Il Pesto genovese al mortaio può concorrere per diventare “Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’Unesco” e rientrare così nei 364 beni intangibili riconosciuti (di cui 6 in Italia). Un riconoscimento che potrebbe contrastare gli abusi di identità e genuinità del pesto genovese e rinforzare la tradizione dell’uso famigliare del mortaio. Non solo. Da non sottovalutare anche la lotta contro l’inquinamento dei valori storici e culturali e delle particolarità gastronomiche della Liguria. Tutti fattori di eccellenza che la nostra cultura, nei secoli, ha costruito e ha diffuso nel pianeta con un forte impatto economico, oltre che di immagine e di comunicazione. Queste le motivazioni che hanno spinto Regione Liguria, il Comune di Genova e la Camera di Commercio di Genova a diventare primi promotori del progetto di candidatura all’Unesco.
La richiesta di “cultural heritage” secondo la Convenzione Internazionale di Parigi del 2003 riguarda, nel nostro caso, “l’ambito delle cognizioni e delle prassi relative alla natura e all’universo”, per due principali qualità: il Pesto Genovese al mortaio è un patrimonio etno-antropologico tipico della Liguria ed è un cibo naturale di alta qualità e salubrità (oltre a essere parte della dieta mediterranea, già patrimonio Unesco).
La procedura prevede la mediazione e l’intervento del ministero dei Beni Culturali e del ministero dell’Agricoltura, la più vasta adesione possibile di enti pubblici territoriali e il massimo coinvolgimento delle comunità locali organizzate in istituti, gruppi e associazioni culturali, pubblici e privati. L’obiettivo è entrare nella “tentative list” dello Stato per poi poter accedere ai meccanismi di selezione del Comitato intergovernativo dell’Unesco con propri tempi e regole.
Rispetto ad altre richieste nazionali e internazionali è stato giudicato di grande valore il fatto che le amministrazioni locali sostengano già da tempo la tradizione del Pesto al mortaio, in particolare attraverso il Campionato Mondiale di Pesto Genovese, ideato e organizzato dall’associazione culturale Palatifini, che da sette anni ne diffonde la cultura nel mondo.