anche una notevole possibilità di risparmio.
Un’altra novità è data dalla “personalizzazione” di ogni singola terapia: il tumore differisce da paziente a paziente, sia per le differenze genetiche, sia per le caratteristiche specifiche del singolo tratto intestinale. Ecco quindi che i ricercatori dell’Iit svilupperanno modelli pre-clinici che replicano le caratteristiche specifiche di ciascun malato e vi testeranno l’efficacia dei vettori nano tecnologici. «Un approccio molto potente – descrive Decuzzi – perché permetterà di identificare per ogni singolo paziente la tipologia di particella e la combinazione farmacologica che con maggiore probabilità porterà alla remissione della malattia».
L’obiettivo è di migliorare le risposte del 10-20%, aumentare in modo significativo i tempi di vita del paziente e andare verso la cronicizzazione del tumore. «Nell’arco di due anni saremo pronti per la sperimentazione sui pazienti», afferma De Censi.
Con 50 mila nuovi casi all’anno in Italia e 20 mila decessi, quello al colon-retto rappresenta il secondo tumore maligno per incidenza e mortalità nei Paesi occidentali. Colpisce in egual misura uomo e donna: escludendo il tumore alla mammella sulle donne e quelli al polmone e alla prostata per l’uomo, è quindi una delle neoplasie più pericolose. «Per questi motivi la scelta della sperimentazione è ricaduta sul tumore al colon – spiega De Censi – vorremmo poter testare l’efficacia del programma anche sul tumore al pancreas, ma non abbiamo “basi” ancora abbastanza solide. Ma di certo l’obiettivo del progetto con l’Iit è quello di ampliarsi ad altri campi, come il cardiovascolare e il neurodegenerativo».
E la ricerca continua: un’altra squadra di ingegneri dell’Istituto è al lavoro per combinare robotica a geriatria, in collaborazione con Inail e ospedale Santa Corona.